Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato tre hacker iraniani per aver sottratto informazioni riservate alla campagna di Trump

Il procuratore generale Merrick Garland, il 24 settembre
Il procuratore generale Merrick Garland, il 24 settembre (AP Photo/Mark Schiefelbein)

Venerdì il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato tre componenti delle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran, per il loro presunto ruolo nella violazione degli indirizzi email dello staff dell’ex presidente Donald Trump. La settimana scorsa l’FBI aveva detto di aver scoperto che tra giugno e luglio alcuni hacker iraniani avevano rubato informazioni sulla campagna elettorale di Trump. Secondo il procuratore generale Merrick Garland, il tentativo fa parte di una campagna dell’Iran per interferire nelle elezioni di novembre. I tre uomini – Masoud Jalili, Seyyed Ali Aghamiri e Yasar Balaghi – avrebbero cercato di accedere anche ai dispositivi di funzionari ed ex funzionari del governo, di giornalisti e attivisti.

Ad agosto il comitato elettorale di Trump aveva confermato che gli erano state sottratte informazioni riservate da parte di hacker iraniani, ma aveva detto che non erano informazioni sensibili. Gli hacker avrebbero poi mandato email «non richieste» ad alcune persone che lavoravano per la campagna elettorale dei Democratici e a diversi media – tra i quali PoliticoNew York TimesWashington Post – che si erano rifiutati di pubblicare le presunte rivelazioni. Mercoledì sempre il comitato elettorale di Trump aveva riferito che era stato avvisato dai servizi segreti delle minacce di morte da parte dell’Iran, e per questo il Secret Service (l’agenzia governativa che si occupa della sicurezza del presidente, del vice e degli ex presidenti) aveva già aumentato le misure di sicurezza.