Gli arresti in Svizzera per il primo caso di morte assistita ottenuta con “Sarco”
È un sarcofago in cui si può morire per ipossia da azoto, molto contestato e discusso anche da chi chiede più libertà sul fine vita
Martedì, nel nord della Svizzera, diverse persone sono state arrestate per un caso di morte assistita fatta utilizzando Sarco, un discusso macchinario a forma di sarcofago che permette di morire per ipossia, cioè carenza di ossigeno, inalando azoto puro, premendo un bottone dopo essersi rinchiusi al suo interno.
È il primo caso noto in cui qualcuno si uccide attraverso questo macchinario, che è stato inventato pochi anni fa nei Paesi Bassi: benché sia discusso da mesi, il suo utilizzo non è legale in Svizzera, paese che garantisce una discreta libertà di scelta sul cosiddetto “fine vita”, cioè il periodo che precede la morte.
Le autorità svizzere hanno dato poche informazioni sulla vicenda: la polizia ha detto che la morte è avvenuta in un bosco vicino a Merishausen, nel cantone settentrionale di Schaffhausen, e che «diverse persone» sono state arrestate, senza dare dettagli né sull’identità della persona morta né su quella delle persone arrestate, accusate di istigazione e aiuto al suicidio.
La storia è con tutta probabilità quella raccontata lunedì stesso dal giornale dei Paesi Bassi Volkskrant, di una donna statunitense di 64 anni affetta da una malattia grave che sarebbe andata in Svizzera proprio per morire utilizzando Sarco. Il giornale ha fatto sapere che tra le persone arrestate c’è un suo fotografo, che era nel bosco per scattare alcune foto della morte della donna. Sempre secondo Volkskrant, con lei c’era anche Florian Willet, direttore dell’organizzazione svizzera The Last Resort, che si occupa di suicidio assistito ed è nata l’anno scorso proprio per permettere alle persone di morire utilizzando Sarco.
La morte attraverso Sarco della 64enne statunitense è stata commentata anche da Exit International, altra organizzazione che si occupa da tempo di fine vita e il cui direttore, il medico australiano Philip Nitschke, è uno dei principali promotori del macchinario: Nitschke ha seguito in diretta la morte della donna dalla Germania, e l’ha commentata dicendosi «soddisfatto del fatto che Sarco abbia funzionato esattamente per come era stato progettato… per garantire una morte elettiva, non farmacologica e pacifica nel momento scelto dalla persona che lo utilizza».
La Svizzera è una destinazione scelta da molte persone, anche italiane, che vogliono ricorrere a morte assistita ma non possono farlo nel loro paese. Lì è legale aiutare qualcuno a morire, ma solo in alcune precise circostanze, tra cui che la persona compia l’atto del suicidio in maniera totalmente autonoma e che l’aiuto fornito perché questo accada non sia guidato da alcun interesse «egoistico».
In Svizzera non è comunque permessa l’eutanasia (la pratica con cui, a differenza della morte assistita, il farmaco letale viene somministrato dal personale medico anziché in maniera autonoma dallo stesso paziente), e in generale la stessa morte assistita è considerata una procedura medica, con farmaci specifici somministrati da personale medico specializzato, e dopo una serie di verifiche.
Sarco è concettualmente pensato per essere una cosa molto diversa: è un macchinario che può essere stampato in 3D, raccontato e presentato anche come un oggetto di design, che può essere trasportato con ruote e utilizzato in ogni luogo, e che in generale è stato pensato proprio per «de-medicalizzare» la morte, sottraendola al controllo del personale medico e lasciando a chi vuole morire la completa autonomia di uccidersi senza passare per visite e controlli.
In un’intervista di qualche anno fa al giornale svizzero Swissinfo, Nitschke aveva detto di voler sviluppare anche un sistema di screening fatto con l’intelligenza artificiale per sostituire i colloqui del paziente col personale medico, per sviluppare un «test online» che permetta alla persona che vuole morire di ottenere autonomamente un codice con cui poter accedere a un macchinario Sarco.
Più in generale, Nitschke si dice da tempo favorevole alla morte assistita col metodo dell’ipossia da azoto, a suo dire più semplice e meno complicato da effettuare di quello che richiede farmaci come il tiopentone sodico, il barbiturico utilizzato per la morte assistita.
In generale Nitschke ha posizioni piuttosto discusse ed è stato più volte soprannominato dalla stampa “dottor Morte”. L’utilizzo di Sarco è contestato anche da diverse organizzazioni che si occupano di libertà di scelta sul fine vita, secondo cui morte assistita ed eutanasia devono essere considerate e regolamentate come pratiche mediche, e integrate per questo nei servizi sanitari nazionali.
In Svizzera l’utilizzo di Sarco non è permesso proprio per questi motivi. Negli ultimi mesi la possibilità di una sua legalizzazione era stata discussa più volte, senza che il governo e le autorità prendessero posizioni chiare. Diverse procure svizzere si erano comunque espresse al riguardo, sostenendo che un eventuale utilizzo del macchinario avrebbe portato a conseguenze penali. Queste posizioni sono state confermate anche lunedì dalla ministra della Salute svizzera Elisabeth Baume-Schneider, che ha detto che Sarco non è considerato un prodotto sicuro e che l’utilizzo dell’azoto per morire non è compatibile con le leggi in vigore nel paese.
Ci sono anche dubbi sul fatto che la morte per ipossia da azoto permetta effettivamente di morire senza soffrire, come accade col tiopentone sodico: a inizio gennaio in Alabama, negli Stati Uniti, è stata eseguita la prima condanna a morte con questo metodo, e secondo alcuni giornalisti presenti il condannato, il detenuto Kenneth Eugene Smith, si sarebbe agitato e contorto prima di morire. Commentando la morte della donna statunitense in Svizzera, Nitschke ha detto al giornale Volkskrant che sono state viste «piccole contrazioni dei muscoli delle braccia, ma probabilmente aveva già perso i sensi».
– Leggi anche: La prima condanna a morte con l’ipossia da azoto al mondo
Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.