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Fare le vacanze in un luogo di tortura, in Cile

Per trent'anni la tenuta di Colonia Dignidad ospitò una setta guidata da un ex nazista: ora ci sono un hotel e un ristorante bavarese, che il governo vuole espropriare

A Villa Baviera, in Cile, Wolfgang porta in giro i turisti su un camion 4×4 del 1961 dall’aspetto militare. Parla in spagnolo con un forte accento tedesco, racconta di galline, campi di mais, sistemi di irrigazione e prodotti agricoli coltivati da lui e dagli altri “coloni”, le persone che vivono nei dintorni della Villa. Non menziona il passato del posto, fatto di torture e abusi compiuti da un ex soldato nazista emigrato lì dopo la fine della Seconda guerra mondiale insieme a un gruppo di seguaci. Non parla nemmeno dei piani del presidente Gabriel Boric di espropriare quelle terre ai coloni per trasformarle in luoghi commemorativi.

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Villa Baviera è il nome che dal 1991 ha assunto Colonia Dignidad, un’area di 50 chilometri quadrati che si trova più o meno 350 chilometri a sud della capitale Santiago. Dal 1961 e per i successivi trent’anni ha ospitato una setta religiosa guidata da Paul Schäfer, un pastore con un passato nell’esercito nazista che abusava sistematicamente dei suoi seguaci. Nel tempo alcuni spazi furono messi a disposizione della dittatura di Augusto Pinochet, che sviluppò stretti rapporti con Schäfer: i sotterranei del capannone ufficialmente destinato alle patate diventarono un luogo di interrogatori, tortura e detenzione per la DINA, la polizia segreta del regime. Gli oppositori politici spesso entravano lì e poi scomparivano.

Oggi lo stesso capannone ospita un “museo della colonia” un po’ arrabattato, con foto stampate su fogli A4 e traduzioni traballanti dal tedesco. Il periodo che va dalla fondazione al 1996, quando Schäfer fuggì in Argentina, è indicato solo con l’eufemismo «Gli anni difficili». Negli spazi della tenuta, un tempo occupati dalla setta, c’è un hotel chiamato “Hotel Baviera” che ospita principalmente turisti cileni in cerca di relax, e un ristorante che offre specialità bavaresi. Le attività sono gestite dagli eredi dei coloni, che parlano ancora quasi sempre in tedesco.

Il museo di Villa Baviera (il Post)

Il ristorante di Villa Baviera (il Post)

Paul Schäfer, il fondatore di Colonia Dignidad, nacque a Troisdorf nel 1921, nello stato tedesco della Renania Settentrionale-Vestfalia. Iniziò la sua carriera lavorando come assistente sociale, e venne accusato di abusi sessuali su minori. Durante la guerra fu sottufficiale dell’esercito nazista in Francia e poi diventò pastore evangelico, seguace dello statunitense William Branham: raccolse intorno a sé una piccola comunità, che nel 1961 convinse al trasferimento in Cile.

Una foto d’archivio di abitanti di Colonia Dignidad (EPA/Villa Baviera/ansa)

Individuò l’area che sarebbe diventata Colonia Dignidad, sufficientemente isolata, e iniziò a installare varie protezioni contro possibili intrusioni esterne: posizionò prima delle reti di filo spinato e poi passò a strumenti di controllo più evoluti, come telecamere e microfoni nascosti negli alberi.

Schäfer guidava la sua comunità di seguaci secondo rigidi princìpi religiosi: vietava ai coloni di avere contatti con il resto del mondo, leggere giornali, guardare la televisione o ascoltare la radio. Dovevano lavorare per la comunità sette giorni su sette, senza stipendio. Erano vietati i matrimoni e i bambini venivano cresciuti tutti insieme: chiamavano tutti gli adulti “zii” e non potevano sapere chi fossero i loro genitori. I coloni non potevano lasciare Colonia Dignidad e i “ribelli” venivano processati dalla comunità, puniti da Schäfer e in alcuni casi sottoposti a elettroshock oppure obbligati ad assumere psicofarmaci.

I dintorni di Villa Baviera, 13 ottobre 2015 (Tomas Munita/The New York Times)

All’esterno la comunità si presentava come un modello di efficienza tedesca, di lavoro collettivo e di rettitudine morale. Dopo alcuni anni si dotò anche di un ospedale, dove venivano curati non solo i coloni ma anche i contadini delle zone circostanti. Secondo alcune ricostruzioni della magistratura cilena e tedesca, oltre ad abusi fisici e psichici all’interno dell’ospedale ci furono anche casi di appropriazione di bambini: neonati di contadini cileni venivano dichiarati morti alla nascita ed erano invece inseriti nella comunità. L’ospedale è poi diventato una casa di riposo per i coloni anziani.

Schäfer abusava regolarmente dei maschi più giovani della comunità: spesso ospitava nella sua camera per la notte uno dei ragazzi, facendo passare la cosa come una sorta di premio per il giovane fedele. La comunità sapeva che cosa succedeva, ma considerava l’argomento un tabù, mentre alcuni dei più stretti collaboratori favorivano gli incontri, secondo quanto appurato in seguito dalla magistratura.

Le prime denunce degli abusi nella Colonia furono registrate già nella seconda metà degli anni Sessanta, ma vennero riprese solo da alcuni giornali e non portarono a indagini giudiziarie. Dopo il colpo di stato del 1973 la Colonia ricevette protezione dal regime di Pinochet. La natura dei legami tra il dittatore e Colonia Dignidad non è mai stata chiaramente definita, ma il generale fu ospite delle strutture in visita ufficiale e Manuel Contreras, a capo della DINA e della repressione politica, fu visto più volte nella Colonia.

Paul Schäfer dopo un interrogatorio a Santiago, 14 marzo 2005 (REUTERS/Eliseo Fernandez)

Quando nel 2005 Schäfer venne arrestato e i locali della colonia perquisiti, nel capannone delle patate furono trovati documenti sulla detenzione di circa 500 prigionieri politici: si stima che almeno 100 siano morti lì. Colonia Dignidad fu usata anche come deposito illegale di armi e, vista la vicinanza al confine con l’Argentina, venne utilizzata come base militare nel 1978, quando i rapporti tra i due paesi erano estremamente tesi.

Le protezioni governative misero al sicuro la Colonia da ogni indagine fino al 1988, quando Georg e Lotti Packmor, due dei ragazzi abusati da Schäfer, riuscirono infine a fuggire dalla colonia e denunciarono prima in Cile e poi in Germania cosa accadeva al suo interno. Iniziò una lunga battaglia legale, ma i processi ebbero per anni risultati altalenanti: Schäfer manteneva legami forti con parte della magistratura, e la vecchia classe dirigente cilena era rimasta influente nonostante Pinochet non fosse più il capo di stato.

Schäfer visse alcuni anni nascosto nella Colonia, rifugiandosi in strutture sotterranee per sfuggire alle forze dell’ordine. Nel 1997 fuggì in Argentina. Fu arrestato 8 anni dopo (a quel punto lui aveva 84 anni) e condannato a 33 anni di prigione per omicidio, tortura, abusi su minori e possesso illegale di armi. Morì nel 2010.

L’ingresso dell’Hotel Baviera, con le bandiere tedesca e cilena (il Post)

A partire dal 1991 la colonia ha cambiato nome e si è aperta totalmente all’esterno, i suoi membri hanno iniziato a fare cose prima proibite come sposarsi, andare a scuola e avere uno stipendio. Alcuni spazi hanno cambiato destinazione: c’è ancora l’hangar che ospitava aerei leggeri, ma è vuoto, mentre la centrale elettrica funziona regolarmente e i residenti si fanno un certo vanto della loro efficienza agricola. Nel 2012 è stato aperto l’Hotel Baviera, grazie a un bando dello stato cileno: ci sono clienti affezionati, e alcuni tra i più facoltosi arrivano in elicottero. La storia di Colonia Dignidad ha ispirato un film del 2016, Colonia, e una serie-documentario su Netflix.

Il museo della Colonia (il Post)

L’11 settembre scorso, durante le commemorazioni per i 51 anni dal colpo di stato con cui fu destituito Salvador Allende e iniziò la dittatura di Pinochet, il presidente Boric ha definito Colonia Dignidad «l’incarnazione del male» e ha annunciato che sei luoghi della tenuta (compreso l’albergo, il capannone delle patate e il ristorante) saranno espropriati per diventare “luoghi della memoria”.

Le procedure legali però sono lunghe, e i coloni si stanno opponendo citando le ripercussioni che questo avrebbe sui posti di lavoro, anche per i dipendenti esterni: complessivamente lavorano a Villa Baviera 200 persone, fra turismo e agricoltura. Una dipendente cilena che preferisce restare anonima dice che quando arrivano «quelli dei diritti umani sono aggressivi e mettono tutti in agitazione». Dice: «I padroni ora sono buoni e sono vittime di quello che è successo qui tanti anni fa. Anche altri posti sono stati usati come campi di prigionia e tortura, perché vogliono espropriare proprio questi locali?».

In generale, i coloni non parlano volentieri con i giornalisti del passato della tenuta, ma preferiscono spostare il discorso sulle uova che produce la loro azienda agricola: «Lo sa che hanno vinto un concorso come le migliori del paese?».

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