Kais Saied ha vinto le elezioni in Tunisia, e nessuno è sorpreso
Con più del 90 per cento dei voti: non c'era una reale opposizione, e l'affluenza è stata bassissima
Kais Saied, il presidente autoritario della Tunisia, ha vinto le elezioni presidenziali di domenica con il 90,7 per cento dei voti. Il risultato non è per nulla sorprendente: Saied partecipava contro due candidati che non avevano alcuna possibilità di vincere (un imprenditore messo in prigione con dubbie accuse e un candidato fantoccio che di fatto sosteneva Saied), e la campagna elettorale è stata caratterizzata da brogli e abusi di potere.
Il voto è inoltre stato boicottato da gran parte dell’opposizione: soltanto il 27,7 per cento dell’elettorato tunisino è andato a votare, un dato notevolmente inferiore rispetto al 49 per cento delle precedenti elezioni, nel 2019. Parlando subito dopo la chiusura del voto dalla sede del suo comitato elettorale Saied ha detto, già sicuro di ottenere un nuovo mandato: «Ripuliremo il paese da tutti i corrotti e dai cospiratori».
Saied, un professore di diritto costituzionale, fu eletto per la prima volta nel 2019 in un momento particolarmente complicato per la Tunisia. Il paese, che era stato l’unica democrazia uscita dalle proteste della Primavera araba, si trovava in una gravissima crisi economica, che aveva indebolito la popolarità del governo democratico e delle istituzioni. Saied, che non godeva dell’appoggio di nessun partito politico, si presentò all’opinione pubblica come un leader nuovo, onesto, non compromesso, in grado di combattere la corruzione e di risolvere i problemi del paese.
Dopo un anno e mezzo di presidenza Saied cominciò a smantellare le istituzioni democratiche della Tunisia. Il 25 luglio del 2021 rimosse il primo ministro e bloccò i lavori del parlamento, assumendosi gli incarichi di governo e cominciando di fatto a governare da solo, per decreto, con azioni che i suoi oppositori definirono un «colpo di stato».
Successivamente limitò l’autonomia del potere giudiziario, sciolse il Consiglio superiore della magistratura, firmò provvedimenti di emergenza che gli permettevano di governare per decreto, fece approvare una nuova costituzione meno democratica di quella uscita dalla Primavera araba, riformò a proprio vantaggio gli enti elettorali del paese. Negli anni Saied ha fatto imprigionare con accuse incerte decine di oppositori politici e di altre persone critiche nei suoi confronti, tra cui giornalisti, attivisti, giudici e sindacalisti.
Anche in vista di queste elezioni Saied ha fatto estromettere o arrestare tutti i candidati dell’opposizione dotati di una qualche popolarità, lasciando in corsa soltanto due persone: Zouhair Maghzaoui, un alleato di Saied che si era candidato per dare l’impressione che esistesse una qualche competizione nel sistema, ma che di fatto lo sostiene; e Ayachi Zammel, un imprenditore agricolo che a settembre è stato poi condannato per frode in un processo che molti ritengono politicamente motivato. Dal carcere, Zammel non ha potuto fare campagna elettorale.
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Anche per questa ragione gran parte dell’opposizione ha boicottato il voto, nel tentativo di delegittimarlo: non sembra tuttavia che l’affluenza estremamente bassa sarà un grosso problema per il prossimo mandato di Saied.