Verranno esaminate nuove prove nel caso dei fratelli Menéndez
Lyle e Erik furono condannati all'ergastolo per aver ucciso i genitori nel 1989: la loro storia è stata raccontata in una serie tv di Netflix
Il procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, George Gascón, ha fissato un’udienza per valutare alcune possibili nuove prove legate a un caso che risale a 35 anni fa: quello dei fratelli Lyle e Erik Menéndez, che da ragazzi uccisero i genitori José e Mary Louise Menéndez nella loro casa di Beverly Hills. I due furono al centro di un caso giudiziario lungo e molto discusso che si concluse nel 1996 con una condanna all’ergastolo per entrambi. Se n’è riparlato di recente soprattutto grazie a Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story, una serie tv di Netflix in cui Nicholas Alexander Chavez e Cooper Koch interpretano i due fratelli, mentre Javier Bardem e Chloë Sevigny i loro genitori.
Non è chiaro se e in che modo l’uscita della serie abbia spinto Gascón a riprendere in esame il caso dopo così tanti anni e dopo i numerosi tentativi dei fratelli di far valere la loro versione della storia. Tra le nuove prove presentate in tribunale dai loro avvocati c’è una lettera scritta da Erik Menéndez, che proverebbe gli abusi sessuali e psicologici che dice di aver subìto da parte del padre, e che il procuratore ha detto di «avere il dovere etico e morale» di valutare. Non è comunque detto che il processo verrà riaperto. Se ne dovrebbe sapere di più il prossimo 26 novembre.
La storia dell’omicidio
José Menéndez era un uomo di origini cubane che da ragazzo era emigrato negli Stati Uniti. Sposò Mary Louise, detta Kitty, e fece carriera prima nella società di autonoleggi Hertz e poi nell’etichetta discografica RCA Records. Lyle nacque nel 1968 e Erik nel 1970: la famiglia visse un po’ a New York e poi nel New Jersey e infine si trasferì in una costosa villa a Beverly Hills, in California.
La sera del 20 agosto del 1989 i due fratelli spararono varie volte ai genitori con dei fucili mentre i due stavano guardando la televisione in salotto. Lyle aveva 21 anni, Erik 18. Dopo averli uccisi si cambiarono, andarono al cinema e una volta rientrati Lyle chiamò il 911 dicendo che avevano trovato i genitori morti. I due furono arrestati solo alcuni mesi dopo: Erik infatti aveva confessato gli omicidi allo psicologo Jerome Oziel, che a sua volta ne parlò alla sua amante, Judalon Smyth, la quale si rivolse infine alla polizia.
La procura accusò i due fratelli di aver ucciso i genitori per la cospicua eredità a cui avrebbero avuto diritto, anche sulla base del fatto che prima di essere arrestati spesero un milione di dollari nel giro di sei mesi, comprando tra le altre cose orologi e auto di lusso. Ci furono due processi separati, uno per ciascuno di loro, entrambi molto seguiti in tv sia per la crudeltà della vicenda, sia perché si trattava di due giovani di una famiglia benestante che per parte del pubblico risultavano affascinanti.
La difesa guidata dall’avvocata Leslie Abramson sostenne che i fratelli avessero ucciso i genitori per via degli abusi subiti e perché temevano a loro volta per la loro incolumità. I due dissero che il padre aveva cominciato ad abusare sessualmente di Lyle quando lui aveva tra i sei e gli otto anni, e di Erik quando ne aveva sempre sei: le accuse furono confermate da alcune testimonianze, come quelle della cugina Diane Vander Molen, secondo cui Kitty Menéndez non aveva creduto alla loro versione o comunque aveva coperto gli abusi del marito. Le giurie non si misero d’accordo e fu ordinato un nuovo processo per entrambi, in cui tuttavia le testimonianze sui presunti abusi furono molto limitate.
Alla fine nel 1996 Lyle ed Erik Menéndez furono condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale per omicidio premeditato. Iniziarono a scontare la pena in due carceri diverse, e dal 2018 Lyle ha ottenuto di essere trasferito nel carcere di San Diego, dove si trovava già Erik. Oggi i due hanno 56 e 53 anni.
Le polemiche sulla serie tv
La miniserie ispirata alla loro vicenda è la seconda stagione della serie antologica creata dal regista e produttore Ryan Murphy, che racconta casi di cronaca del passato che hanno ricevuto enormi attenzioni mediatiche anche al di fuori degli Stati Uniti (la prima era sul serial killer Jeffrey Dahmer). Come accade con opere di finzione che riguardano vicende molto note e studiate come questa, la serie si è presa qualche libertà, con il risultato di aver ricevuto critiche sia da parte dei fratelli, sia dei loro parenti.
In un comunicato diffuso per conto delle loro famiglie Tammi Menéndez, la moglie di Erik, ha definito la serie «rivoltante», «grottesca» e «farcita di mezze verità e totali falsità». Tra le altre cose mostra un legame morboso e incestuoso tra i due fratelli che il giornalista Robert Rand, autore di un libro sulla loro storia, ha definito «un’invenzione di fantasia». Murphy d’altra parte ha difeso la serie, sostenendo che «presenti i punti di vista e le teorie di numerose persone coinvolte nel caso». Una delle principali fonti per la ricostruzione della vicenda è stata il giornalista Dominick Dunne, che al tempo ne scrisse su Vanity Fair in toni a volte enfatici, e che nel comunicato di Tammi Menéndez viene accusato di calunnia.
Tra le nuove prove presentate dalla difesa dei fratelli c’è anche la recente denuncia di Roy Rosselló, ex membro della boyband portoricana dei Menudo, che nel 2023 aveva detto di essere stato stuprato da José Menéndez quando era adolescente.
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