L’annata forse irripetibile di Tadej Pogačar
Dopo il Giro d'Italia e il Tour de France ha vinto anche i Mondiali di ciclismo, sempre alla sua maniera: con una lunga fuga solitaria
Domenica 29 settembre il ventiseienne ciclista sloveno Tadej Pogačar ha vinto la prova in linea maschile ai Mondiali di ciclismo a Zurigo, in Svizzera, aggiungendo un altro titolo prestigioso all’elenco delle sue vittorie e chiudendo (o quasi: manca ancora qualche gara) alla grande un’annata eccezionale. Nel 2024 ha vinto il Giro d’Italia, il Tour de France e i Mondiali, come prima di lui ci erano riusciti solamente il belga Eddy Merckx, considerato uno dei migliori ciclisti di sempre, nel 1970, 1972 e 1974, e l’irlandese Stephen Roche nel 1987.
Pogačar non ha solamente vinto queste corse, le ha dominate con il suo stile entusiasmante e quasi sfrontato, basato sull’idea che si debba provare a vincere ogni corsa andando al massimo, senza fare troppi calcoli, motivo per il quale viene molto apprezzato da tifosi e appassionati. Ai Mondiali di domenica ha attaccato, ha provato cioè a staccare il gruppo, a circa 100 chilometri dall’arrivo: in poco tempo ha recuperato i ciclisti che erano andati in fuga, correndo poi gli ultimi 51 chilometri di corsa da solo. Era dal 1968 che un ciclista non vinceva i Mondiali dopo una fuga solitaria così lunga.
Proprio Eddy Merckx ha detto alla Gazzetta dello Sport di aver pensato «questo è matto», quando Pogačar è scattato a cento chilometri dall’arrivo, «non volevo credere a quello che ho visto». Anche Merckx ha detto di apprezzare il modo sempre molto ambizioso con cui Pogačar affronta le gare: «Vince quasi tutte le corse che fa e, quello che più conta, parte sempre per vincerle», ha detto. Il Guardian, quotidiano inglese, ha scritto che «domenica l’approccio unico alle corse in bicicletta ha permesso allo sloveno di vincere i Mondiali su strada a Zurigo, grazie a un attacco audace al limite del temerario, a 100 chilometri dal traguardo».
L’attacco di Pogačar a 100 chilometri dall’arrivo, raccontato da Eurosport
Il 2024 di Pogačar, come detto, è stato eccezionale e forse irripetibile. Ha vinto sei tappe al Giro d’Italia, arrivando primo in classifica generale con 9 minuti e 56 secondi di vantaggio sul secondo; anche al Tour de France ha vinto sei tappe, staccando il secondo classificato di 6 minuti e 17 secondi: la doppietta Giro-Tour non riusciva a un ciclista dal 1998, quando la fece Marco Pantani.
Quest’anno ha vinto anche la Liegi-Bastogne-Liegi, una delle cinque cosiddette classiche monumento, le più importanti corse ciclistiche di un giorno, la Strade Bianche e il Grand Prix Cycliste de Montréal (altre due prestigiose gare di un giorno) e poi la Volta Ciclista a Catalunya, una corsa che si tiene in Catalogna in cui ha vinto quattro tappe su sette, arrivando primo in classifica generale con 3 minuti e 41 secondi di vantaggio.
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A 26 anni, Pogačar ha già vinto 86 gare tra corse di un giorno, tappe e classifiche generali dei giri. Da quattro anni è il numero 1 del ranking e viene già considerato uno dei migliori ciclisti di tutti i tempi, per le sue vittorie ma anche per il modo in cui ha unito alla cura dei dettagli del ciclismo moderno (lo studio dell’aerodinamica, i miglioramenti tecnologici, l’attenzione alla psicologia e alla nutrizione) un’interpretazione dello sport basata sugli exploit individuali, come succedeva più spesso nel ciclismo di una volta. È un ciclista moderno, ma anche all’antica per l’epica che spesso caratterizza le sue vittorie e per il modo in cui condiziona il racconto che si fa intorno.
In un commento uscito domenica sul Foglio Giovanni Battistuzzi ha sostenuto che Pogačar abbia «allungato il ciclismo», nel senso che costringerebbe chi segue le corse a prestare attenzione sin da subito, perché potrebbe decidere di muoversi e attaccare anche a tre ore dall’arrivo (alla Strade Bianche vinse dopo una fuga solitaria di addirittura 81 chilometri). «I tempi del ciclismo si sono dilatati enormemente e Tadej Pogačar ha deciso di renderli sempre più ampi e personali», ha scritto, «sembra capace di ogni cosa, di superare avversari di primissimo livello nell’unico modo che lui ritiene sicuro: scattando e rimanendo solo».
Gli highlights della vittoria di Pogačar ai Mondiali di Zurigo
Oltre a provare a rivincere le corse che ha già vinto, battendo nuovi record e confermandosi come migliore al mondo, a Pogačar non restano molte cose da fare nel ciclismo. I Mondiali erano una di quelle e li ha vinti. Gli mancano due delle cinque classiche monumento: la Parigi-Roubaix, che però non ha mai corso (potrebbe farlo l’anno prossimo) e la Milano-Sanremo, nella quale quest’anno è arrivato terzo e che è una corsa con pochi tratti in salita, quindi meno adatta alle sue caratteristiche, anche se ha dimostrato di poter vincere praticamente in ogni situazione. Non ha mai vinto neanche la Vuelta a España, il terzo per importanza tra i grandi giri a tappe dopo il Tour de France e il Giro d’Italia: partecipò solamente nel 2019, a 21 anni appena compiuti, arrivando terzo.
La settimana scorsa aveva parlato lui stesso dei suoi obiettivi: «Ho la sensazione che la Sanremo sarà la corsa che mi manderà al cimitero: ci sono già andato così vicino, eppure sento di essere così lontano dal riuscire a vincerla. Se ci sarà modo proverò anche a vincere la Parigi-Roubaix e poi c’è la Vuelta, dove voglio tornare per provare a vincere la maglia rossa. Per quello che riguarda le Olimpiadi – ha aggiunto Pogačar -, bisognerà vedere il percorso di Los Angeles 2028, speriamo che sia per scalatori, ma per noi ciclisti le Olimpiadi non hanno la stessa importanza che per altri sportivi. Il nostro vero obiettivo ogni anno è il Tour de France, e voglio continuare a provare a vincere anche quello fino a quando mi divertirò a farlo». Finora ha partecipato cinque volte al Tour de France, arrivando primo, primo, secondo, secondo e primo.
Il 12 ottobre intanto correrà il Giro di Lombardia, un’altra delle cinque classiche monumento, che ha vinto per tre volte su tre: per la prima volta lo farà con la maglia bianca con l’arcobaleno, quella che il campione del mondo indossa tutto l’anno, fino ai successivi Mondiali.
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