Cosa cerca chi cerca coi metal detector
Lo si fa soprattutto come hobby e non per arricchirsi, o come sport, ma può anche aiutare le indagini della polizia
Soprattutto nelle serate estive, soprattutto sulle spiagge, può succedere di vedere uomini o donne camminare sulla sabbia perlustrando il terreno con un metal detector. Ogni tanto lo strumento, composto da un lungo manico con un display a una estremità e un disco all’altra, emette un suono: a quel punto chi lo usa muove un po’ la sabbia e il più delle volte tira su un oggetto. Quasi sempre si tratta di qualche scarto di metallo, altre volte il risultato è più interessante, come una moneta o un piccolo gioiello.
Il metal detecting è un hobby piuttosto diffuso, in Italia e altrove: non viene praticato solo in spiaggia, ma anche nei boschi, nei campi e nei parchi cittadini. Può avere fini diversi: puro intrattenimento, ricerca di oggetti perduti, o ambizione di trovare reperti bellici e storici. Negli ultimi tempi si è sviluppata anche una variante “sportiva”, con competizioni per ritrovare oggetti nascosti appositamente. È un hobby regolamentato dalla legge, che negli anni è stato oggetto di discussioni e polemiche: tutti gli oggetti trovati dovrebbero essere consegnati alle autorità, non solo quelli con un valore storico. Non accade sempre.
Non è possibile avere una valutazione certa di quanti siano in Italia i “detectoristi”, come si definiscono gli appassionati. Vengono stimati in 10-15 mila, in aumento grazie anche alla popolarità di alcuni programmi televisivi. La diffusione dell’hobby è comunque testimoniata dalla presenza di numerose associazioni che in varie regioni raccolgono chi lo pratica, nonché da un mercato piuttosto florido degli strumenti necessari, sia nuovi che usati.
Luciano Diletti è il presidente di una di queste, la “SOS Metal Detector nazionale”, una delle più attive nel promuovere un uso virtuoso degli strumenti e negli sforzi per cambiare l’immagine pubblica di chi li usa: «In passato le leggi sull’uso dei metal detector erano più blande, 30 o 40 anni fa chi li usava andava dappertutto e l’immagine pubblica è finita con l’essere avvicinata a quella dei tombaroli». I “tombaroli” sono persone che scavano senza autorizzazione nelle tombe antiche o in altri siti archeologici per poi rivendere manufatti e oggetti di valore: i metal detector sono stati utilizzati anche per questi scopi.
I metal detector funzionano creando un campo magnetico alternato che ottiene un segnale di risposta quando incontra un metallo: questo può essere tradotto in un segnale sonoro o in una scritta su un display. I modelli attuali permettono di distinguere i vari tipi di metallo con codici differenti sul mini-schermo, o anche di escludere particolari metalli dalla ricerca. Possono essere più o meno precisi nell’individuare la zona in cui il metallo è presente e più o meno sensibili durante le operazioni che vengono definite di “spazzolatura”, ossia di ricerca con movimenti oscillatori dello strumento.
L’uso dei metal detector, o “cercametalli”, in Italia è regolamentato da una legge del 2004: sono liberi acquisto, vendita e utilizzo, ma quest’ultimo è vietato all’interno di zone di interesse culturale, paesaggistico e artistico, nonché nei terreni di proprietà privata. Non ci si può avvicinare a più di 500 metri a siti storici, chiese e luoghi sotto vincolo archeologico. Dal 2022 chi viene trovato in possesso di un metal detector in quelle aree, anche se non lo sta usando, può essere multato. Per avere la certezza delle zone in cui è legale utilizzarli, bisogna consultare il Piano Paesaggistico Regionale (PPR). Le ricerche possono comunque essere effettuate solo a livello superficiale, senza smuovere il terreno per più di 35-40 centimetri di profondità. Ogni oggetto di possibile interesse storico rinvenuto in modo fortuito deve essere denunciato entro 24 ore al comune o alla soprintendenza.
Diletti sostiene che non sia una cosa che succede spesso: «Nonostante quello che si vede in televisione, trovare oggetti storici o di valore non è così comune. E a quella profondità ridotta quasi sempre si tratta di cose usurate da tempo, in pessime condizioni». Ci sono però associazioni che hanno come obiettivo principale la ricerca di reperti dal passato, con slogan come “La storia nelle vostre mani”, e pagine Facebook in cui si pubblicano e confrontano i ritrovamenti più o meno storici, seppur con premesse degli organizzatori che ricordano le normative sulla restituzione.
L’obbligo di legge di restituire qualsiasi oggetto trovato, e di qualsiasi valore, viene seguito raramente. In teoria quando non è possibile identificarne il proprietario – cioè quasi sempre – è previsto che gli oggetti vengano consegnati agli uffici del Comune dove sono stati trovati. È una pratica che in ogni caso metterebbe in crisi anche le stesse amministrazioni, che si ritroverebbero a gestire un numero cospicuo di oggetti senza proprietario e senza sapere che farne, spesso di valore limitato.
Alcune delle associazioni forniscono un servizio “su richiesta”: chi smarrisce un oggetto a cui è particolarmente legato (spesso si tratta di fedi nuziali, o piccoli gioielli di valore affettivo) può chiamare numeri dedicati e contare sul lavoro di volontari con il metal detector per cercarli in modo approfondito. Quando vengono trovati sono consegnati ai proprietari, che a volte fanno una donazione per riconoscenza: queste storie che si risolvono in modo positivo sono quelle che hanno maggiore risonanza, perché vengono spesso raccontate su siti e pagine social delle associazioni, ma anche nei telegiornali locali.
SOS Metal Detector è particolarmente impegnata nella promozione delle funzioni sociali di quest’hobby: alla ricerca di oggetti scomparsi affianca varie collaborazioni. Diletti racconta che l’intervento dei suoi associati viene richiesto da Polizia e Carabinieri, soprattutto in Lombardia e Sardegna, non solo per «cercare armi, ma anche la droga nascosta nei parchi, che è spesso incartata con fogli di alluminio o in vasetti con coperchi metallici», e che l’associazione lavora anche con Penelope, che riunisce parenti e amici della persone scomparse (fu fondata da Gildo Claps, fratello di Elisa Claps), con la Confederazione Italiana Archeologi e persino con l’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) alla ricerca di meteoriti.
Volontari muniti di metal detector collaborano spesso alle indagini nei casi di cronaca nera: è successo recentemente per l’omicidio di Sharon Verzeni a Terno d’Isola, quando il “Museo Recuperanti” di Toscolano Maderno (in provincia di Brescia) ha lavorato con la polizia nella ricerca di una possibile arma del delitto.
Altri appassionati sottolineano un’ulteriore applicazione virtuosa della pratica dello “spazzolare”: durante le ricerche vengono raccolti molti rifiuti (metallici e di altro tipo), che spesso i detectoristi provvedono a smaltire. I rifiuti in metallo possono essere messi insieme dai vari soci e poi venduti “a peso”, contribuendo a finanziare le associazioni, che altrimenti funzionano con la sottoscrizione di quote e con le sponsorizzazioni di distributori e rivenditori di metal detector.
Si sono poi diffuse competizioni “sportive” di metal detecting. Su terreni abbastanza ampi viene nascosto un certo numero di gettoni o oggetti metallici, che i partecipanti alla gara devono trovare: a volte vince chi trova più oggetti in un tempo determinato, a volte ai gettoni vengono accoppiati dei premi ad estrazione. Alcuni appassionati lo definiscono una pratica non così diversa dal trekking e dall’orienteering, anche se sembra ancora lontano dal diventare uno sport più codificato.