Le nuove prove contro Donald Trump sugli eventi del 6 gennaio 2021
Secondo l'accusa dimostrerebbero che agì come privato cittadino, e che quindi debba essere processato nonostante le recenti decisioni della Corte Suprema
Mercoledì la giudice Tanya Chutkan della Corte distrettuale federale di Washington ha reso pubbliche varie parti di un nuovo report sul comportamento di Donald Trump durante l’assalto al Congresso degli Stati Uniti da parte dei suoi sostenitori, il 6 gennaio 2021.
Il rapporto è stato redatto da Jack Smith, un consulente speciale del dipartimento di Giustizia su richiesta dell’accusa: dimostrerebbe che Trump quel giorno agì come privato cittadino e non nella sua funzione di presidente degli Stati Uniti, e che quindi può essere processato per le sue azioni, compatibilmente con quanto deciso lo scorso luglio dalla Corte Suprema in merito all’immunità penale dei presidenti.
Trump è stato accusato di aver avuto un ruolo attivo nell’assalto al Congresso, che era stato organizzato per fermare la certificazione della vittoria di Joe Biden contro Trump alle elezioni presidenziali del 2020. A luglio però una sentenza della Corte Suprema aveva stabilito che i presidenti hanno diritto a una parziale immunità nell’esercizio delle loro funzioni e non possono essere processati per i loro atti ufficiali. La decisione era stata criticata perché rende di fatto molto più difficile processare Trump per l’attacco al Congresso, dato che al tempo lui era presidente.
Il rapporto di Smith ripercorre gli eventi di quel periodo e contiene nuove informazioni su quello che Trump avrebbe detto e fatto prima e durante l’assalto al Congresso. Tra le altre cose, il rapporto sostiene che, mentre l’assalto era in corso, un assistente avrebbe avvertito Trump del fatto che i suoi sostenitori erano entrati nel Congresso e che il suo vicepresidente Mike Pence, che si trovava nell’edificio, era in pericolo.
L’avvertimento era stato dato nella speranza che Trump facesse un appello ai suoi sostenitori per fermarsi, invece Trump avrebbe solo risposto: «E allora?» e sarebbe tornato a guardare la tv. In quel momento Trump ce l’aveva con Pence, che nonostante fosse il suo vicepresidente aveva scelto di seguire la legge e certificare la vittoria di Biden.
Il rapporto contiene molti altri episodi di questo tipo: durante un pranzo fra Trump e Pence avvenuto a metà novembre 2020 quest’ultimo gli avrebbe consigliato di accettare la sconfitta e pensare a ricandidarsi nel 2024, ma Trump avrebbe detto «non lo so, il 2024 è così lontano». In un’altra occasione, un assistente avrebbe sentito Trump dire ad alcuni membri della sua famiglia «Non importa se hai vinto o perso le elezioni. Devi comunque lottare come un dannato». Vengono inoltre citate tutte le volte in cui Trump avrebbe fatto pressione sui funzionari degli stati in bilico in cui aveva perso (tra cui la Georgia) per ribaltare il risultato, senza successo.
Secondo l’accusa, in tutti quei momenti Trump non stava agendo in qualità di presidente, ma come un candidato che aveva perso le elezioni e non voleva accettare la sconfitta. Per questo motivo, sostengono, a Trump non dovrebbe essere garantita l’immunità prevista dalla Corte Suprema, e il processo dovrebbe andare avanti.
Al momento non è stata fissata la data della prima udienza, ed è molto improbabile che succeda prima delle elezioni presidenziali, che si terranno il prossimo 5 novembre (tra circa un mese). Secondo gli avvocati di Trump la pubblicazione del report è stata una mossa politica fatta per danneggiarlo a poche settimane dal voto, mentre l’accusa sostiene che la questione debba essere risolta il prima possibile, dato che se Trump vincesse di nuovo è molto probabile che ordinerà al dipartimento di Giustizia di chiudere il caso.