Il quarto giorno di bombardamenti israeliani in Libano
Negli attacchi sono state uccise almeno 28 persone, 2 nella capitale Beirut: secondo l'esercito fra loro c'è un importante comandante di Hezbollah
Nel pomeriggio e nella serata di giovedì l’esercito israeliano ha attaccato di nuovo Beirut, la capitale del Libano: è il quarto giorno che Israele conduce intensi bombardamenti per colpire il gruppo politico e militare libanese Hezbollah. Ci sono state esplosioni in diverse zone della città: l’esercito israeliano ha confermato l’attacco dicendo che ha ucciso Muhammad Hossein Sarur, comandante dell’unità aerea di Hezbollah: l’uccisione non è ancora stata confermata da Hezbollah. Secondo i media, l’attacco è avvenuto nel quartiere di Dahiya, a sud della capitale, dove Hezbollah ha una forte presenza.
Il ministero della Salute libanese ha detto che l’attacco ha ucciso almeno 2 persone e ne ha ferite 15, di cui una in modo grave. Altre 26 persone sono state uccise dagli attacchi israeliani sul resto del paese, 20 delle quali nella città di Younine, a nord-est. Hezbollah ha sparato una quarantina di razzi verso il nord di Israele: l’esercito ha fatto sapere che alcuni sono stati abbattuti dalla contraerea, altri sono caduti su aree disabitate, senza fare danni.
Nella notte tra mercoledì e giovedì Israele aveva già ripreso a bombardare il Libano, come detto per il quarto giorno consecutivo: l’esercito israeliano aveva detto di aver colpito diverse strutture militari di Hezbollah, nella valle della Beqaa e nel sud del paese. L’esercito israeliano sostiene di attaccare obiettivi militari appartenenti a Hezbollah, ma spesso bombarda zone densamente abitate – come la stessa Dahiya – e gli intensi attacchi in corso da lunedì hanno anche fatto parlare di una possibile invasione di terra da parte di Israele.
Il video dell’attacco che avrebbe ucciso Hossein Sarur diffuso dall’esercito israeliano
Giovedì mattina l’ufficio del primo ministro israeliano ha detto di essere contrario a un cessate il fuoco, in risposta a una richiesta avanzata da alcuni paesi: «Questa è una proposta americano-francese, alla quale il primo ministro non ha nemmeno risposto. […] Il primo ministro ha incaricato l’esercito israeliano di continuare i combattimenti con tutta la forza e secondo i piani presentati», ha detto l’ufficio di Benjamin Netanyahu in un comunicato. Inoltre il ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha minacciato di togliere la fiducia al governo qualora Netanyahu accettasse un cessate il fuoco. Netanyahu ha autorizzato l’attacco di giovedì pomeriggio mentre era in volo per New York, dove è in corso l’Assemblea generale dell’ONU.
La richiesta di un cessate il fuoco era stata firmata da Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, in occasione della riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York. Per i paesi che hanno firmato la richiesta c’è il «rischio inaccettabile di un’escalation» del conflitto in una più ampia parte della regione. Mercoledì il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il generale Herzi Halevi, ha fatto capire piuttosto chiaramente che Israele sta preparando e valutando un’invasione di terra: giovedì pomeriggio il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha incontrato Halevi e gli ha detto che approva il «proseguimento dell’offensiva» contro Hezbollah.
La richiesta proponeva una pausa immediata di 21 giorni con l’obiettivo di dare spazio a incontri diplomatici «per una risoluzione diplomatica» del conflitto e prevedeva che il cessate il fuoco si applicasse alla cosiddetta Linea blu, ovvero la porzione di territorio che segna il confine tra il nord di Israele e il sud del Libano, dove si sono concentrati gli scontri degli ultimi giorni. In un comunicato congiunto, i paesi che avevano sottoscritto la richiesta, avevano definito le ostilità in corso «intollerabili» e invitato «tutte le parti coinvolte, compresi i governi di Israele e Libano, a sostenere immediatamente il cessate il fuoco temporaneo».
Gli scontri tra Israele ed Hezbollah vanno avanti da moltissimo tempo, ma si sono intensificati da quasi un anno, cioè dall’inizio dell’invasione israeliana nella Striscia di Gaza in risposta agli attacchi del gruppo palestinese di Hamas in territorio israeliano dello scorso 7 ottobre. Tuttavia si sono fatti particolarmente duri dopo la recente operazione di intelligence con cui Israele aveva fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie in possesso di Hezbollah, uccidendo almeno 30 persone.
Secondo i dati del governo libanese, ritenuti piuttosto affidabili, da quando è iniziata la campagna di bombardamenti israeliani degli ultimi giorni sul Libano sono state uccise quasi 600 persone, e dallo scorso ottobre circa 1.250. Gli attacchi di Israele degli ultimi tre giorni hanno costretto più di 250mila persone a lasciare le loro case, ha detto giovedì il ministro dell’Ambiente libanese Nasser Yassin, che coordina la risposta alla crisi: circa 77mila sono ospitati nei centri d’emergenza per rifugiati, mentre la maggior parte è ospitata da amici e parenti. Secondo il governo nello stesso periodo 27mila persone hanno lasciato il paese.
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