Rafael Nadal in una partita del Roland Garros del 2017 (Adam Pretty/Getty Images)

Nessuno è mai stato come Nadal sulla terra rossa

Il tennista spagnolo che si ritirerà a fine stagione è considerato il migliore di sempre su questa superficie, grazie ai colpi arrotati e a una resistenza fuori dal comune

Giovedì il tennista spagnolo Rafael Nadal, 38 anni, ha annunciato il suo ritiro dal tennis: giocherà le ultime partite a novembre, in Coppa Davis. Nadal è considerato uno dei più forti tennisti di tutti i tempi e soprattutto il migliore di sempre a giocare sulla terra rossa, una delle tre principali superfici su cui si giocano i tornei di tennis (le altre due sono il cemento e l’erba). È stato soprannominato per questo the king of clay, il “re della terra rossa”, e i suoi record saranno difficilmente avvicinabili da altri tennisti o tenniste. Ha vinto 63 dei suoi 92 titoli sulla terra rossa e tra il 2005 e il 2007 rimase imbattuto per 81 partite consecutive: finirà la carriera con una percentuale di vittorie superiore al 90 per cento su questa superficie.

Il suo dominio è stato notevolissimo soprattutto al Roland Garros, l’unico giocato sulla terra rossa tra i quattro tornei del Grande Slam, i più importanti nel tennis. Nadal l’ha vinto per quattordici volte (un record per un singolo Slam nel tennis), quattro delle quali senza perdere nemmeno un set, nel 2008, nel 2010, nel 2017 e nel 2020. Al Roland Garros, che si gioca al meglio dei cinque set, ha vinto il 96,6 per cento delle partite che ha giocato, cioè 112 su 116; ne ha perse solamente 4 tra il 2005 e il 2024. Ci sono molte cose che hanno contribuito a questa egemonia, le principali sono: l’eccezionale forza e resistenza fisica; la forte rotazione dei suoi colpi (in particolare del dritto); la sua eccezionale tenuta mentale durante le partite.

Rafael Nadal durante il Roland Garros del 2019 (Clive Mason/Getty Images)

Il quotidiano sportivo The Athletic ha chiesto ad alcuni dei migliori tennisti di questi anni cosa volesse dire giocare contro Nadal sulla terra rossa: tutti l’hanno descritta come la cosa più difficile da fare nel tennis. Novak Djokovic, l’unico che è riuscito a batterlo per due volte al Roland Garros (su dieci partite), ha parlato delle sue doti fisiche: «È un atleta incredibile. La tenacia e l’intensità che mette in campo è qualcosa che si è vista raramente nella storia di questo sport». Il tennista russo Karen Khachanov ha detto che affrontarlo sulla terra «era un po’ come giocare contro una PlayStation, perché ti rimandava indietro tutte le palline. A volte sentivi di aver fatto tutto alla perfezione, eppure comunque non vincevi il punto». Rispetto al cemento e all’erba, sulla terra rossa i tennisti hanno una frazione di secondo in più per arrivare sulla pallina, perché rimbalza più alta e meno velocemente, e questo dava più spazio alle doti difensive di Nadal.

Questa capacità, sia fisica sia mentale, di arrivare su tutte le palle, di provare fino all’ultimo a non perdere lo scambio, è una delle cose che lo hanno reso un tennista difficilissimo da affrontare ed entusiasmante da guardare. È anche una caratteristica che Nadal cominciò a costruirsi fin da bambino. Nadal è cresciuto sull’isola spagnola di Maiorca, nel mar Mediterraneo, giocando su campi di terra rossa. Da quando era piccolo (e poi per molti anni anche da adulto professionista), il suo allenatore è stato suo zio Toni Nadal, che lo ha preparato in modo maniacale e quasi militaresco, spesso con metodi discutibili.

Nella sua autobiografia, Nadal ha scritto che lo zio «ha sempre sottolineato l’importanza della resistenza. Resisti, affronta qualsiasi cosa ti capiti davanti, impara a superare la debolezza e il dolore, spingiti fino al limite ma non crollare mai. Se non impari quella lezione, non avrai mai successo come atleta d’élite. Questo è ciò che mi ha insegnato». Negli anni Nadal non si è semplicemente spinto fino al limite delle sue possibilità, ma è andato oltre, riuscendo a vincere partite anche quando non ne aveva più, e pagando questo dispendioso modo di giocare con una lunga sequenza di infortuni e sofferenze fisiche.

Al Roland Garros questa sua attitudine si esaltava ancora di più, agevolata sia dalla maggior durata delle partite, sia dalla grandezza del campo (sul campo centrale c’è più spazio tra la linea di fondo e le tribune, quindi maggiori possibilità di correre e difendersi).

Sembra quasi impossibile che Nadal abbia vinto alcuni di questi scambi

Alla resistenza Nadal ha aggiunto colpi potenti e carichi di effetto, a cominciare dal dritto mancino con un top-spin quasi esasperato. Il top-spin è il colpo con cui si spazzola la palla dal basso verso l’alto, invece di colpirla di piatto. Il dritto di Nadal, tirato tenendo la racchetta con la particolare impugnatura semi-western (cioè col polso quasi girato) e portando il polso a fare un giro sopra la testa dopo aver colpito, era tanto potente quanto arrotato: di media il suo top-spin raggiungeva circa 3.200 giri al minuto. Le tantissime rotazioni lo rendevano un colpo efficace e difficile da gestire.

Una volta toccata la terra, il dritto di Nadal rimbalzava altissimo, lasciando agli avversari due opzioni: provare ad anticipare il colpo, cioè a colpire la pallina pochi istanti dopo il rimbalzo, oppure indietreggiare e aspettare qualche istante in più per rispondere quando la palla era in caduta.

In entrambi i casi, Nadal aveva un vantaggio significativo: nel primo caso era più facile per gli avversari commettere errori, perché per colpire in anticipo bisogna avere un gran controllo; nel secondo caso, spingendo l’avversario lontano dalla linea di fondo, Nadal si creava la possibilità di passare all’attacco, prendendo in mano lo scambio, come si dice nel tennis. Tirare il dritto con la mano sinistra, inoltre, dava un ulteriore vantaggio competitivo a Nadal soprattutto contro i giocatori che giocano il rovescio a una mano di destro (come Roger Federer, che infatti contro Nadal ha vinto solo 2 partite su 16 giocate sulla terra rossa), perché il dritto in diagonale in top-spin era molto difficile da controllare con il rovescio a una mano, che mancando del sostegno dell’altra mano è più “leggero” rispetto al rovescio bimane.

Quando era piccolo, Nadal faceva entrambi i colpi a due mani, cioè sia il dritto sia il rovescio (il dritto a due mani è una variante che esisteva un tempo ma che oggi non usa più nessuno). Era destro naturale, ma suo zio lo convinse a tirare il dritto di sinistro, puntando sul fatto che, essendo i mancini una minoranza, per gli avversari fossero generalmente più imprevedibili. Il fatto di essere destro ha aiutato Nadal a controllare al meglio il rovescio a due mani: il suo rovescio è leggermente meno arrotato del dritto (è comunque tra i più arrotati), ma altrettanto potente e preciso.

Il top-spin medio del rovescio (linea verticale) e del dritto (linea orizzontale) dei migliori 100 tennisti del 2021. Il pallino rosso di Nadal è molto in alto e molto a destra, quindi vuol dire che entrambi i suoi colpi erano molto a effetto, in particolare il dritto

Con il passare del tempo, in particolare al Roland Garros, il dominio di Nadal ha cominciato ad avere anche un fattore psicologico, nel senso che gli avversari entravano in campo contro di lui con la consapevolezza che sarebbe stato molto faticoso affrontarlo e difficilissimo batterlo. «Se vuoi battere Rafa al Roland Garros, prima di affrontarlo pensi: ok, devo giocare la miglior partita della mia vita per almeno quattro ore e mezza perché anche se giocherò alla grande, lui risponderà giocando ancora più alla grande», ha spiegato l’anno scorso il norvegese Casper Ruud, che è considerato uno specialista della terra rossa, ma nel 2022 perse la finale del Roland Garros contro Nadal in tre set (6-3, 6-3, 6-0).

L’ex tennista Carlos Moya, diventato il suo allenatore dopo Toni Nadal, disse che «colpisce ogni palla come se la sua vita ne dipendesse. Non ho mai visto niente di lontanamente simile». Il tennista statunitense Sebastian Korda, che nel 2020 riuscì a vincere solamente quattro game in tre set contro Nadal al Roland Garros (perse 6-1, 6-1, 6-2), ha spiegato a The Athletic che arrivato a quel punto della carriera Nadal aveva fronteggiato praticamente qualsiasi situazione su quel campo, quindi giocava con una serenità e una fiducia che lo rendevano quasi imbattibile: «Hai la sensazione che contro di lui la pallina non possa cadere».

Nadal a volte ha recuperato game o set che sembravano persi, caricandosi dopo ogni punto con esultanze a suon di «Vamos!», urlati stringendo i pugni, e insinuando negli avversari il dubbio. Altre volte invece li ha dominati imponendo il suo ritmo, le sue rotazioni, il suo atletismo e accentuandone le debolezze: al Roland Garros ha vinto 23 set con il punteggio di 6-0, senza lasciare nemmeno un game all’avversario. Sul sito di approfondimento Ultimo Uomo, il giornalista Emanuele Atturo ha scritto «come la verità ultima su un campo da tennis, Nadal avrebbe approfittato di ogni incertezza, di ogni crepa del tuo gioco. O l’avrebbe aperta lui stesso, a forza di dritti arrotati che dalla terra schizzavano verso il sole. E poi in quella crepa si sarebbe infilato, e ti avrebbe massacrato con la costanza brutale di un macellaio che squarta per passione».

Quando si diceva che Nadal a volte vincesse le partite prima ancora di entrare in campo

Un altro aspetto molto ricordato dai suoi avversari è l’abilità che aveva Nadal di saper leggere i momenti della partita, di alternare fasi di attacco più aggressive ad altre di difesa a oltranza, aiutato anche dall’elevata varietà dei suoi colpi. Un articolo del quotidiano sportivo francese L’Équipe, che oggi gli ha dedicato la prima pagina, ha raccontato anche della sua capacità di migliorarsi con il passare del tempo per sopperire a un fisiologico calo della potenza e della resistenza: ha reso più preciso ed efficace il servizio, adattandolo ai suoi problemi fisici; ha migliorato il rovescio, che «è diventato laser, quasi un secondo dritto»; è diventato più aggressivo per abbreviare gli scambi.

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