Il Premio Nobel per la Pace all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo
Per «i suoi sforzi nel raggiungere un mondo senza armi nucleari e per aver dimostrato, con le proprie testimonianze, che le armi nucleari non devono mai più essere usate»
Il Comitato norvegese per il Nobel ha assegnato il Nobel per la Pace del 2024 all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo, per «i suoi sforzi verso un mondo senza armi nucleari e per aver dimostrato, con le proprie testimonianze, che le armi nucleari non devono mai più essere usate».
Nihon Hidankyo è un’importante organizzazione giapponese fondata da hibakusha, ossia persone che hanno vissuto gli effetti dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki compiuti dall’esercito statunitense alla fine della Seconda guerra mondiale. Dell’organizzazione fanno anche parte le persone che hanno vissuto gli effetti dei test atomici fatti nell’oceano Pacifico durante la Guerra Fredda.
L’organizzazione è stata fondata nel 1956 e da allora ha promosso iniziative per migliorare le condizioni di vita delle persone che hanno avuto esperienza dei bombardamenti atomici e per fare pressione sui governi di tutto il mondo per abolire le armi nucleari, spesso utilizzando proprio le testimonianze dei suoi membri. Secondo il Comitato norvegese per il Nobel in questo modo Nihon Hidankyo ha contribuito al consolidamento del cosiddetto “tabù nucleare”, un’espressione che indica la tendenza, comunemente accettata dalla comunità internazionale, a stigmatizzare l’uso delle armi nucleari come moralmente inaccettabile.
Allo stesso tempo, ha detto il Comitato, è «allarmante» che oggi questo tabù sia «sotto pressione», dato che dopo anni di trattati internazionali incentrati sul disarmo nucleare, «le potenze nucleari stanno modernizzando e potenziando i loro arsenali, nuove potenze sembrano prepararsi a dotarsi di armi nucleari» e alcuni paesi, come la Russia, «minacciano di usare le armi nucleari come parte di guerre in corso».
Il Nobel per la Pace è uno dei premi internazionali più prestigiosi, ed è assegnato a personalità e organizzazioni che lavorano «per la fratellanza fra nazioni, per l’abolizione o riduzione degli eserciti permanenti e per la promozione o il sostegno di processi di pace», come chiese al momento dell’istituzione del premio l’industriale svedese Alfred Nobel.
A differenza delle altre categorie, che sono assegnate a Stoccolma, il Nobel per la Pace è assegnato a Oslo e deciso dal Comitato norvegese per il Nobel, composto da cinque membri selezionati dal parlamento norvegese. Funziona così per un’indicazione esplicita di Alfred Nobel, legata al fatto che nel 1901 la Norvegia faceva ancora parte del Regno di Svezia e Norvegia. I cinque membri di solito sono ex politici norvegesi in pensione, ricevono le candidature entro febbraio e decidono secondo un procedimento che resta segreto: tutti i documenti e le registrazioni del processo di selezione sono secretati per 50 anni.
La decisione di assegnare il premio di quest’anno alla Nihon Hidankyo è stata giudicata da alcuni come un modo per evitare di selezionare un vincitore potenzialmente più controverso. Nonostante il Comitato non renda mai pubblica la lista delle candidature, negli ultimi giorni tra le possibili persone e organizzazioni che erano state citate dai giornali come papabili vincitrici c’erano l’UNRWA e la Corte internazionale di giustizia, di cui si è molto parlato nell’ultimo anno in relazione alla guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza.
L’UNRWA è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi alla quale negli scorsi mesi diversi paesi avevano sospeso i finanziamenti dopo l’apertura di un’indagine su alcuni suoi dipendenti sospettati di essere membri di Hamas. La Corte internazionale di giustizia, la principale corte delle Nazioni Unite, sta invece al momento valutando una causa del Sudafrica contro Israele, accusato di star compiendo un genocidio del popolo palestinese nella Striscia di Gaza.
Il premio Nobel per la Pace dell’anno scorso fu assegnato all’attivista iraniana Narges Mohammadi, per «la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti».