Come Israele ha ucciso Hassan Nasrallah
Il bombardamento a Beirut era stato anticipato da un'operazione di intelligence minuziosa che andava avanti da vent'anni, e che ha colto di sorpresa il gruppo libanese
Il bombardamento israeliano che venerdì ha ucciso a Beirut il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è il risultato principale di un’operazione d’intelligence eccezionale e minuziosa resa possibile da quasi vent’anni di sorveglianza e spionaggio. In pochi giorni, Israele è riuscito a uccidere il capo di Hezbollah e, prima di lui, vari altri dirigenti e miliziani del gruppo, colpiti dai bombardamenti devastanti degli ultimi giorni.
Nel complesso Israele ha decimato la leadership militare e politica di Hezbollah, indebolito il suo arsenale e di fatto paralizzato il gruppo. Lo ha fatto provocando enormi devastazioni in Libano e colpendo indiscriminatamente: l’aviazione israeliana ha bombardato zone residenziali densamente popolate e ucciso più di 700 persone, molte delle quali civili. Secondo il ministero della Salute libanese in questi giorni circa un milione di civili è stato costretto ad abbandonare le proprie case per scappare dai bombardamenti.
Il bombardamento che ha ucciso Nasrallah è avvenuto in un quartiere densamente popolato della periferia sud di Beirut, la capitale del Libano. Nasrallah, secondo varie ricostruzioni, si trovava in un bunker costruito sotto un condominio residenziale scavato poco meno di 20 metri sotto terra. Per avere la certezza di ucciderlo l’aviazione israeliana ha lanciato sopra il condominio circa 80 bombe.
Questo bombardamento è il risultato di anni di preparazione dell’intelligence israeliana, cominciata subito dopo la fine dell’ultima guerra tra Israele e Hezbollah, quella del 2006, e resa possibile da alcune occasioni in cui Hezbollah, espandendosi e rafforzandosi, si è però resa più vulnerabile alla sorveglianza esterna: in particolare la guerra civile in Siria, cominciata nel 2011.
Durante quella guerra, che durò circa 34 giorni e in cui Israele invase brevemente il sud del Libano via terra, le forze armate israeliane riuscirono a indebolire Hezbollah, ma senza assestare nessun colpo decisivo. Nel 2006 Israele tentò tre volte di uccidere Nasrallah, sempre fallendo: la prima volta mancò l’obiettivo – Nasrallah riuscì a scappare – e le altre due le bombe israeliane non riuscirono a penetrare abbastanza in profondità per distruggere il bunker dove si trovava.
Dopo i fallimenti di intelligence del 2006, Israele cominciò a concentrare gran parte delle sue capacità di sorveglianza e controllo su Hezbollah, ritenuto di gran lunga l’avversario più temibile e pericoloso.
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Questo portò a errori che oggi molti reputano strategici: concentrandosi su Hezbollah, l’intelligence israeliana sottovalutò il pericolo di Hamas, abbassò la guardia nella Striscia di Gaza e si fece cogliere impreparata il 7 ottobre del 2023, quando migliaia di miliziani di Hamas entrarono in territorio israeliano uccidendo più di 1.200 civili e prendendo centinaia di ostaggi. In questi giorni, davanti ai successi di Israele contro Hezbollah, alcuni media israeliani stanno notando questa grossa differenza di preparazione di Israele tra la minaccia rappresentata da Hamas e quella di Hezbollah.
L’intelligence israeliana ha trascorso gli ultimi 20 anni a concentrarsi su Hezbollah, in quello che alcuni media hanno definito uno «spostamento su larga scala» degli obiettivi di Israele. Questo spostamento ha comportato un grande investimento di personale e mezzi, e un’attività di sorveglianza costante, portata avanti per anni con pazienza e dispendio di risorse.
Uno dei momenti fondamentali di questo «spostamento su larga scala» dell’intelligence israeliana è stato smettere di considerare Hezbollah come un semplice “gruppo terroristico”, ma come un’organizzazione molto più sofisticata, con ambizioni politiche, collegamenti diplomatici in tutta la regione, e una rete di progetti e organizzazioni civili. Questo ha dato all’intelligence la possibilità di trovare più punti vulnerabili all’interno del gruppo.
Un’altra occasione per Israele è stata la partecipazione di Hezbollah alla guerra civile in Siria, cominciata nel 2011, per difendere il dittatore Bashar al Assad. Nel corso della guerra, in cui Hezbollah ha impiegato migliaia dei suoi miliziani, con il sostegno dell’Iran, il gruppo ha iniziato a perdere la sua compattezza originaria. È stato costretto, per forza di cose, a condividere informazioni e metodi con il corrotto esercito siriano, e ha fatto entrare al proprio interno un ampio numero di persone con scarsi controlli, anche per appianare le grandi perdite subite in Siria.
La partecipazione alla guerra civile ha rafforzato Hezbollah militarmente, grazie soprattutto al sostegno dell’Iran. I suoi combattenti hanno acquisito esperienza militare, e prima degli scontri recenti si stimava che il suo arsenale fosse composto da 150 mila tra razzi e missili: è dieci volte tanto il livello di armamenti che il gruppo aveva durante la guerra del 2006, secondo stime israeliane.
Tuttavia la guerra civile in Siria ha aperto anche alcune vulnerabilità. Osservando il suo andamento Israele è riuscito a individuare i comandanti di Hezbollah, comprendere le loro attività e le loro abitudini. Inoltre l’intelligence israeliana è riuscita a penetrare sempre più in profondità grazie ad attività di sorveglianza, hackeraggio e acquisendo fonti all’interno dell’organizzazione.
Le attività di sorveglianza di Hezbollah da parte di Israele sono state minuziose, e vanno avanti da anni. Le operazioni sono portate avanti dall’intelligence militare, che è nota come Aman (abbreviazione del nome ebraico Agaf ha-Modi’in, che significa “la sezione dell’intelligence”). Aman è una delle tre grandi agenzie di intelligence israeliane, assieme al Mossad (intelligence esterna) e allo Shin Bet (intelligence interna) e si occupa delle operazioni di sorveglianza e controllo degli obiettivi militari, della loro individuazione e delle operazioni di guerra digitale, tra le altre cose.
Aman, negli anni, ha creato una rete di droni e satelliti spia grazie ai quali aveva ottenuto un controllo capillare di quello che stava succedendo nelle aree del Libano controllate da Hezbollah. Facendo fotografie continue ai cambiamenti sul terreno, Aman era potenzialmente in grado di accorgersi quando venivano costruiti nuovi depositi d’armi, o quando un edificio veniva rinforzato con il cemento armato, segno che forse sotto quell’edificio si stava costruendo un bunker.
Come ha raccontato il Financial Times, l’intelligence israeliana aveva poi perfezionato lo spionaggio dei leader di Hezbollah, ed era in grado di raccogliere informazioni dalle fonti più disparate: i telefoni dei familiari, le videocamere di sorveglianza (opportunamente hackerate), i sensori delle automobili. In questo modo Aman era in grado di sorvegliare il comportamento e le abitudini dei leader di Hezbollah: quando una delle persone sorvegliate deviava dai comportamenti abituali, l’intelligence israeliana faceva partire un’allerta, perché significava che potenzialmente si stava preparando qualcosa.
Hezbollah era ben consapevole delle capacità di sorveglianza e penetrazione degli israeliani, al punto che aveva ordinato ai suoi membri di utilizzare cercapersone e walkie-talkie per comunicare riducendo le possibilità di essere intercettati. In risposta, l’intelligence ha messo in atto un’operazione con cui pochi giorni fa ha fatto esplodere migliaia di questi dispositivi.
Sabato Nadav Shoshani, uno dei portavoce dell’esercito israeliano, ha detto che Israele era riuscito a ottenere informazioni «in tempo reale» su dove si trovasse Nasrallah, e ha deciso di bombardare.
Il bombardamento è stato potente e indiscriminato, come quasi tutti quelli fatti da Israele per colpire un obiettivo importante. Questa è una grossa differenza con gli Stati Uniti, che anche quando hanno colpito un obiettivo di massima importanza l’hanno spesso fatto cercando di minimizzare le uccisioni di civili. Successe per esempio nel 2011 quando fu individuato il nascondiglio del capo di al Qaida, Osama bin Laden, che si trovava in Pakistan: anziché bombardare, gli Stati Uniti inviarono un gruppo di Navy Seals.