Inizia il processo contro Marine Le Pen
E molti altri dirigenti del suo partito, il Rassemblement National: sono accusati di avere usato i fondi pubblici del Parlamento europeo in modo improprio
Oggi a Parigi inizia il processo contro Marine Le Pen e altri 26 esponenti del suo partito, il Rassemblement National, di estrema destra, accusati di avere usato in modo sistematico i fondi pubblici del Parlamento europeo per assumere e pagare degli assistenti che però lavoravano per il Rassemblement National in Francia. Il processo durerà due mesi e la sentenza arriverà all’inizio del 2025.
Non è la prima volta che il Rassemblement National viene indagato per reati che hanno a che fare con la gestione del denaro, ma stavolta più di altre potrebbe essere un problema per le ambizioni politiche di Le Pen, che intende candidarsi alla presidenza della Francia nel 2027. In caso di condanna, le accuse – appropriazione indebita, occultamento del reato e collusione – prevedono non solo fino a dieci anni di carcere e il pagamento di una multa, ma anche l’eventuale sanzione accessoria dell’ineleggibilità per i successivi cinque anni.
Tale sanzione potrebbe essere aumentata a dieci anni nel caso in cui la persona coinvolta stesse esercitando un mandato pubblico elettivo, all’epoca dei fatti, ed è il caso di Marine Le Pen, allora eurodeputata.
Tra gli imputati e le imputate ci sono diversi importanti dirigenti del partito, oltre a Marine Le Pen: alcuni suoi esponenti storici – come Louis Aliot, sindaco di Perpignan, che è anche l’ex compagno di Le Pen – e l’avvocato Wallerand de Saint-Just, l’ex tesoriere del Rassemblement National. Ci sono politici più giovani e su cui il partito stava puntando molto e ci sono infine persone che ne facevano parte e che poi l’hanno lasciato: Marion Maréchal, nipote di Le Pen, e il parlamentare europeo Nicolas Bay, tra gli altri.
I reati al centro del processo sarebbero stati commessi tra il 2004 e il 2016. Nel 2014 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ricevette delle informazioni su possibili irregolarità nei contratti degli assistenti parlamentari del Front National, come si chiamava allora il Rassemblement National, e nel febbraio del 2015 i sospetti furono rafforzati dalla pubblicazione di un organigramma ufficiale del partito che comprendeva 16 deputati europei e 20 assistenti parlamentari con responsabilità di gestione interna.
Lo statuto del Parlamento europeo vieta però espressamente che i fondi versati ai deputati per assumere assistenti siano utilizzati per finanziare l’attività politica nazionale. Il 9 marzo Martin Schulz, l’allora presidente del Parlamento europeo, scrisse al ministero della Giustizia francese che a sua volta trasferì la questione alla procura di Parigi.
Nel febbraio del 2016 furono perquisite la sede del partito, le case di diversi suoi esponenti, ma anche la sede della società Amboise, guidata da Nicolas Crochet, storico contabile del Front National e responsabile dei contratti degli assistenti parlamentari e del pagamento dei loro contributi previdenziali. Dalle perquisizioni uscì in particolare una mail indirizzata a Marine Le Pen e scritta da Wallerand de Saint-Just, l’allora tesoriere del partito: «Negli anni a venire e in ogni caso, riusciremo a farcela solo se realizzeremo risparmi importanti grazie al Parlamento europeo e se riusciremo a ottenere dei pagamenti aggiuntivi».
In quel momento il partito aveva un debito di oltre 20 milioni di euro e stava attraversando una grave crisi finanziaria. Il Parlamento europeo, che nel processo francese si è costituito parte civile, ha stimato che i costi degli assistenti dei deputati di FN, oltre 6,8 milioni di euro nel periodo 2009-2017, corrispondano a più del doppio degli stipendi pagati ai dipendenti del partito.
Nel dicembre del 2016 venne formalmente aperta l’inchiesta nella quale sono state via via coinvolte sempre più persone: Catherine Griset, assistente di Marine Le Pen, Thierry Légier, guardia del corpo di Jean-Marie Le Pen, Micheline Bruna, la sua segretaria privata, tutte persone con dei contratti da assistenti parlamentari. La maggior parte di loro ha dichiarato fino ad ora di aver svolto sì dei compiti di politica interna, ma all’interno della legittima attività di assistenti. Catherine Griset ha detto ad esempio di aver lavorato per Marine Le Pen, «che è una deputata europea, ma che è anche una politica. Non faccio distinzione».
Al di là dei singoli casi, la posta in gioco del processo sarà quella di verificare se sia esistito un sistema «centralizzato» di finti incarichi, come l’ha definito la procura, e se tale sistema mirasse effettivamente a realizzare dei risparmi a scapito del Parlamento europeo. Molti elementi scoperti nel corso dell’indagine vanno in questa direzione, scrive Le Monde, e dimostrano un diretto coinvolgimento di Marine Le Pen.
Il Rassemblement National sostiene che tutto il caso derivi dalle differenze culturali tra Parigi e Bruxelles in merito a cosa rappresenti il dipendente di un partito politico. «Nei partiti politici francesi, essere pagati è l’eccezione e fare volontariato è la norma, ma non è così in altre culture politiche europee», ha detto a Politico un importante funzionario di Rassemblement National che ha chiesto di restare anonimo: «L’approccio dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode alla politica è assurdo. Se un collaboratore è anche membro del partito, questo fa scattare un campanello d’allarme».
La strategia del Rassemblement National sembra essere inoltre quella di voler sfruttare a proprio vantaggio il processo, come ha fatto di recente Donald Trump per le presidenziali americane del 2024, quando ha cominciato a vendere accessori e oggetti con stampata la propria foto segnaletica usandola come uno strumento di propaganda. «Marine Le Pen sarà molto presente e molto coinvolta nel processo: ha pianificato la propria agenda di conseguenza. Vuole essere in tribunale il maggior numero di giorni possibili», ha detto sempre a Politico un dirigente del Rassemblement National.
Nonostante le potenziali conseguenze del processo, alcuni dentro al partito ritengono poi che un verdetto di colpevolezza sarà comunque gestibile. Credono che i sostenitori del Rassemblement National continueranno ad appoggiare Le Pen indipendentemente da ciò che decideranno i tribunali e che la sanzione dell’ineleggibilità sarà difficilmente applicata.
A sfavore del Rassemblement National c’è il recente esito di un processo che ha visto coinvolto il partito centrista francese MoDem, accusato proprio di aver utilizzato in modo improprio i fondi dei parlamentari europei per attività nazionali. Il processo si è concluso con l’assoluzione, in mancanza di prove relative a un coinvolgimento personale, di François Bayrou, presidente di MoDem, ma diversi altri funzionari del partito, tra cui cinque ex parlamentari europei, sono stati multati o condannati a pene detentive poi sospese.
Jordan Bardella, attuale presidente del Rassemblement National, non è sotto processo. Tuttavia alcune notizie pubblicate negli ultimi giorni dal quotidiano Libération potrebbero complicargli le cose. Secondo Libération Bardella avrebbe infatti presentato dei documenti falsi ai procuratori per dimostrare che nel 2015, quando era assistente di un ex deputato europeo, non aveva lavorato per il partito, ma per il parlamento. Bardella ha detto che le accuse di Libération sono false e il Rassemblement National ha a sua volta commentato che la pubblicazione di questa storia a pochi giorni dall’inizio del processo è solo «un grosso tentativo» di ingerenza.