Manifestanti in piazza Palestina, a Teheran, con la foto del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, ucciso da un attacco israeliano (AP Photo/Vahid Salemi)

E ora l’Iran?

Dopo l'uccisione del capo di Hezbollah tutti si chiedono se e come reagirà il paese, storico nemico di Israele: per ora non c'è una risposta

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In queste ore molti si chiedono se, ed eventualmente quando e come, l’Iran deciderà di rispondere all’uccisione da parte di Israele di Hassan Nasrallah, il leader del gruppo politico e militare libanese Hezbollah. L’Iran è uno dei paesi più potenti del Medio Oriente, alleato di Hezbollah e storico nemico di Israele: un suo eventuale intervento militare potrebbe quindi avere conseguenze enormi su tutta la regione.

Ci sono però molte incognite su come potrebbe reagire l’Iran, che finora ha mantenuto un approccio piuttosto cauto e volto a evitare un allargamento della guerra in corso da quasi un anno nella Striscia di Gaza.

L’Iran comanda il cosiddetto “asse della resistenza”, un insieme di milizie sciite e gruppi armati attivi nei paesi circostanti che operano per suo conto o che hanno interessi in qualche modo allineati. Oltre a Hezbollah, fanno parte della “resistenza” (intesa soprattutto come azione di contrasto agli interessi degli Stati Uniti e di Israele) anche Hamas, il gruppo palestinese che opera nella Striscia di Gaza, e gli Houthi, in Yemen.

Dall’inizio della guerra a Gaza, lo scorso 7 ottobre, l’Iran ha condannato la condotta di Israele, ma di fatto non ha preso parte ai combattimenti, preferendo continuare ad agire indirettamente per mezzo delle sue milizie affiliate. In questo contesto, da mesi Hezbollah lancia razzi contro il nord di Israele, che risponde con missili e bombardamenti nel sud del Libano. In quasi un anno i continui attacchi reciproci hanno costretto decine di migliaia di civili che vivevano nelle zone di confine a lasciare le proprie case per andare in luoghi considerati più sicuri.

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Ci sono comunque stati alcuni scontri tra Iran e Israele. Lo scorso aprile Israele aveva bombardato l’ambasciata iraniana in Siria uccidendo un importante comandante delle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran. L’Iran aveva risposto lanciando più di 300 droni e missili contro Israele, che però erano stati quasi tutti intercettati dai sistemi di difesa israeliani e non avevano causato grossi danni.

A fine luglio poi Israele ha ucciso il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre si trovava a Teheran: subito dopo l’omicidio la guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, la principale figura religiosa e politica del paese, aveva promesso una «punizione severa», minaccia che per ora non si è ancora concretizzata in nessuna azione.

Manifestanti iraniani si riuniscono a Teheran dopo l’uccisione da parte di Israele del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah (AP Photo/Vahid Salemi)

Nelle ultime settimane Israele ha compiuto vari attacchi mirati contro Hezbollah: prima ha fatto esplodere centinaia di dispositivi elettronici in dotazione ai membri del gruppo, poi ha iniziato a bombardare intensamente varie zone del Libano, tra cui la capitale Beirut, per colpire edifici usati dai membri del gruppo (che però si trovano in zone densamente popolate da civili). Venerdì ha poi colpito quella che considera la sede centrale di Hezbollah a Beirut, uccidendo Nasrallah.

Hezbollah è considerata la milizia più potente del Medio Oriente, ma i ripetuti attacchi israeliani delle ultime settimane l’hanno molto indebolita e l’uccisione di Nasrallah, che guidava il gruppo da oltre trent’anni, ha causato una situazione di grande caos. Questo è un grosso problema anche per l’Iran, dato che un suo alleato a lungo considerato forte e influente è ora diventato più vulnerabile.

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Come ha spiegato tra gli altri un’analisi del New York Times, la classe politica iraniana è divisa sulla questione: il fronte più conservatore vorrebbe reagire in qualche modo, anche per creare un effetto deterrente che convinca Israele a ridimensionare le sue operazioni militari. Il fronte più moderato, rappresentato tra l’altro dal presidente Masoud Pezeshkian, sostiene invece che sia necessario continuare ad adottare una linea di cautela per evitare di estendere ulteriormente la guerra. Questa settimana Pezeshkian era a New York per partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: ha fatto un discorso distensivo, dicendo che l’Iran è disposto a «deporre le proprie armi se Israele depone le proprie».

Sabato, dopo l’uccisione di Nasrallah, Khamenei ha diffuso un comunicato in cui non menziona direttamente Nasrallah ma chiede «a tutte le forze della resistenza nella regione di sostenere Hezbollah». L’affermazione è stata interpretata come un ulteriore indizio del fatto che l’Iran non ha almeno per il momento intenzione di partecipare direttamente alla guerra, ma voglia continuare ad agire per conto delle milizie affiliate.

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