Coloni israeliani pregano nella colonia illegale di Eviatar, in Cisgiordania (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

La Cisgiordania è sempre più dei coloni israeliani

Che sfruttano l'appoggio dell'esercito e dei politici per aggredire impunemente i palestinesi e aumentare la propria influenza sul territorio

Questa settimana gli Stati Uniti hanno sanzionato Hilltop Youth, un gruppo di coloni israeliani in Cisgiordania i cui membri compiono spesso violenze e attacchi contro i palestinesi. È l’ultima di una lunga serie di sanzioni imposte ai coloni, che dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza hanno aumentato notevolmente la loro influenza in Cisgiordania, grazie anche all’appoggio fornito dall’esercito e da importanti politici israeliani.

La Cisgiordania è un territorio che secondo la comunità internazionale appartiene ai palestinesi ma che da decenni Israele occupa illegalmente tramite la costruzione di colonie. Oggi nelle colonie vivono circa 500mila persone: molte hanno deciso di trasferirsi lì per motivi economici, per esempio per approfittare del basso costo della vita e degli immobili, e non sono direttamente coinvolte negli scontri con i palestinesi. Altre invece vivono nelle colonie per motivi religiosi e ideologici: credono che il territorio della Cisgiordania appartenga a Israele e vogliono quindi rivendicarlo attivamente. Sono generalmente persone vicine alla destra, che in virtù delle loro convinzioni nazionaliste e dell’esplicito sostegno di alcuni partiti di governo si sentono legittimate ad attaccare i loro vicini palestinesi.

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Molti attacchi avvengono senza attirare grandi attenzioni sulla stampa, e consistono in risse, provocazioni o piccoli scontri. Altri diventano ben più violenti, con auto o case incendiate, bombe e sparatorie. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), dall’inizio dell’invasione i coloni hanno compiuto almeno 1.360 attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania, in 130 dei quali ci sono state persone palestinesi uccise o ferite.

Lo scorso 15 agosto, per esempio, un gruppo di coloni israeliani ha attaccato la cittadina palestinese di Jin, lanciando bombe molotov e dando fuoco a case e auto parcheggiate. Almeno una persona è stata uccisa. Qualche settimana fa alcuni coloni hanno attaccato due scuole ad al Jab’a, nel sud della Cisgiordania, e gli studenti sono stati mandati a casa in anticipo.

Mustafa Arara, un pastore palestinese di 24 anni, tra le rovine del suo villaggio in Cisgiordania. Il villaggio è stato abbandonato dopo che alcuni cittadini israeliani hanno creato una colonia illegale poco lontano

L’aumento delle violenze è in parte legato alla situazione politica israeliana. Nella coalizione che sostiene il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ci sono partiti ultranazionalisti e politici radicali, noti per la loro ostilità verso i palestinesi e favorevoli all’occupazione della Cisgiordania tramite l’allargamento delle colonie.

Uno è Itamar Ben-Gvir, ministro della Pubblica sicurezza che ha il controllo della polizia nazionale e della polizia di frontiera tra Israele e Cisgiordania. È noto per le sue posizioni razziste nei confronti dei palestinesi e dei cittadini arabi israeliani, e sostiene l’annessione totale e permanente della Cisgiordania al territorio israeliano. Nella coalizione di governo c’è anche Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e sottosegretario alla Difesa: vorrebbe annettere la Cisgiordania non per via diplomatica ma tramite un sempre maggiore controllo del territorio, con quella che lui stesso ha definito una «vittoria tramite colonie».

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Il sostegno di Ben-Gvir e di Smotrich è fondamentale per Netanyahu: l’eventuale approvazione di leggi restrittive sulle colonie farebbe con tutta probabilità cadere il governo, che è già in grande difficoltà a causa di continue liti interne e dell’insoddisfazione della popolazione per il prolungarsi della guerra e gli scarsi risultati ottenuti nella liberazione degli ostaggi israeliani che da quasi un anno si trovano nella Striscia di Gaza. Netanyahu stesso, d’altra parte, è sempre stato favorevole alle colonie e alla loro espansione.

Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich in parlamento, nel 2022 (AP Photo/ Maya Alleruzzo)

In questo contesto, dallo scorso ottobre il governo ha approvato la costruzione di centinaia di migliaia di nuove abitazioni nelle colonie in Cisgiordania e ha legalizzato anche alcuni “outpost”, insediamenti che sono nati spontaneamente e non sono legalmente riconosciuti dallo stato israeliano (che comunque li tollera senza particolari problemi). Lo scorso luglio le autorità israeliane hanno approvato l’occupazione di un’area della Cisgiordania di oltre 12 chilometri quadrati: secondo l’ong Peace Now, che si oppone alle colonie, è stata la più estesa appropriazione di terra dal 1993.

Secondo Orit Strook, ministra delle Colonie ed esponente del partito di destra radicale Sionismo Religioso (lo stesso di Smotrich), gli ultimi mesi sono stati «un periodo di miracoli». «Mi sento come qualcuno che stava aspettando al semaforo, e improvvisamente è arrivato il verde», aveva detto a luglio.

Intanto i continui attacchi e la sempre più frequente creazione di nuove colonie, legali o meno, stanno costringendo migliaia di palestinesi che vivono in Cisgiordania a lasciare le proprie case. Secondo l’OCHA, dallo scorso 7 ottobre almeno 1.628 palestinesi sono stati dislocati a causa di incidenti che hanno coinvolto coloni israeliani. Di recente per esempio gli abitanti palestinesi di Zanuta, una città nel sud della Cisgiordania, se ne sono dovuti andare per la seconda volta: avevano lasciato le proprie case dopo l’inizio della guerra a causa delle violenze e delle minacce subìte dai coloni, ma erano tornati ad agosto dopo che un tribunale aveva ordinato al governo di tutelarli. Nonostante le rassicurazioni ricevute, le vessazioni sono continuate.

I coloni in Cisgiordania sanno di poter contare su una generale situazione di impunità, dato che le violenze che compiono contro i palestinesi non vengono quasi mai perseguite. In violazione degli accordi internazionali, da decenni la quasi totalità della Cisgiordania è amministrata dall’esercito israeliano e i suoi abitanti sono soggetti alla legge militare. In caso di violazioni della legge, i coloni dovrebbero teoricamente essere sottoposti alle stesse leggi e allo stesso trattamento dei palestinesi. Nella pratica i palestinesi vengono facilmente accusati di “terrorismo”, cosa che permette di adottare misure estremamente restrittive anche durante le indagini, mentre gli israeliani sono quasi sempre sottoposti alla giurisdizione civile.

Attivisti israeliani circondano l’attivista palestinese Alice Kisiya: la sua famiglia in Cisgiordania è stata sfrattata dai coloni, con il sostegno dei soldati israeliani (AP Photo/Mahmoud Illean)

Nell’ultimo anno il governo di Netanyahu ha inoltre introdotto alcune misure burocratiche pensate per favorire i coloni ed espandere la loro influenza in Cisgiordania. Lo scorso giugno, grazie a una misura voluta soprattutto da Smotrich, il governo attribuì grosse responsabilità nella gestione dell’area a un’autorità civile afferente al ministero della Difesa, gestita da un ex colono. Il passaggio ha semplificato molto l’approvazione di norme per costruire nuovi insediamenti, infrastrutture e barriere in territorio palestinese.

Infine, una protezione ulteriore ai coloni è data dalla loro vicinanza all’esercito israeliano, che dall’inizio della guerra si è ulteriormente rafforzata. Un funzionario dell’esercito ha detto al Financial Times che dallo scorso 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas in Israele, almeno 7mila coloni sono stati arruolati con il compito di sorvegliare le colonie. Sono state date loro indicazioni precise, tra cui non creare nuove colonie, non coprirsi il volto e non istituire posti di blocco non autorizzati sulle strade. Comportamenti simili sono però estremamente diffusi, e diverse organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato come la differenza tra soldati e coloni, già da tempo molto sfumata, sia ora completamente svanita.

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