Per una migliore gestione delle case popolari bisogna guardare Parma?

È una delle città che hanno investito di più per rendere abitabili quelle sfitte, e costruirne di nuove senza consumare altro suolo

di Isaia Invernizzi

Un condominio di case popolari riqualificato a Parma
Un condominio di case popolari riqualificato a Parma (foto Il Post)

Il sindaco di Parma Michele Guerra dice che lo fermano per strada soprattutto per un motivo. Si potrebbe pensare che sia per segnalare problemi relativi alla sicurezza, come accade in molte altre città. «In realtà sono molte di più le persone che mi dicono di non guadagnare abbastanza per permettersi un affitto, o chi mi dice che ha subìto uno sfratto e che non sa dove andare. Eppure siamo una delle città con i redditi più alti in Italia», dice. L’aumento del prezzo degli affitti è evidente non solo a Parma. In molte città italiane grandi e piccole il problema si è aggravato dopo la pandemia, un po’ perché negli ultimi 20 anni è stato sottovalutato e un po’ perché i sindaci non hanno chissà che strumenti per influenzare il mercato immobiliare in tempi brevi.

A Parma però qualcosa sta cambiando. È la città osservata con più attenzione da sindaci e assessori italiani, perché negli ultimi due anni ha avviato un piano ambizioso per non lasciare sfitta nemmeno una casa popolare e per costruirne altre centinaia recuperando aree dismesse. Ed è un lavoro di cui si stanno iniziando a vedere i risultati.

Come diceva il sindaco, Parma è ricca. È la città con gli stipendi medi più alti in Italia, dopo Milano. Il fatturato complessivo delle sue imprese è quinto a livello nazionale. L’università attrae studenti da molte province italiane, all’ospedale Maggiore lavorano circa cinquemila persone. Sembra che non ci siano problemi, ma la crescita dei redditi medi nasconde un aumento delle disuguaglianze: chi stava bene ora sta un po’ meglio, chi aveva difficoltà economiche fa ancora più fatica a permettersi un affitto.

Secondo i dati diffusi da Immobiliare.it, uno dei principali siti italiani di inserzioni immobiliari, a Parma servono in media 670 euro per affittare un appartamento di 60 metri quadrati. Per affittare una sola stanza ne servono 365, il 7 per cento in più rispetto allo scorso anno, a fronte di un aumento della richiesta del 16 per cento.

Come accade per la sicurezza – la cosiddetta sicurezza percepita – anche l’aumento del prezzo degli affitti porta con sé un problema di percezione. Molto più che in passato, le persone sono convinte che i prezzi degli appartamenti siano troppo alti ancor prima di iniziare a cercarne uno. Il sindaco Guerra spiega che la percezione di Parma come una città cara, più di quanto effettivamente lo sia, alla lunga fa sì che molte persone non prendano in considerazione l’idea di trasferirsi per studiare o lavorare. «In questo modo rischiamo di impoverire aziende che offrono posti di lavoro, pur ben pagati. Poi ci sono le persone che arrivano qui e se ne vanno dopo pochi anni perché fanno davvero fatica, e non vale solo per chi ha lavori poco qualificati, ma anche per gli autisti degli autobus, gli insegnanti o gli infermieri», dice.

Turisti in strada Duomo, nel centro di Parma

Turisti in strada Duomo, nel centro di Parma (foto Il Post)

Per far abbassare i prezzi bisogna intervenire sul mercato. La soluzione più immediata è mettere a disposizione più case popolari per aiutare chi non riesce a permettersi un affitto, e in questo modo calmierare i prezzi. A Parma ci sono 4.321 alloggi di cui 3.988 di edilizia residenziale pubblica, in cui i canoni sono determinati dal reddito, e 209 di edilizia residenziale sociale con canoni contenuti a prescindere da chi fa richiesta. Costituiscono il 3,7 per cento di tutte le case della città, una percentuale più bassa rispetto a quella italiana (3,8 per cento). Secondo i dati dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nei Paesi Bassi le case popolari sono il 37% delle abitazioni, in Danimarca il 21%, nel Regno Unito il 17,6% e in Francia il 16,8%.

Il piano avviato dal comune si intitola “Fa’ la casa giusta”, un richiamo al titolo del film Fa’ la cosa giusta (il sindaco Guerra è professore di Cinema all’università di Parma). Consiste in quasi 170 milioni di euro tra investimenti pubblici e privati per azzerare il numero delle case popolari sfitte, costruirne di nuove senza consumare suolo e introdurre agevolazioni per incentivare i proprietari a mettere sul mercato le migliaia di case che preferiscono tenere sfitte. Per farlo è stata ripensata l’organizzazione del comune, che ora ha un settore dedicato esclusivamente alle politiche abitative. In proporzione al numero degli abitanti, è uno degli investimenti di questo tipo più significativi fatto in Italia.

I dati di ACER, l’agenzia regionale che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico nella provincia, dicono che nel 2023 gli alloggi sfitti erano 380, il 9,5 per cento del totale delle case popolari. Queste case erano sfitte perché in passato a Parma, così come in molte altre città italiane, gli investimenti nella manutenzione sono stati scarsi. Nel momento in cui venivano liberate, le case avevano bisogno di interventi che andavano dalla messa a norma degli impianti elettrici e idraulici all’installazione di infissi moderni.

Nell’ultimo anno sono stati investiti 5,2 milioni di euro per ripristinare 300 case sfitte e indisponibili. Entro la fine dell’anno si aggiungeranno altri 200 alloggi, per la maggior parte liberati dagli inquilini negli ultimi mesi, con un altro finanziamento da 3,5 milioni di euro. Il prossimo anno si prevede di sistemarne un altro centinaio, per un totale di circa 10 milioni di euro. «Considerando il costo dei cantieri e dei materiali, quei soldi oggi sarebbero bastati al massimo per costruire due palazzine nuove da poche decine di case. Noi invece sistemeremo quasi 600 appartamenti», spiega Ettore Brianti, assessore alle Politiche sociali. «Non saranno nuovi, però sono a norma e con un impatto energetico contenuto. È stata una scelta politica precisa perché eliminare le case sfitte ha effetti positivi sui prezzi, anche su quelli privati».

Altri cantieri più complessi e costosi sono stati portati avanti con fondi regionali e del PNRR, il grande piano di riforme e investimenti finanziato con fondi comuni europei. Casa dei Mille, nel quartiere Oltretorrente, era un vecchio caseggiato di edilizia residenziale pubblica costruito nel 1921 e quasi del tutto sfitto. Con un cantiere da 2,5 milioni di euro sono stati ricavati 16 appartamenti, a cui si accede con una nuova passerella e un ascensore esterno.

È un progetto edilizio e soprattutto sociale, perché dentro Casa dei Mille è stato ricavato un alloggio assegnato ai volontari di condominio, operatori che assisteranno le persone anziane nella quotidianità. Inoltre ci sarà uno spazio per le associazioni di volontariato del quartiere. «I volontari aiuteranno le persone anziane a fare la spesa, nella preparazione dei pasti e nella supervisione della casa», spiega Debora Pulci, coordinatrice del servizio anziani del comune di Parma.

Casa dei Mille, nel quartiere Oltretorrente, completamente ristrutturata

Casa dei Mille, nel quartiere Oltretorrente, completamente ristrutturata (foto Il Post)

In piazzale Marsala è stato sfruttato il Superbonus 110%, la discussa e generosa agevolazione fiscale introdotta dal secondo governo Conte, per riqualificare 19 appartamenti di una vecchia palazzina gestita sempre da ACER, un progetto da poco più di un milione di euro. È stato messo il cappotto termico, sono stati rifatti gli infissi e la centrale termica. È significativa anche la vicenda dell’ex ECA (l’ente comunale assistenza), uno stabile in borgo San Giuseppe che nel 2021 il comune – all’epoca del sindaco Federico Pizzarotti – aveva messo all’asta con l’intenzione di venderlo. Nel 2022 l’amministrazione guidata da Guerra ha fermato la vendita per ricavare 10 nuovi alloggi di edilizia popolare pubblica con un cantiere da 1,7 milioni di euro, in controtendenza rispetto all’orientamento prevalente di molte altre città che negli ultimi anni hanno dismesso e in alcuni casi svenduto buona parte del patrimonio immobiliare pubblico.

Un’altra riqualificazione attesa riguarda il complesso dell’ex ospedale Romanini Stuard, chiuso dal 2007. In un’ala dove c’era una delle storiche case di riposo della città saranno ricavati 14 nuovi alloggi popolari gestiti da ACER, mentre nel resto dell’edificio da circa 11mila metri quadri saranno costruite – in questo caso grazie a un accordo con privati – case per studenti universitari e per lavoratori, comunque a canone moderato.

Uno dei due palazzi ristrutturati in piazzale Marsala

Uno dei due palazzi ristrutturati in piazzale Marsala (foto Il Post)

Un’altra operazione significativa riguarda Villa Parma, l’area dove erano concentrate alcune residenze sanitarie per anziani della città. Ora è quasi tutta un cantiere. Un vecchio immobile è stato abbattuto e sono in corso i lavori per costruire 60 nuovi alloggi. È stata demolita anche una residenza sanitaria per anziani e al suo posto saranno costruite 36 case da assegnare a persone anziane autosufficienti. Altri 60 appartamenti di edilizia pubblica sono stati riqualificati. L’investimento complessivo è di oltre 32 milioni di euro, la fine dei lavori è prevista nel 2026. «Tutto è inserito in un parco che si aprirà sempre di più alla città», dice Cecilia Amighetti, architetta responsabile dell’ufficio tecnico di ASP, l’azienda servizi alla persona del comune. «Diventerà una sorta di parco intergenerazionale, dove persone più giovani e anziane condivideranno spazi e momenti di vita quotidiana».

Il comune è consapevole che oltre ai consistenti investimenti pubblici serve convincere i privati a mettere sul mercato i circa 14mila appartamenti ora sfitti, per far abbassare i prezzi. A differenza di molte altre città italiane, a Parma la mancanza di case private sul mercato non sembra essere dovuta alla diffusione degli affitti brevi. Negli ultimi anni il turismo è cresciuto con effetti meno impetuosi rispetto a Bologna, Firenze, Venezia, Napoli e Roma, dove molti alloggi in affitto sono stati trasformati in B&B. «I privati hanno paura di mettere in affitto le case per paura che ci siano danni e mancati pagamenti dell’affitto. Chi fa più fatica in assoluto sono gli stranieri, su cui gravano moltissimi pregiudizi», ammette il sindaco Guerra. «A Parma ci sono persone che si possono permettere 700 euro di affitto al mese e non riescono a trovare una casa perché non sono italiane. Il privato ha bisogno di garanzie e in questo senso il comune può dare un aiuto».

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Verrà creata una fondazione pubblica che si chiamerà Parma Housing Center e avrà il compito di incentivare l’incontro tra domanda e offerta di case. I privati saranno tutelati dal rischio di mancati pagamenti grazie a garanzie pubbliche. Inoltre verranno sfruttati i fondi regionali – fino a seimila euro per ogni casa – per eventuali spese di messa a norma e per le spese condominiali. In cambio dovranno mantenere affitti a canone calmierato, cioè sottoposto a regole decise dal comune.

Le macerie della residenza sanitaria per anziani abbattuta a Villa Parma

Le macerie della residenza sanitaria per anziani abbattuta a Villa Parma (foto il Post)

Inoltre è stato aperto un ufficio di prevenzione degli sfratti, a cui collabora anche l’ordine degli avvocati. L’ufficio si occupa di tentare di trovare una mediazione tra i proprietari e gli inquilini in caso di controversie. «L’obiettivo è intervenire in anticipo, perché in qualsiasi caso gli sfratti sono un problema», dice l’assessore Brianti. A tutto questo si aggiunge un piano chiamato Housing First, che è edilizio e sociale perché dedicato alle persone senzatetto.

Anche se molti amministratori pubblici hanno chiesto al comune consigli per riproporre progetti simili, non è detto che si possa semplicemente copiare il “modello Parma”. Qualcosa di simile, pur con alcune differenze, si sta portando avanti in altre città dell’Emilia-Romagna, soprattutto a Bologna dove lo scorso anno è stato finanziato il più grande piano per il diritto alla casa degli ultimi quarant’anni. Tuttavia a Parma sembrano esserci tutte le condizioni per raggiungere l’azzeramento delle case sfitte e mantenerlo nel tempo. Non è una città piccola, ma nemmeno troppo grande e dispersiva; la maggior parte del patrimonio immobiliare pubblico è stata salvata dalla vendita; c’è molta collaborazione tra pubblica amministrazione, fondazioni pubbliche e private, imprese, istituzioni come l’università e l’ospedale. Solo in questo modo è possibile sopperire agli scarsi investimenti statali, ormai quasi azzerati.

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