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  • Mercoledì 25 settembre 2024

In Messico è stata approvata la riforma della Guardia Nazionale

Il corpo di polizia che il presidente Obrador creò nel 2019 per contrastare i narcotrafficanti passerà sotto il controllo dell’esercito, e secondo le opposizioni militarizzerà ulteriormente il paese

La marcia della Guardia Nazionale a Città del Messico, 16 settembre 2024 (AP Photo/Felix Marquez)
La marcia della Guardia Nazionale a Città del Messico, 16 settembre 2024 (AP Photo/Felix Marquez)

Mercoledì il Senato del Messico ha approvato in via definitiva una contestata riforma della Guardia Nazionale, il corpo di polizia che il presidente Andrés Manuel López Obrador creò nel 2019 con il compito di contrastare i narcos e mantenere la pace sul territorio.

Il punto più contestato della riforma, che era già stata approvata in prima lettura alla Camera, è quello che prevede di porre la Guardia Nazionale sotto il controllo del ministero della Difesa, e quindi dell’esercito. Non è solo una questione operativa: prevede anche di riformulare alcuni articoli della Costituzione abolendo il divieto di assegnare compiti non militari all’esercito al di fuori di un periodo di guerra.

In pratica, consentirà alle forze armate di condurre operazioni di polizia o di sostituirsi a funzionari civili su richiesta del parlamento o del presidente. «È un passo gigantesco verso la militarizzazione del paese», ha scritto l’ex giudice della Corte Suprema José Ramón Cossío. È un parere diffuso anche tra i partiti di opposizione, secondo cui la riforma attribuirà un potere eccessivo all’esercito. Lo scorso anno, una sentenza della stessa Corte Suprema aveva peraltro stabilito l’incostituzionalità del trasferimento del controllo della Guardia Nazionale al ministero della Difesa.

Il mandato di AMLO (così viene chiamato il presidente messicano, con un acronimo del suo nome completo) finirà il 30 settembre. Nell’ultima fase del suo incarico si è concentrato sul far approvare alcune contestate riforme che, tra le altre cose, rischiano di ridurre l’indipendenza dei magistrati e di depotenziare le agenzie che vigilano sull’operato del governo. Dall’1 ottobre il suo posto sarà preso da Claudia Sheinbaum, la presidente eletta a giugno che fa parte dello stesso partito di López Obrador (Morena). Anche se López Obrador non sarà più presidente, è praticamente certo che Sheinbaum porterà avanti le sue politiche e sosterrà le sue riforme.

Dopo le elezioni di giugno lo schieramento presidenziale ha ottenuto la maggioranza sia alla Camera e al Senato – dove, controllando due terzi dei seggi, può modificare la Costituzione – sia in 27 dei 32 parlamenti statali, a cui spetta l’approvazione definitiva delle leggi. Sfruttando questa situazione particolarmente favorevole, negli ultimi mesi López Obrador era già riuscito a far approvare la riforma che ha reso elettive, e quindi maggiormente controllabili dal governo, le cariche dei giudici federali e della Corte Suprema. I sindacati e le associazioni di categoria, così come alcuni esperti di diritto, ritengono che il passaggio a un sistema elettivo – in cui i giudici devono candidarsi e fare campagna elettorale, in un paese con gravi problemi di corruzione – potrebbe avere l’effetto di politicizzare la magistratura e renderla più dipendente dal governo.