Per l’ottava volta il parlamento non è riuscito a eleggere un nuovo giudice costituzionale

Il Parlamento riunito in seduta comune alla Camera
Il Parlamento riunito in seduta comune alla Camera (Roberto Monaldo / LaPresse)
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Il parlamento riunito in seduta comune alla Camera non è riuscito a eleggere un nuovo giudice della Corte Costituzionale, cioè l’organo che vigila sulla legittimità costituzionale delle leggi e sulle controversie tra diverse istituzioni dello Stato. Per l’ottava volta in pochi mesi non è stato trovato un candidato che sia sostenuto dai tre quinti dei parlamentari (363 voti), come prevede la legge.

Dopo i voti infruttuosi degli ultimi mesi sembrava che la maggioranza avesse trovato un accordo per eleggere Francesco Saverio Marini, il professore tra gli autori della proposta di legge sul cosiddetto premierato. Poche ore prima del voto però il governo si è reso conto di non avere abbastanza voti per eleggere Marini e per questo ha chiesto ai suoi parlamentari di votare scheda bianca, annullando questo ennesimo tentativo. Le opposizioni non hanno partecipato al voto come forma di protesta per non essere state consultate sulla nomina di Marini, definita una forzatura istituzionale.

Di solito i giudici costituzionali di competenza parlamentare vengono votati in blocco, o comunque in un numero abbastanza alto (almeno due) da consentire un’intesa tra maggioranza e opposizione che si spartiscono i giudici da eleggere secondo una logica non prevista dalla legge né dalla Costituzione, ma che è ormai diventata convenzionale. In questo caso invece il posto vacante è uno solo, e ciò complica tutto.

Su questo ritardo è intervenuto in più occasioni anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A dicembre altri tre giudici di nomina parlamentare arriveranno alla fine del loro mandato: il presidente Augusto Barbera, Giulio Prosperetti e Franco Modugno.

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