Tre cartoline del periodo edoardiano <a href="https://x.com/CatsOfYore/status/1631855928680103938/photo/1">@catsofyore</a> e <a href="https://x.com/hannahrosewoods/status/1232997326890962945/photo/1">Hannah Rose Woods</a>, X)

Le immagini di gatti andavano forte molto prima di internet

Le cartoline che li ritraevano in pose buffe o improbabili erano diffuse già all'inizio del Novecento, anche per trasmettere messaggi politici

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Dal meme di Nyan Cat alle migliaia di profili di animali domestici su Instagram alle immagini “buongiorniste” usate dalle persone di una certa età per farsi gli auguri, negli ultimi trent’anni internet si è riempito di una quantità incalcolabile di immagini di gatti. Molto prima che venissero inventati i social network, però, i gatti erano già stati protagonisti di un’altra tendenza culturale gigantesca: le cartoline.

Nel 1869 l’impero austroungarico si inventò un nuovo formato di corrispondenza che permettesse di abbattere i costi di comunicazione per chi non poteva permettersi – o non sapeva scrivere – intere lettere: le cartoline. Inizialmente avevano la forma di un cartoncino bianco molto essenziale, su cui si trovava da una parte lo spazio per il francobollo, l’indirizzo del destinatario e a volte lo stemma nazionale, dall’altra il messaggio.

Le cartoline per come le conosciamo noi – illustrate completamente da un lato, dall’altro divise in una parte per scrivere il testo e in un’altra per indirizzo e francobollo – cominciarono invece a circolare prima nel Regno Unito a partire dal 1902, per poi diventare uno dei mezzi di comunicazione preferiti della borghesia europea e americana nel ventennio successivo.

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«Le cartoline funzionavano come i social network di oggi» ha spiegato il giornalista della BBC Aidan Walker in un articolo dettagliato che racconta la storia delle cartoline edoardiane, quelle stampate nel primo decennio del Novecento, durante il regno di Edoardo VII. «Più economiche, veloci e convenienti di una lettera, venivano utilizzate per condividere riflessioni casuali, pianificare la logistica su dove e quando incontrarsi, raccontarsi barzellette e, ovviamente, mandarsi foto di gatti».

All’epoca i gatti erano già animali domestici comuni in molti paesi europei: la regina Vittoria, madre di Edoardo VII, li amava molto, così come varie altre celebrità e personaggi aristocratici dell’epoca, e non era inusuale che qualcuno decidesse di farsi fare un ritratto insieme al proprio gatto. Era naturale, quindi, che questi animali diventassero soggetto di un gran numero di cartoline: negli anni successivi, anzi, la tendenza a renderli protagonisti delle cartoline si sarebbe diffusa anche in Francia e negli Stati Uniti.

Alcune di queste erano, semplicemente, foto o illustrazioni che raffiguravano gatti intenti a sorseggiare latte da un piattino, sonnecchiare, giocare tra loro, infilarsi in una scatola. Molte altre, però, avevano un chiaro fine umoristico: i gatti venivano travestiti da esseri umani (con fiocchi, cappelli, giacchette, piccole cravatte), oppure piazzati in situazioni bizzarre e commentati con delle piccole didascalie, simili a quelle che ancora oggi si usano per trasformare una semplice foto di un gatto in un meme. Altre volte, dal loro muso veniva fatto partire un fumetto che diceva cose come: «Perché non mi scrivi?».

Oggi gli storici guardano con particolare attenzione il modo in cui i gatti furono usati per comunicare il sostegno alla lotta per il diritto di voto alle donne. In parte erano le stesse aziende produttrici di cartoline a stampare soggetti che commentassero l’attualità politica, consapevoli del fatto che i loro prodotti venissero utilizzati anche per condividere posizioni e scambiare opinioni con amici e parenti. Ma in larga parte succedeva perché le attiviste stesse stampavano cartoline a buon mercato, rivendendole poi a un prezzo maggiore per raccogliere fondi che finanziassero il movimento.

«I gatti sono stati storicamente associati all’ambiente domestico: dovevano essere passivi, belli, decorativi, pudici», ha detto a BBC la bibliotecaria Heidi Herr, che ha curato una mostra dedicata alla cultura iconografica del movimento per il suffragio universale. «Ma i gatti sono anche predatori, e chiunque ne possieda uno può confermare che gli piace usare gli artigli».

Le suffragiste decisero quindi di adottarli come simbolo per trasmettere il messaggio: un’immagine piuttosto famosa, per esempio, mostra un gatto con un cappello da signora e una zampa appoggiata sopra a un documento che chiede il voto per le donne. In fondo alla cartolina c’è una didascalia: «Un’attivista per i diritti delle donne».

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