Il grosso sciopero nei porti degli Stati Uniti
È iniziato oggi e coinvolge decine di migliaia di lavoratori, che chiedono un aumento della paga e maggiori tutele contro l'automazione
Negli Stati Uniti dalla mezzanotte di martedì è cominciato un grosso sciopero dei lavoratori dei porti della costa Est e del Golfo, che secondo la United States Maritime Alliance (USMX, l’organizzazione che rappresenta i datori di lavoro del settore portuale) potrebbe coinvolgere decine di migliaia di lavoratori e far chiudere molti porti in tutto il paese. È la prima volta che accade dal 1977, quando le interruzioni delle attività nei porti per la richiesta di salari più alti e maggiori tutele durarono sei settimane.
Lo sciopero è stato indetto dall’International Longshoremen’s Association (ILA, il sindacato dei portuali) dopo mesi di stallo nei negoziati per il rinnovo del contratto, scaduto il 30 settembre. Il sindacato, che ha circa 50mila iscritti, chiede un aumento degli stipendi e il divieto di utilizzare gru e camion automatizzati durante le operazioni di carico-scarico delle merci.
I lavoratori coinvolti nello sciopero sono principalmente quelli che si occupano di scaricare i container dalle navi cargo, smistarli e metterli sui camion o sui treni che poi li distribuiscono nel paese. Il timore è che l’eccessiva automazione di alcuni di questi processi possa portare a degli esuberi, e quindi a licenziamenti.
Sulla base del contratto attualmente in vigore i lavoratori dei porti della costa est e del Golfo (quelli della costa ovest hanno un sindacato e un contratto diversi) percepiscono 39 dollari l’ora: l’ILA chiede che la paga oraria venga aumentata di 5 dollari all’anno per i sei anni di durata del nuovo contratto, arrivando alla fine a una paga di 69 dollari all’ora. Sarebbe un aumento del 77 per cento sui livelli attuali: l’USMX ha detto di aver offerto al sindacato un aumento del 50 per cento, oltre alla conferma dei limiti all’automazione già previsti ma senza introdurre un divieto totale, come richiesto dal sindacato. L’ILA ha rifiutato la proposta.
Secondo il New York Times i lavoratori dei porti negli Stati Uniti possono guadagnare fino a 100mila dollari l’anno, se si considerano gli straordinari e le maggiorazioni per il lavoro su turni. Associated Press invece ha calcolato che lo stipendio base è di circa 80mila dollari l’anno, ma che può arrivare a 200mila.
Il sindacato sostiene che l’inflazione degli ultimi anni abbia ridotto molto il potere d’acquisto dei lavoratori del settore. Inoltre, durante la pandemia di Covid-19 e nel successivo periodo di ripresa economica, le compagnie che gestiscono il trasporto merci hanno aumentato notevolmente i loro profitti, e i sindacati chiedono che una parte di questi sia corrisposta ai lavoratori portuali.
Lo sciopero potrebbe durare fino a due o tre settimane e coinvolgerà decine di porti della costa Est, affacciata sull’Atlantico, e di quella che dà sul Golfo del Messico. Da questi porti passano i tre quinti dei container che passano per gli Stati Uniti. Tra i porti in sciopero c’è anche il terzo più grande degli Stati Uniti, quello di New York e New Jersey: il direttore esecutivo Rick Cotton ha detto che qui rimarranno fermi 100mila container e che le 35 navi cargo che avrebbero dovuto attraccare nel corso della prossima settimana rimarranno ancorate a largo.
Gli esperti ritengono che lo sciopero non avrà grosse conseguenze a lungo termine, ma le interruzioni potrebbero comunque causare difficoltà nel reperimento di alcuni prodotti come banane, materiali edili, rame e cotone.
Se si ritiene che una disputa sindacale possa mettere a rischio la sicurezza nazionale, i presidenti possono imporre alle parti coinvolte di proseguire le negoziazioni per 80 giorni prima di mettere in atto misure più drastiche, come uno sciopero. Il presidente Joe Biden ha però già detto di non voler usare i propri poteri per interrompere lo sciopero in corso.