I Conservatori britannici ricominciano da quattro
È iniziata la convention del partito, a Birmingham, il momento più importante delle primarie: se la giocano Robert Jenrick, Kemi Badenoch, James Cleverly e Tom Tugendhat
di Matteo Castellucci
Domenica a Birmingham (Inghilterra) è cominciata la convention dei Conservatori britannici. Per la terza volta nella loro storia – e per la seconda dal 2005 – questo evento sarà decisivo per stabilire chi sarà il prossimo o la prossima leader, e quindi la direzione del partito dopo il risultato disastroso alle elezioni di luglio. Di solito le primarie sono finite quando si arriva alla convention: stavolta la attraversano, e sono apertissime.
Mercoledì i quattro candidati avranno 20 minuti per convincere tutti di essere la persona giusta per guidare i Conservatori nella prima legislatura all’opposizione dopo 14 anni al governo, e fare in modo che sia una sola. Non sarà semplice.
La vignetta del Times di domenica ha riassunto bene la situazione. Sotto il titolo, «dopo il diluvio», sono stilizzati i quattro aspiranti leader che si picchiano con gli strumenti con cui dovrebbero ripulire il fango di un’inondazione. La convention servirà ai Conservatori per elaborare una volta per tutte le ragioni della peggiore sconfitta elettorale della loro storia, e per mettersela alle spalle. È un processo complicato per un partito che non è abituato a stare all’opposizione: per questo la scelta è delicata e i tempi delle primarie, iniziate il 29 luglio, sono stati diluiti.
Funziona così: i 121 deputati del partito scremano i candidati in una serie di votazioni in cui a ogni round viene escluso chi arriva ultimo. Si va avanti finché non ne restano solo due, e a quel punto tocca agli iscritti. Sono partiti in sei e ci sono stati colpi di scena. Prima della convention sono usciti al primo giro Priti Patel (è stata una sorpresa) e poi Mel Stride (la sorpresa è stata che sia arrivato al secondo turno). Il 9 e il 10 ottobre i deputati elimineranno altri due candidati e poi finalmente i tesserati voteranno online, dal 15 al 31 ottobre.
Il 2 novembre si saprà chi ha vinto e il Partito Conservatore avrà un nuovo leader e, soprattutto, una visione per il futuro. Tutti i candidati dicono che vogliono unire il partito ma, semplificando, ce ne sono due – Robert Jenrick e Kemi Badenoch – che cercano l’appoggio dell’ala destra del partito e altri due – James Cleverly e Tom Tugendhat – che si rivolgono a quella centrista. In questo momento i primi sono in netto vantaggio sui secondi, che però hanno una base di sostenitori più o meno sovrapponibile. Cleverly e Tugendhat sono pari, ma hanno abbastanza voti per spostare gli equilibri dopo il prossimo round, in cui probabilmente uno dei due verrà eliminato.
Per questo i media britannici hanno rievocato il precedente del 2005, quando David Cameron ribaltò le primarie grazie a un discorso particolarmente ispirato alla convention e alla fine batté David Davis, che era il favorito.
Con un esito così incerto, ciò che i candidati diranno e faranno sul palco potrebbe invertire gli attuali rapporti di forza, oppure confermarli, ma servirà soprattutto a posizionarli con gli iscritti – quelli che prenderanno la decisione finale e che, tradizionalmente, sono più a destra dei loro parlamentari. Non conta necessariamente arrivare primi al ballottaggio: conta arrivarci. Alle primarie del 2022 Rishi Sunak era davanti a Liz Truss finché votarono i deputati, poi toccò ai tesserati e sappiamo com’è finita (vinse Truss).
In questo momento è in testa Jenrick. È un ex moderato che si è spostato molto a destra, può rivendicare una certa discontinuità rispetto al governo di Sunak perché nel dicembre 2023 si dimise da sottosegretario all’Immigrazione ritenendo troppo «debole» la seconda versione della legge per espellere i richiedenti asilo in Ruanda. È anche l’unico dei candidati che propone il ritiro del Regno Unito dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e dalla giurisdizione della rispettiva Corte, che aveva bloccato il piano di Sunak, sostanzialmente per riproporlo.
È una cosa su cui i tesserati non la pensano in modo unanime, ma se ne è parlato molto: Badenoch e Cleverly sono contrari, Tugendhat ha parlato genericamente di una «riforma» della Corte.
Secondo George Osborne, l’ex vice di Cameron che fa un podcast di chiacchiera politica, la ragione del successo di Jenrick è che è quello che sembra crederci più degli altri. Badenoch era la favorita quando le primarie erano state convocate, ma poi si è trovata a inseguirlo. Nei sondaggi tra i membri del partito l’ex ministra degli Affari economici è ancora più popolare di lui, che però è il candidato che a settembre ha aumentato di più i suoi consensi. Badenoch allora ha alzato i toni. Sabato ha scritto sul Telegraph che per le persone migranti «lavorare e non delinquere non è abbastanza. […] La nostra nazione non è un dormitorio perché la gente venga qui ad arricchirsi».
I programmi, come detto, incideranno fino a un certo punto – anche perché non sono così diversi. Conteranno molto di più le performance dei candidati, l’immagine che danno di sé girando a stringere mani tra gli stand e sottoponendosi a una lunghissima serie di panel ed eventi laterali. Il partito ha 172mila iscritti (Fratelli d’Italia ne ha sui 280mila) in un paese di 67 milioni di abitanti di cui sono scarsamente rappresentativi: quasi interamente bianchi, in maggioranza maschi, oltre metà ha più di sessant’anni. Molti di loro vedranno, e ascolteranno così a lungo, gli aspiranti leader solo qui.
Prima che un nuovo capo di governo, da qui al 2029 ai Conservatori serve un leader dell’opposizione: per questo, probabilmente vincerà chi risulterà più credibile per quel ruolo. Per la stessa ragione le credenziali di Cleverly – che è il candidato con più esperienza di governo, è stato ministro sia dell’Interno che degli Esteri – finora non gli sono bastate. Jenrick ne ha assai di meno, ma le sue dichiarazioni polarizzanti lo hanno fatto finire più spesso sui media. Tugendhat è un ex veterano pluridecorato, in Iraq e Afghanistan: un profilo che in altri tempi sarebbe andato forte. Ma questi non sono tempi come gli altri.
Anche la convention, per ovvie ragioni, è diversa da quella che l’ha preceduta. L’anno scorso a Manchester c’era un clima da sconfitta annunciata e si ricorda solo la proposta di vietare il tabacco alle persone nate dopo il 2009.
A Birmingham Sunak, che sulla carta è ancora per un po’ il leader, non farà discorsi. Ci sono meno lobbisti e stand aziendali che in passato: secondo i media per il partito dell’impresa e del libero mercato è uno smacco, ma l’organizzazione dice che la priorità di quest’edizione era dare spazio ai membri.
Sul palco si sono alternati alcuni candidati che hanno perso, ma perso bene, cioè riducendo il divario con i Laburisti nei rispettivi seggi rispetto al 2019. Poi è salita la ex capogruppo Penny Mordaunt, che sarebbe stata tra i candidati alla leadership se fosse stata rieletta in parlamento. Sul podio e sul fondale c’è lo slogan Review and Rebuild, analizzare [la sconfitta] e ricostruire. La prima è andata, ora viene la parte più difficile. Domenica sera decine di persone hanno trovato chiuso il guardaroba della convention in cui avevano lasciato cappotti ed effetti personali: a molti è sembrata una metafora dello stato in cui si trova il partito. Poi lo hanno riaperto.
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