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  • Mercoledì 9 ottobre 2024

Sta nascendo un grande negozio online di lusso?

Il sito Mytheresa ha annunciato l'acquisizione di Yoox-Net-a-Porter, che ha una storia mezza italiana ed è stato uno dei primi

Un collage creato mettendo insieme le homepage di Yoox, Net-a-Porter e Mytheresa
(Il Post)
Un collage creato mettendo insieme le homepage di Yoox, Net-a-Porter e Mytheresa (Il Post)

Lunedì Mytheresa, un rivenditore tedesco di abbigliamento di lusso, ha detto che comprerà il suo rivale Yoox-Net-a-Porter dal gruppo svizzero Richemont. Richemont farà un aumento di capitale garantendo a Yoox-Net-a-Porter una liquidità di 555 milioni di euro e nessun debito, e riceverà in cambio il 33 per cento delle azioni del gruppo nato dalla fusione; l’operazione si concluderà entro i primi sei mesi del 2025.

Potrebbe diventare il più grande e-commerce del lusso al mondo: MyTheresa e Yoox-Net-a-Porter raggiungono rispettivamente 900mila e 1,3 milioni di persone in 170 paesi diversi e l’anno scorso le loro vendite messe insieme sono state di 3 miliardi di euro. Il responsabile delle vendite di Mytheresa, Martin Beer, ha detto di voler raggiungere i 4 miliardi entro il 2029: per farlo bisognerà aumentare le vendite, contenere le perdite di Yoox-Net-a-Porter (che nel 2023 sono state di 1,5 miliardi di euro) e risolvere il problema di identità dei due siti, che offrono gli stessi marchi e servizi simili.

Mytheresa metterà a disposizione di Yoox-Net-a-Porter i suoi centri di distribuzione negli Stati Uniti e in Cina, dov’è cresciuta di più recentemente, e la sua tecnologia più avanzata, compresa quella che le ha permesso di identificare e trattenere sul sito i clienti che spendono di più: il 39 per cento dei ricavi totali, infatti, è garantito dal 3,8 per cento dei clienti. Grazie a questa strategia, all’offerta di personal shopper e a collezioni fatte in collaborazione con marchi come Gucci, Loewe e Bottega Veneta, Mytheresa è riuscita a sopravvivere alla crisi del lusso arrivata dopo la pandemia: nel 2023 le vendite sono state pari a 914 milioni di euro, anche se con un margine di profitto del 3 per cento, non molto alto.

La sua situazione, comunque, è migliore di quella di molti e-commerce di lusso, che sono alle prese con forti perdite e persino chiusure: lo scorso gennaio Farfetch, uno dei più redditizi, è stato acquistato dal gruppo coreano Coupang mentre ad aprile ha chiuso Matches, dopo che per 17 anni era stato tra i primi e più importanti. Le vendite sono diminuite per tutti dopo la pandemia, quando erano aumentate in modo inaspettato perché chi voleva spendere poteva farlo quasi solo online e soprattutto in beni, visto che non si poteva andare al ristorante, al cinema o viaggiare. Finita la pandemia, si è tornati a farlo in altri modi e nei negozi fisici, di nuovo centrali nei piani di crescita di molte aziende: alcune hanno aperto boutique di lusso che offrono ristoranti, spa, mostre d’arte e un servizio sempre più accurato per i loro clienti.

Inoltre i grossi marchi vogliono riportare i clienti sui propri e-commerce, dove controllano meglio la comunicazione e gli eventuali sconti: così indeboliscono i rivenditori online, che restano importanti soprattutto per i marchi piccoli o emergenti, che non hanno risorse per gestire le spedizioni e i resi. Anche qui però c’è la concorrenza di servizi come Shopify, che mette a disposizione la logistica e consente di gestire direttamente il resto.

Gli e-commerce hanno reagito alle difficoltà facendosi concorrenza sui prezzi ma così si sono ritrovati con margini di profitto molto bassi e hanno allontanato alcuni marchi di lusso: chi compra lo fa scegliendo il miglior offerente senza fidelizzarsi. Secondo il sito di moda Business of Fashion una soluzione è diversificarsi, come dimostrano il successo del rivenditore Moda Operandi, dove si può ordinare abiti e accessori dopo averli visti in una sfilata, di Ssense, che ha una forte curatela editoriale ed è rivolto ai più giovani, e dei più piccoli Garmentory, Cult Mia e Wolf & Badger, che vendono marchi emergenti in esclusiva, offrendo anche servizi di marketing che li valorizzano e li fanno conoscere.

I problemi, insomma, sono molto diversi da quelli degli e-commerce nati a inizio Duemila: allora si pensava che nessuno avrebbe comprato abiti senza poterli toccare e indossare e i marchi di lusso avevano paura di screditarsi vendendo online, un luogo da nerd lontano da quello del lusso e dei suoi clienti abituali. Tra i primi ci furono proprio Yoox e Net-a-Porter, che poi si fusero nel 2015 e vennero acquistati da Richemont nel 2018.

Yoox fu fondato nel giugno del 2000 dal trentenne Federico Marchetti – che era nato a Ravenna e aveva lavorato nella finanza a Londra e New York – grazie a un investimento di tre miliardi di lire dell’imprenditore Elserino Piol. Vendeva merce invenduta di fine stagione o sovraprodotta a prezzi da discount in accordo con marchi come Gucci, Armani, Diesel, Cavalli, che raggiungevano così clienti di tutto il mondo (fino a quel momento bisognava andare nelle boutique o nei grandi magazzini, presenti solo in alcuni aeroporti o città). In due anni Yoox raggiunse il punto di pareggio e continuò a crescere: ha realizzato gli e-commerce di alcune aziende di moda (la prima fu Marni nel 2006), creato sue linee di abbigliamento e collezioni in collaborazione con stilisti, ha aperto magazzini, centri logistici, studi dove fotografare i servizi di moda pubblicati sul sito e ha ampliato l’offerta vendendo anche moda da uomo, bambino, arte e articoli per la casa.

Anche Net-a-Porter fu fondata nel 2000: a Londra da un’ex giornalista americana di moda, Natalie Massenet. Funzionava come una rivista online che mostrava servizi di moda, dove si poteva acquistare quello che si voleva semplicemente cliccandoci sopra. Massennet non aveva un magazzino e accumulava gli scatoloni con la merce da spedire nel bagno di casa; dopo un iniziale scetticismo, ingranò nel 2001 quando convinse lo stilista francese Roland Mouret a vendere la sua collezione sull’e-commerce.