Un soldato spagnolo della missione UNIFIL pattuglia la Blue Line in una foto del 2015 (AP Photo/Hussein Malla)

Tra Israele e Libano non esiste un confine

C'è una "linea di demarcazione" creata dall'ONU nel 2000 posizionando dei barili blu, ma da allora è stata più volte violata e contestata

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Quando si parla delle tensioni tra Israele e Hezbollah, la principale milizia libanese, si fa spesso riferimento a quello che avviene lungo il “confine” tra i due paesi. I media (compreso il Post) parlano di “confine” per semplificare e perché è un concetto familiare a tutti: due stati sono separati da una linea riconosciuta ufficialmente dalle due parti.

In realtà tra Israele e Libano non esiste al momento un confine riconosciuto e accettato in maniera pacifica. Esiste dal 2000 una linea di demarcazione, nota come Blue Line, che funge di fatto da confine ma che è oggetto di continue rivendicazioni territoriali, tensioni e anche violazioni, e che è sorvegliata dalla missione dell’ONU UNIFIL, a cui partecipano anche molti soldati italiani.

Le circostanze che portarono alla creazione della Blue Line risalgono al 1978, quando Israele invase il Libano per la prima volta. L’invasione fu una risposta agli attacchi che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), la principale organizzazione armata palestinese, faceva contro il territorio israeliano usando il sud del Libano come base. Nel marzo del 1978, in particolare, alcuni combattenti palestinesi dirottarono due autobus passeggeri a nord di Tel Aviv e uccisero 38 persone, ferendone altre decine. Al tempo si parlò del più grave attacco terroristico della storia di Israele, noto come il “massacro della strada costiera”, dal luogo in cui avvenne.

In risposta l’esercito israeliano entrò in Libano, occupando un’area profonda circa 20 chilometri dal confine, fino al fiume Leonte, con l’intento di allontanare la presenza dell’OLP.

Pochi giorni dopo il Consiglio di sicurezza dell’ONU approvò la risoluzione 425, con cui impose a Israele il ritiro dal territorio libanese. Istituì inoltre la missione United Nations Interim Force In Lebanon (UNIFIL nell’acronimo inglese, mentre in italiano è Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite), a cui parteciparono vari paesi tra cui l’Italia. Il mandato iniziale dell’UNIFIL era di «confermare il ritiro di Israele dal sud del Libano» e di ripristinare pace e sicurezza. La missione è attiva ancora oggi, ma i suoi obiettivi sono cambiati via via che cambiava la situazione sul campo.

Israele si ritirò dal Libano poco dopo la sua prima invasione, ma vi rientrò una seconda volta nel 1982, sempre a seguito di attacchi dell’OLP. L’esercito israeliano rimase in Libano per quasi due decenni, partecipando tra le altre cose alla guerra civile libanese: fu durante questa guerra che, in risposta all’occupazione israeliana, nacque Hezbollah.

Mezzi dell’UNIFIL pattugliano la Blue Line nell’ottobre 2023 (AP Photo/Hassan Ammar)

Israele si ritirò unilateralmente dal Libano nel 2000, ma il governo israeliano non fu in grado di trovare un accordo con il governo libanese su dove tracciare una linea di confine: di solito i confini sono negoziati tra i paesi, che si accordano punto per punto su come separare i rispettivi territori. Ma poiché Israele e Libano non trovarono un accordo intervenne l’ONU, che decise di tracciare una linea di demarcazione provvisoria tra Israele e Libano sulla base della risoluzione 425, quella che aveva imposto il ritiro delle truppe israeliane nel 1978.

Individuarla non fu semplice: per definire il confine tra i due paesi, i cartografi delle Nazioni Unite dovettero basarsi in parte sulla linea di confine risalente al 1923, quando i due territori erano controllati da Francia e Regno Unito; in parte su quello definito dopo l’armistizio tra Libano e Israele del 1949 e in parte sulla linea di dispiegamento dell’esercito israeliano prima dell’invasione del 1978. Il tutto su mappe vecchie e approssimative, che ponevano dubbi interpretativi e lasciavano spazio a rivendicazioni di entrambe le parti.

La Blue Line (Wikimedia)

Per tracciare questo confine provvisorio l’ONU inviò nella regione una squadra di cartografi ed esperti che, con il sostegno delle truppe UNIFIL, individuarono la linea di demarcazione e la marcarono con barili dipinti di blu montati sopra pali alti, per renderli visibili. Quella linea marcata dai barili divenne la Blue Line.

Un’ispezione dei barili che marcano la Blue Line nel 2014 (Pasqual Gorriz/ UN, dal profilo Flickr della missione UNIFIL)

Nelle intenzioni dell’ONU, la Blue Line avrebbe dovuto essere una soluzione temporanea, in attesa che Israele e Libano trovassero un accordo per un confine ufficiale. In realtà, benché i negoziati siano proseguiti negli anni (i rappresentanti dei due governi hanno continuato a parlare fino al 2023), un accordo non è mai stato trovato, e la Blue Line è diventata il confine di fatto tra i due paesi.

I governi di Israele e del Libano non riconoscono la Blue Line come il confine del proprio stato, ma entrambi hanno garantito di rispettare la demarcazione decisa dall’ONU almeno fino a quando non sarà trovato un accordo definitivo sul confine.

Oggi la Blue Line è lunga circa 120 chilometri e corre tra il mar Mediterraneo a ovest e le alture del Golan a est. Nella zona operano le truppe dell’UNIFIL, con il compito di mantenere la sicurezza, pattugliare la Blue Line e fare in modo che non si producano tensioni.

Dalla sua creazione nel 2000 la Blue Line è stata violata più volte: la violazione più grossa è sicuramente quella del 2006, quando Israele invase il Libano del sud, ma ci sono state anche violazioni più piccole e frequenti di entrambe le parti, denunciate sempre dalla controparte. Poiché la Blue Line è delimitata soltanto da sparsi barili blu, inoltre, è piuttosto facile che i pastori la superino senza accorgersene, creando ulteriori problemi. Israele, negli anni, ha costruito dalla sua parte della Blue Line una barriera di reti e muratura, che è stata chiamata “technical fence”, cioè “barriera tecnica”.

– Leggi anche: Il governo vorrebbe dare un ruolo più attivo ai militari italiani in Libano

La presenza della Blue Line inoltre non ha placato le rivendicazioni territoriali. In particolare il Libano contesta l’occupazione israeliana della Fattorie di Sheba, un’ampia area agricola composta da 14 fattorie che Israele occupò e poi annetté nel 1967 e che secondo il Libano farebbero parte del proprio territorio. Per complicare la situazione, l’ONU ritiene che le Fattorie di Sheba facciano invece parte delle alture del Golan, e dunque della vicina Siria, che al momento sono occupate illegalmente da Israele, come tutto il Golan.

Sulla base della risoluzione 1701, approvata dall’ONU dopo l’ultima invasione israeliana del 2006, nel sud del Libano avrebbe la facoltà di operare e maneggiare armi soltanto l’esercito regolare libanese (oltre che l’UNIFIL). In realtà, a causa della debolezza dell’esercito libanese e di un mandato poco chiaro dell’UNIFIL, quel territorio è di fatto controllato da Hezbollah, che lo ha notevolmente militarizzato.

Uno dei barili che marcano la Blue Line nel 2014 (Pasqual Gorriz/ UN, dal profilo Flickr della missione UNIFIL)

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