Bri-git-bardò

Compie 90 anni un'attrice che rappresentò un ideale di bellezza e sensualità inedito e irripetibile, ritirandosi presto e facendo poi parlare di sé per altro

Brigitte Bardot all'aeroporto di Orly a Parigi con un grande sombrero che ha portato dal suo viaggio in Messico, nel 1965
(AP Photo)
Brigitte Bardot all'aeroporto di Orly a Parigi con un grande sombrero che ha portato dal suo viaggio in Messico, nel 1965 (AP Photo)

Quando Brigitte Bardot decise di ritirarsi dal cinema era il 1973: a soli 39 anni aveva recitato in più di cinquanta film, inciso diversi album di ottimo successo e si era affermata come un riferimento di stile e come una delle attrici più belle e famose al mondo, con un impatto sulla cultura pop del tempo paragonabile soltanto a quella di colleghe come Marilyn Monroe e Sophia Loren. Scelse di smetterla col cinema perché la sua enorme celebrità l’aveva ormai «soffocata», come raccontò lei stessa in un’intervista data al Guardian nel 2019.

Le era impossibile farsi vedere in pubblico senza essere avvicinata da estranei, che in molti casi desideravano abbracciarla, ed era perseguitata da paparazzi che spuntavano ovunque: «so cosa si prova a essere braccati», raccontò. Nella stessa intervista disse anche che la decisione di ritirarsi, in un certo senso, fu una scelta obbligata: «la maggior parte delle grandi attrici ha avuto una fine tragica. Quando ho detto addio a questo lavoro, a questa vita di opulenza, lustrini e adorazione, alla ricerca del desiderio, mi sono salvata la vita».

Anche se ha smesso di farsi vedere sullo schermo, nell’ultimo mezzo secolo di Bardot si è parlato spesso, e per motivi diversi: il suo impegno per i diritti degli animali, alcune uscite omofobe e le sue diffuse simpatie per l’estrema destra francese, per esempio. Nell’immaginario collettivo, la sua immagine da diva diversa da tutte le altre, più estroversa, dissacrante e sempre pronta a ostentare opinioni contrarie alla morale comune, è ancora piuttosto viva.

A differenza di altre attrici del suo tempo come Gina Lollobrigida e Sophia Loren (che ha compiuto 90 anni la scorsa settimana), Bardot non proveniva dalla classe operaia. Nacque il 28 settembre del 1934 a Parigi, in una famiglia borghese e di stampo cattolico: suo padre era un influente industriale del tempo, sua madre una casalinga appassionata d’arte che le impartì un’educazione severissima.

Crebbe in un appartamento di sette stanze nel lussuoso XVI arrondissement, non distante dalla Torre Eiffel. A 13 anni cominciò a studiare danza classica al Conservatorio di Parigi, dove conobbe la futura collega Leslie Caron, che qualche anno dopo avrebbe recitato al suo fianco in Un americano a Parigi.

La sua vita cambiò l’8 marzo del 1950, quando a soli 15 anni posò per la rivista Elle. In quel momento, come ha scritto la giornalista Agnès Poirier, «l’asse terrestre si spostò». Fu notata da Roger Vadim, ai tempi aspirante regista, che rimase impressionato dalla sua bellezza e dal suo portamento e la convinse a diventare un’attrice.

I due cominciarono una relazione lavorativa e sentimentale che, sei anni dopo, sarebbe culminata in Piace a troppi (noto anche come E dio creò la donna), film in cui Bardot interpretava Juliette Hardy, una ragazza disinibita e sfrontata che creava una certa agitazione a Saint-Tropez, un paesino di pescatori più o meno tranquillo che negli anni successivi, grazie all’enorme impatto del film, diventò una delle mete turistiche più conosciute e ambite della Costa Azzurra.

È tuttora una delle sue interpretazioni più riuscite e ricordate, in particolare per una celeberrima scena di ballo in cui Bardot si muove come se fosse in trance, incarnando un ideale di sensualità quasi oltraggioso per i tempi, più carnale ed esplicito. Giornalisti e critici cinematografici rimasero colpiti da quella fisicità disinibita che era in grado di rappresentare, e cominciarono a descriverla come il simbolo di uno stile di vita esuberante, disinvolto e libertino.

La relazione tra Bardot e Vadim finì nel 1957, ma la loro complicità artistica continuò e giovò moltissimo alle rispettive carriere. Negli anni successivi lavorarono insieme in altri quattro film: Gli amanti del chiaro di luna (1958), A briglia sciolta (1961), Il riposo del guerriero (1962) e Una donna come me (1973). Un altro regista che contribuì moltissimo alla consacrazione di Bardot fu Jean-Luc Godard, che nel 1963 la scelse come protagonista di Il disprezzo, film che esaltò non soltanto la sua bellezza, ma anche le sue doti da attrice drammatica. Già a partire dall’inizio degli anni Sessanta, Bardot affiancò alla carriera da attrice quella da cantante, collaborando soprattutto con il paroliere Serge Gainsbourg. Il loro album più famoso fu Bonnie and Clyde, pubblicato nel 1968.

Bardot dava ai giornali occasioni per scrivere di lei anche per via della sua vita privata e delle sue travagliate relazioni sentimentali; verso la fine degli anni Cinquanta frequentò l’attore Jacques Charrier, da cui ebbe un figlio, e nel 1966 sposò il milionario tedesco Gunter Sachs, da cui divorziò tre anni dopo. Dopo il ritiro dal cinema, Bardot è finita sui giornali soprattutto per la sua intensa attività da attivista per i diritti degli animali, portata avanti con un’apposita fondazione.

Dal 1992 Bardot ha una relazione con Bernard d’Ormale, imprenditore noto per la sua vicinanza con il partito dell’estrema destra francese Rassemblement National. Da allora Bardot ha in più occasioni dichiarato pubblicamente di appoggiare Marine Le Pen. Per esempio, prima del ballottaggio delle elezioni presidenziali del 2017 invitò l’opinione pubblica francese a votare per lei, preferendola all’allora candidato centrista Emmanuel Macron.

Bardot non ha comunque mai nascosto di essere una conservatrice: agli inizi degli anni Duemila fece notizia anche per alcune opinioni critiche nei confronti di alcuni riti tipici della religione musulmana, come per esempio il metodo di macellazione tradizionale dell’halal, e ha notoriamente una visione restrittiva sul tema dell’immigrazione.