Un altro discorso di propaganda di Netanyahu
All’ONU il primo ministro ha sostenuto che Israele vuole la pace, che sta vincendo la guerra in corso a Gaza e che «combatterà fino alla vittoria totale»
Venerdì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha usato il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’evento che ogni anno riunisce a New York gran parte dei leader internazionali, per ribadire quanto ha sempre detto finora: che Israele vuole la pace, che sta vincendo la guerra in corso nella Striscia di Gaza e che «combatterà fino alla vittoria totale». Inoltre Netanyahu ha descritto l’Iran e il gruppo libanese Hezbollah come fattori di destabilizzazione globale e come una minaccia terroristica al suo paese, e ha prospettato ulteriori azioni contro di loro.
Il suo discorso era particolarmente atteso non solo a causa dell’invasione in corso nella Striscia di Gaza, ma anche per gli intensi bombardamenti sul Libano iniziati cinque giorni fa: su entrambe le cose, Netanyahu però non ha detto nulla di nuovo, ma ha ripetuto la linea del suo governo. Ha fatto una lunga ricostruzione degli eventi, a partire dagli attacchi compiuti da Hamas in territorio israeliano lo scorso 7 ottobre, nella quale ha nuovamente sostenuto che Israele «sta difendendo se stesso» e che Hamas deve «arrendersi, abbassare le armi e liberare gli ostaggi. Se non lo faranno, combatteremo fino alla vittoria totale».
Riferendosi a Hezbollah, il potente gruppo paramilitare libanese sostenuto dall’Iran, Netanyahu ha detto che «non accetteremo un esercito terroristico arroccato sul nostro confine settentrionale pronto a fare un altro massacro come quello del 7 ottobre», confermando quindi che gli attacchi sul Libano continueranno. Appena arrivato a New York Netanyahu aveva ribadito: «La nostra politica è chiara: continueremo a colpire Hezbollah con tutta la nostra forza».
Durante il discorso Netanyahu ha a lungo criticato l’Iran per il sostegno ad Hamas ed Hezbollah, accusando «il regime di Teheran» di destabilizzare la regione e di aver impedito una coesistenza pacifica tra i paesi del Medio Oriente. Netanyahu ha mostrato due mappe (una delle quali era la stessa che aveva portato all’Assemblea generale di un anno fa) e ha chiesto ai rappresentanti dei paesi di scegliere se schierarsi con Israele o l’Iran, presentandola come una contrapposizione binaria tra «bene e male» e tra un modello di cooperazione economica (Israele, in questa visione) e uno di terrorismo oscurantista (l’Iran).
Prima che Netanyahu parlasse, diverse delegazioni avevano lasciato l’aula fischiandolo. Quando ha poi iniziato il suo intervento – che è durato circa 25 minuti – si sono sentiti applausi da parte di quelle rimaste a sentirlo, ma anche qualche fischio. Netanyahu ha detto che all’inizio non voleva partecipare all’Assemblea dell’ONU perché il suo paese «sta combattendo per la sua esistenza» ma di aver cambiato idea «dopo aver sentito le falsità di molti degli oratori su questo podio». Ha poi escluso un ruolo di Hamas nel futuro di Gaza, dicendo che dovrà essere una «zona demilitarizzata e deradicalizzata».
Durante l’Assemblea il primo ministro della Slovenia, Robert Golob, aveva concluso il suo intervento rivolgendosi direttamente a Netanyahu, che avrebbe parlato poco dopo di lui, chiedendogli di «fermare la guerra ora».
Finora Netanyahu si è sempre rifiutato di accettare proposte di cessate il fuoco sia a Gaza sia in Libano, nonostante le forti pressioni provenienti da diversi paesi, tra cui suoi alleati. Giovedì gli Stati Uniti e altri stati, tra cui la Francia, avevano proposto a Israele ed Hezbollah un accordo per un cessate il fuoco di 21 giorni. Netanyahu aveva rifiutato subito, come ribadito anche dal ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, e durante il discorso non ha citato la proposta.
Per ora Hezbollah non ha risposto alla proposta di cessate il fuoco, ma è molto improbabile che accetti dato che il gruppo ha sempre detto che continuerà a combattere Israele fino al raggiungimento di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, cosa non prevista dalla proposta. Venerdì l’esercito israeliano ha mobilitato due brigate per missioni operative nel nord del paese.
Nonostante la posizione di Netanyahu e del suo governo sembri inequivocabile, gli Stati Uniti continuano a dire che le discussioni sono ancora in corso e potrebbero avere esito positivo. È una situazione simile a quella che da mesi caratterizza le discussioni per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: a ogni nuovo giro di consultazioni gli Stati Uniti si dicono speranzosi, ma finora non è stato possibile raggiungere alcun accordo. Netanyahu ha sempre adottato una retorica ambigua, dicendo una cosa in pubblico e un’altra in privato, e in varie occasioni ha cambiato idea molto velocemente.
Venerdì mattina un centinaio di persone hanno protestato fuori dall’hotel dove alloggiava Netanyahu a New York. Giovedì c’erano già state manifestazioni pacifiche – organizzate da alcuni gruppi di attivisti pro Palestina, tra cui Within Our Lifetime e Jewish Voice for Peace – vicino al Palazzo di Vetro, la sede dell’ONU, e poi nel centro di Manhattan. C’erano stati comunque alcuni scontri con la polizia, e circa 30 persone erano state arrestate. Tra i manifestanti c’era anche Jill Stein, candidata dei Verdi alla presidenza che sta avendo molto successo tra l’elettorato musulmano (ma non ha comunque possibilità di vincere).
Venerdì Israele ha bombardato il Libano per il quinto giorno consecutivo. A partire da lunedì gli attacchi hanno ucciso almeno 700 persone, tra cui giovedì Mohamed Hussein Sarour, uno dei comandanti di Hezbollah. Gli scontri tra Israele ed Hezbollah sono aumentati per frequenza e intensità in seguito agli attacchi di Hamas in territorio israeliano dello scorso 7 ottobre e la conseguente invasione israeliana della Striscia. Si sono poi ulteriormente intensificati dopo la recente operazione di intelligence con cui Israele aveva fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie in possesso di Hezbollah, uccidendo almeno 30 persone.
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