Le prevedibili conseguenze dello studio sul 5G promosso dalla Toscana
Ha favorito dubbi infondati sulla sicurezza di questa tecnologia: l'agenzia delle Dogane di Prato ha chiesto di disattivare un’antenna
Una dirigente dell’agenzia delle Dogane di Prato, Daniela Guiducci, ha scritto una lettera alla società che gestisce l’interporto per chiedere di disattivare un’antenna 5G posizionata vicino agli uffici dell’agenzia. Guiducci ha motivato la richiesta appellandosi ai dubbi sulla sicurezza del 5G contenuti in una delibera della Regione Toscana che lo scorso 16 settembre aveva commissionato uno studio su questa tecnologia, in realtà considerata sicura da migliaia di studi nazionali e internazionali.
La delibera aveva fatto molto discutere soprattutto per il rischio che si è poi concretizzato in questa prima richiesta di disattivazione, e cioè che avrebbe alimentato dubbi infondati sul 5G, spingendo qualcuno a chiedere lo spegnimento delle antenne e ostacolando gli investimenti necessari per portare in Toscana una connessione più estesa e veloce.
Il termine “5G” indica la quinta generazione dello standard per le telecomunicazioni dei dispositivi mobili, come gli smartphone. È una tecnologia progettata per offrire una velocità di download molto più alta – fino a 10 gigabit al secondo – rispetto alla generazione precedente, chiamata 4G. Molti paesi, compresa l’Italia, hanno investito molti soldi pubblici per estendere la rete 5G attraverso l’installazione di decine di migliaia di antenne che servono a trasmettere e ricevere il segnale verso gli smartphone usando le onde elettromagnetiche.
La Regione Toscana vuole indagare più a fondo l’impatto delle onde elettromagnetiche con un’indagine in sei città: Firenze, Prato, Livorno, Pisa, Lucca e Arezzo. Lo studio si chiama “progetto campi elettromagnetici”, costerà 220mila euro, e sarà realizzato da Arpat e Ars, le agenzie regionali per la protezione ambientale e della sanità.
L’obiettivo è capire se ci sia una correlazione tra l’esposizione alle onde elettromagnetiche e alcune malattie, come i tumori. «Ad oggi gli studi sugli effetti sulla salute dell’esposizione alle stazioni radiobase forniscono risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti», si legge nella delibera. Con le stesse motivazioni, negli ultimi anni molti comuni hanno cercato di ostacolare e rallentare l’installazione di nuove antenne.
In realtà le tecnologie cellulari sono tra le più controllate e sperimentate al mondo, anche perché si tratta di sistemi che riguardano praticamente la vita di tutte le persone. Le ricerche scientifiche che se ne sono occupate sono ormai migliaia in Italia e all’estero e hanno esplorato scenari di ogni tipo alla ricerca di eventuali legami tra l’esposizione alle onde radio dei cellulari e le malattie, arrivando alla conclusione che i rischi siano estremamente bassi, se non assenti.
In una lettera inviata al Foglio, il commissario dell’AGCOM (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) Antonello Giacomelli aveva definito imbarazzante la sproporzione «fra 5 miliardi di utenti radioelettrici nel mondo senza nessuna evidenza scientifica di incrementi tumorali e l’indagine di Arpat in sei città toscane». Aveva anche sottolineato che Arpat ha già il quadro completo delle emissioni elettromagnetiche in tutta la regione, grazie a cui rilascia le autorizzazioni per l’installazione delle antenne.
Tra le altre cose, Giacomelli aveva messo in guardia il presidente della Toscana Eugenio Giani dalle conseguenze della delibera: «quale segnale sta dando la Toscana al mondo dell’innovazione? Come reagiranno gli investimenti degli operatori? E quale comune toscano potrà rilasciare una autorizzazione per un nuovo impianto prima della conclusione di questa fantomatica indagine?»
Dopo la lettera di Giacomelli l’assessore regionale al Digitale e alla Connettività Stefano Ciuoffo ha detto di essere pronto a chiedere la cancellazione dello studio mentre gli operatori delle telecomunicazioni riuniti nell’associazione Asstel stanno valutando la presentazione di un ricorso. Giani però ha confermato che lo studio si farà e che la Regione non ha nessun pregiudizio nei confronti di questa tecnologia.
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