La coalizione dell’opposizione ha vinto le elezioni nello stato indiano del Kashmir
La coalizione dei partiti di opposizione al Bharatiya Janata Party (BJP), il partito conservatore, nazionalista e induista del presidente indiano Narendra Modi, ha vinto le elezioni per il rinnovo del parlamento statale del Jammu e Kashmir, il nome formale del Kashmir, una regione settentrionale dell’India a maggioranza musulmana. Il partito della Conferenza nazionale (JKNC), guidato dall’ex governatore della regione Omar Abdullah, ha ottenuto 42 seggi; il Congresso (che è anche il principale partito dell’opposizione a livello nazionale) e il Partito Comunista dell’India rispettivamente 6 e 1. In totale la coalizione ha quindi 49 seggi, tre in più della maggioranza assoluta in parlamento, e nelle prossime settimane formerà il governo locale.
Il BJP ha ottenuto invece 29 seggi: un risultato deludente ma prevedibile. Erano infatti le prime elezioni dal 2019, cioè da quando Modi revocò al Kashmir lo “status speciale”, e quindi una buona parte della sua autonomia, provocando diffuse proteste nella regione. Da allora il Kashmir è stato diviso in due “territori”: uno ha continuato a chiamarsi Jammu e Kashmir, l’altro Ladakh. Per gli stessi motivi ci si aspettava un aumento dei consensi dei candidati separatisti, cioè quelli che vorrebbero maggiore autonomia dal governo centrale. I risultati però non sono stati in linea con le aspettative: l’Awami Ittehad Party, il principale partito separatista, aveva presentato 34 candidati, ma è riuscito a farne eleggere soltanto uno.
Le elezioni erano iniziate il 18 settembre e si sono svolte in tre turni. Erano molto attese, non soltanto perché erano le prime dalla revoca dello “status speciale”, ma anche perché seguivano di pochi mesi quelle per il parlamento federale, vinte dal BJP ma con molto meno margine del previsto.