La vita «ben riempita» di Marcello Mastroianni
Cominciò cento anni fa, e con decine di parti memorabili lo rese l'attore più celebre e riconoscibile della storia del cinema italiano
A Fontana Liri, in provincia di Frosinone, cent’anni fa nacque quello che sarebbe diventato il più famoso, importante e premiato attore della storia italiana, Marcello Mastroianni (spiegò lui stesso di essere nato il 26, ma registrato il 28 settembre). Morto per un tumore al pancreas nel 1996, nei suoi quasi cinquant’anni di carriera Mastroianni recitò in oltre centoquaranta film, diventando il volto maschile più riconoscibile del cinema italiano in un periodo in cui era considerato forse il migliore al mondo. Ebbe proficue e affiatate collaborazioni con i registi più apprezzati dell’epoca: Pietro Germi, Ettore Scola, Mario Monicelli ma soprattutto Federico Fellini, che lo volle come protagonista dei suoi film più celebri, La dolce vita (1960) e 8½ (1963).
Fu candidato per tre volte all’Oscar al migliore attore, vinse due Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes, due Coppe Volpi per il migliore attore al Festival del cinema di Venezia, otto David di Donatello e decine di altri premi per la sua recitazione. Come disse lui stesso in una delle sue ultime interviste, «l’ho ben riempita, la mia vita. Mi posso accontentare. Insisto: sono fortunato».
Figlio di un falegname e di un’ex impiegata della Banca d’Italia, Mastroianni si trasferì nel quartiere di San Giovanni a Roma nel 1933. Già da piccolo lavorò come comparsa in vari film, tra cui I bambini ci guardano (1943) di Vittorio De Sica, allora già un regista di riconosciuto talento. Dopo aver ottenuto un diploma di perito edile, durante la Seconda guerra mondiale lavorò come disegnatore tecnico per l’Istituto geografico militare italiano. Lo lasciò, scappando, dopo che l’Istituto fu assorbito da un’ente di costruzioni che faceva capo al governo della Germania nazista, dopo la resa del regno d’Italia alle forze alleate ottenuta con l’Armistizio di Cassibile.
Tornato a Roma studiò recitazione, ottenendo alcune piccole parti nel teatro e nel cinema. I primi ruoli da protagonista li ottenne dopo essere stato notato dal regista Luchino Visconti, oggi considerato uno dei padri del neorealismo italiano. Avrebbe lavorato instancabilmente per il resto della sua vita, comparendo in vari film o produzioni teatrali ogni anno: dopo un periodo da attore di commedie, mostrò di spiccare anche nei ruoli drammatici.
I primi film a renderlo davvero famoso furono Le notti bianche (1957) di Luchino Visconti e soprattutto I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, in cui recitò con Vittorio Gassman, Totò e Claudia Cardinale: con quest’ultima prima, e con Sophia Loren poi, avrebbe continuato a lavorare moltissimo, anche grazie all’innegabile chimica che si creava quando recitavano insieme, resa celebre in particolare da Ieri, oggi, domani (1963) e poi da Matrimonio all’italiana (1964). In quegli anni fu anche protagonista di Divorzio all’italiana (1961) con Stefania Sandrelli, La notte (1961) di Michelangelo Antonioni, con Jeanne Moreau e Monica Vitti, e il futuristico La decima vittima (1965) di Elio Petri, i film che, oltre a quelli di Fellini, contribuirono maggiormente alla sua fama di attore simbolo del cinema italiano degli anni Sessanta.
Film come La grande abbuffata (1973) di Marco Ferreri, Todo modo (1976) di Elio Petri, Ciao maschio (1978) di Ferreri e La terrazza (1980) di Ettore Scola accrebbero il suo status di attore versatile e di grande spessore, adatto sia al cinema per il pubblico più largo sia per quello più intellettuale, e a partire dagli anni Settanta e soprattutto nel decennio successivo fu scelto per ruoli di rilievo nei film di alcuni dei registi internazionali più eclettici del periodo, come Roman Polanski, Agnès Varda, Robert Altman, Wim Wenders e Theo Angelopoulos.
La sua assiduità nell’accettare parti continuò anche negli anni Ottanta e Novanta, sia con Fellini – La città delle donne (1980), Ginger e Fred (1986) – sia con Scola – Splendor e Che ora è, entrambi del 1989, entrambi al fianco di Massimo Troisi – e infine, tra i molti, con Sostiene Pereira (1995) di Roberto Faenza.
Uomo bellissimo e carismatico, nonostante l’aria malinconica e talvolta solitaria, Mastroianni passò molti anni a difendersi dall’idea che fosse un inguaribile “latin lover” o un sex symbol, circolata a livello internazionale per via delle sue interpretazioni eccezionali in film come La dolce vita. Si sposò una sola volta, con l’attrice Flora Carabella, da cui si sarebbe poi separato senza mai divorziare, ma ebbe alcune relazioni intense e raccontatissime con altre dive del cinema: prima la statunitense Faye Dunaway, conosciuta sul set di Amanti (1968); poi la francese Catherine Deneuve, con cui ebbe anche una figlia; e infine con la regista Anna Maria Tatò, con cui convisse fino alla morte.