Gli attacchi dell’esercito israeliano contro l’UNIFIL in Libano, spiegati
Negli ultimi giorni Israele ha colpito più volte le basi della missione ONU, provocando molte critiche e preoccupazioni
Davanti agli attacchi messi in atto tra giovedì e venerdì dall’esercito israeliano contro tre basi della missione della Nazioni Unite UNIFIL nel sud del Libano, la posizione di Israele e quella dell’ONU differiscono molto: Israele sostiene che il suo obiettivo fossero dei miliziani di Hezbollah che si trovavano nelle vicinanze, mentre l’UNIFIL ha detto che l’esercito israeliano ha attaccato le sue basi «ripetutamente» e soprattutto «deliberatamente».
L’UNIFIL (acronimo in inglese di United Nations Interim Force in Lebanon, mentre in italiano è Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite) è la missione dell’ONU che da decenni è presente nel sud del Libano e ha il compito di sorvegliare l’area e di far rispettare le condizioni di disarmo previste dagli accordi internazionali. La missione ha circa 50 piccole basi e postazioni sparse per tutta la regione, molte delle quali si trovano proprio nelle aree del paese che sono state invase da Israele a partire da inizio ottobre.
Per questo, poco dopo l’inizio dell’invasione, l’esercito israeliano ha ordinato all’UNIFIL di evacuare le proprie basi che si trovano entro cinque chilometri dalla Blue Line, il confine di fatto tra Israele e Libano, e di far arretrare così tutte le proprie forze. Ma i paesi che compongono la missione (tra cui anche l’Italia) si sono rifiutati di obbedire a Israele e hanno deciso di mantenere i soldati nelle proprie posizioni, anche perché abbandonarle avrebbe significato violare il mandato dell’ONU. A quel punto sono cominciate varie azioni di disturbo e di minaccia da parte dell’esercito israeliano contro le basi UNIFIL in Libano: queste azioni vanno avanti da giorni, e sono culminate negli attacchi di giovedì e venerdì.
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Il grosso degli attacchi si è concentrato contro il quartier generale dell’UNIFIL a Naqura, nella punta sud-ovest del Libano. Giovedì l’esercito israeliano ha colpito con un carro armato una torre di osservazione della base. La torre è crollata, provocando la caduta di due peacekeeper indonesiani, che sono stati feriti lievemente. Venerdì l’esercito ha colpito l’ingresso principale della base, danneggiandolo. Sempre a Naqura, secondo un comunicato UNIFIL, l’esercito israeliano ha «sparato deliberatamente» contro le telecamere perimetrali che circondavano la base, disabilitandole.
L’UNIFIL ha detto che giovedì Israele ha aperto il fuoco contro altre due basi, la UNP 1-32A, dove ha «danneggiato i sistemi di illuminazione e una stazione di trasmissione utilizzata per le comunicazioni» e la UNP 1-31 nella vicina località di Ras Naqura, dove «è stato colpito l’ingresso di un bunker in cui i peacekeeper si stavano riparando, causando danni ai veicoli e alle infrastrutture di comunicazione». Venerdì, invece, un carro armato israeliano ha colpito una torre di osservazione dell’UNIFIL che si trovava vicino a un posto di blocco dell’esercito libanese non lontano da Naqura: due peacekeeper dello Sri Lanka sono stati feriti.
Nella mappa qui sotto sono indicate le tre basi attaccate da Israele: a parte il quartier generale di Naqura, tutte le basi UNIFIL della regione sono identificate con un codice alfanumerico. Il portavoce della missione UNIFIL Andrea Tenenti ha detto inoltre ad ANSA che le due basi 1-31 e 1-32A sono attualmente sotto il controllo del contingente UNIFIL italiano.
Come si capisce abbastanza bene dai resoconti dell’UNIFIL, sembra che l’esercito israeliano abbia attaccato soprattutto le strutture di osservazione e di comunicazione (le torrette d’osservazione, le telecamere, i sistemi di illuminazione). Non è chiaro quali siano gli obiettivi dell’esercito ma è possibile che il suo intento sia impedire ai membri dell’UNIFIL di osservare le sue manovre e di controllare in tempo reale la posizione delle sue truppe. Benché sparare contro una base dell’ONU sia una grave violazione del diritto internazionale, questo ha un senso dal mero punto di vista militare: nessun esercito vorrebbe che osservatori esterni sorvegliassero le sue manovre e la sua posizione durante un’operazione di guerra.
Un’altra ipotesi complementare è che Israele voglia evitare che, durante la sua invasione del Libano, ci siano testimoni di eventuali violazioni del diritto internazionale. È una preoccupazione che hanno espresso a Reuters alcune fonti anonime all’interno dell’ONU e che hanno ribadito ad ANSA delle «fonti della sicurezza italiana», sempre anonime, secondo cui l’esercito israeliano non vuole avere «testimoni scomodi».
Israele sostiene invece che i suoi attacchi fossero rivolti a miliziani di Hezbollah che si trovavano in prossimità delle basi, e che prima di aprire il fuoco avesse comunicato alle truppe dell’UNIFIL di ripararsi in spazi protetti, data la possibilità di venire coinvolti nei combattimenti.
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Questi attacchi alle tre basi UNIFIL sono tuttavia soltanto l’ultimo e il più grave episodio di una serie di azioni minacciose compiute da Israele contro l’UNIFIL dall’inizio dell’invasione del sud del Libano. La più notevole è avvenuta tra domenica e martedì, quando una trentina di carri armati e veicoli militari israeliani ha circondato un’altra base UNIFIL, la UNP 6-52, avvicinandosi con i carri a pochi passi dagli edifici dove si trovava un gruppo di peacekeeper irlandesi e polacchi. La base si trova nella cittadina di Maroun al Ras che, come ha notato il Washington Post, è lungo una delle vie d’ingresso usate dall’esercito israeliano per invadere il Libano.
È probabile che, anche in questo caso, l’intento dell’esercito israeliano fosse di tenere rinchiuse le truppe UNIFIL nelle loro caserme per impedire loro di sorvegliare i movimenti dei soldati. La manovra però è stata molto minacciosa: un soldato irlandese della base ha fatto pervenire ai media locali una foto in cui si vede un carro armato israeliano che punta direttamente contro la sua finestra, vicinissimo. La presenza di mezzi israeliani attorno alla base UNP 6-52 è stata confermata anche dalle immagini satellitari. Martedì, poi, i carri armati si sono ritirati.
La missione UNIFIL è composta da poco più di 10mila soldati provenienti da 50 paesi. Il contingente italiano è il secondo più numeroso dopo quello dell’Indonesia, con 1.068 soldati sul posto. Il ministro della Difesa Guido Crosetto giovedì sera ha condannato duramente gli attacchi israeliani contro le basi UNIFIL, definendoli «totalmente inaccettabili». Lo stesso hanno fatto le autorità di buona parte degli altri paesi che partecipano alla missione.