I 100 anni della radio in Italia

Nacque il 6 ottobre del 1924, quando andò in onda la prima trasmissione, un concerto di musica classica

Vittorio De Sica (a destra) assieme agli attori Umberto Melnati e Maria Denis durante le registrazioni di un programma radio a Roma nel 1940 (Archivio GBB/ Contrasto)
Vittorio De Sica (a destra) assieme agli attori Umberto Melnati e Maria Denis durante le registrazioni di un programma radio a Roma nel 1940 (Archivio GBB/ Contrasto)
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Alle 21 del 6 ottobre del 1924 venne trasmessa per la prima volta in Italia una trasmissione radiofonica. Era un lunedì e da uno studio di piazza del Popolo a Roma fu trasmesso via radio un concerto di musica classica, presentato da un breve annuncio. Durò un’ora e mezza in tutto, e diede inizio alla storia della radio italiana.

Per molto tempo si è ritenuto che la prima frase a essere trasmessa attraverso una radio commerciale in Italia fosse stata letta dall’annunciatrice Maria Luisa Boncompagni, a cui erano state attribuite le parole «Unione Radiofonica Italiana, 1-RO, Stazione di Roma concerto sinfonico inaugurale». Nel 1997, tuttavia, negli archivi Rai di Firenze fu trovato il documento sonoro originale, che in realtà era più lungo ed era stato registrato dalla violinista Ines Viviani Donarelli.

Fu proprio lei a salutare il pubblico, a presentare il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana e, più avanti, a leggere il bollettino meteo seguito dalle informazioni sulla Borsa e dalle notizie principali della giornata trasmesse dall’Agenzia Stefani (la prima agenzia di stampa italiana, che dopo la Seconda guerra mondiale fu sostituita dall’ANSA).

Sull’attribuzione dell’invenzione della radio esiste una disputa lunga e mai del tutto risolta tra Guglielmo Marconi e il serbo Nikola Tesla. Attorno al 1890 Tesla era stato tra i primi a condurre importanti esperimenti per la produzione di correnti ad elevata frequenza e alta tensione, notando come l’energia potesse essere trasmessa senza fili. Sia Marconi che altri fisici, tra cui l’inglese Oliver Lodge e il russo Alexander Popov, si impegnarono per sviluppare quel tipo di sistema di ricetrasmissione: un telegrafo senza fili che coprisse grandi distanze. Nel 1895 Marconi stabilì un collegamento coprendo una distanza maggiore di quella coperta da Lodge e l’anno dopo ottenne un brevetto per la radiotelegrafia senza fili.

Nel 1901 riuscì infine a realizzare il primo collegamento transatlantico trasmettendo a 4mila chilometri di distanza i tre punti della lettera S in alfabeto Morse.

In Italia le prime trasmissioni radiofoniche sperimentali risalgono al 1923. Nel giro di pochi mesi Costanzo Ciano, ministro delle Poste del governo di Benito Mussolini, diede la concessione per ulteriori sperimentazioni proprio a Marconi e nell’agosto del 1924 venne fondata l’Unione Radiofonica Italiana (o URI), a cui poi il governo assegnò il monopolio sulle trasmissioni radiofoniche.

Le radio erano strumenti ancora molto costosi e imperfetti, e le trasmissioni risultavano piene di rumori o sibili. A ogni modo il regime fascista intuì le grandi potenzialità di questo strumento per diffondere la propria ideologia e la propria retorica alle masse: per esempio attraverso programmi culturali ed educativi, seppure inizialmente scarni, e tramite i notiziari basati sulle famose veline, ovvero le indicazioni impartite dal regime agli organi di stampa. Tra le altre cose Mussolini tenne il suo primo discorso radiofonico alla popolazione nell’ottobre del 1926, nell’ambito della cosiddetta «battaglia del grano».

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Proprio dal 1926 nacquero nuove stazioni radiofoniche, a partire da Napoli e Milano. Nel gennaio del 1928 l’URI si trasformò nell’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (Eiar), e in seguito aumentarono sia i programmi sia il pubblico, che si radunava in un’esperienza collettiva fino a quel momento inedita per ascoltare la musica ma anche le cronache degli eventi sportivi o i bollettini di guerra.

Fino agli anni Settanta, comunque, la storia della radio in Italia fu legata prima al fascismo e poi alla Radiotelevisione Italiana, cioè la Rai, la società pubblica che sostituì l’Eiar. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la caduta del regime nacquero le prime radio dell’Italia liberata, come Radio Palermo e Radio Bari, spuntarono moltissime trasmissioni culturali, nuovi programmi e giornali radio. Nel 1951 sulla Rete Rossa (l’attuale Rai Radio 2) venne trasmessa in diretta la prima edizione del Festival di Sanremo; nel 1959 cominciò ad andare in onda Tutto il calcio minuto per minuto, trasmissione che raccontava in diretta il campionato di calcio italiano e che esiste ancora oggi.

Nei decenni successivi la radio continuò a sopravvivere nonostante la progressiva diffusione dei televisori in parte grazie alle radio a transistor, più leggere e compatte, e in parte per i profondi cambiamenti sociali legati per esempio alle proteste studentesche. Così negli anni Settanta, in contrapposizione al monopolio della Rai, cominciarono a nascere le radio libere, tra cui Radio Sicilia Libera, Radio Città Futura, Radio Radicale e Radio Popolare. Anche in seguito alle nuove regolamentazioni su radio e televisioni gli anni Ottanta furono invece quelli dello sviluppo delle radio e delle tv private, la più famosa delle quali fu senz’altro Radio Deejay, fondata da Claudio Cecchetto nel 1982.

In occasione dei cent’anni dalla prima trasmissione radiofonica in Italia sono stati organizzati vari eventi, tra cui una cerimonia in Senato. Proprio fino a domenica 6 ottobre nella sala dedicata a Marconi a Palazzo Madama, cioè la sede del Senato, sono esposti documenti d’archivio e apparecchi dell’epoca: tra questi ci sono il microfono a bobina magnetica utilizzato per il primo annuncio radiofonico e un carillon risalente al 1936 che veniva impiegato per riprodurre il canto di un uccellino, per segnalare gli stacchi tra un programma e l’altro.

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