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  • Martedì 24 settembre 2024

Israele ha di nuovo bombardato Beirut

E ha detto di aver colpito obiettivi militari di Hezbollah in tutto il Libano: le persone uccise sono più di 500, oltre a migliaia di sfollati

Un edificio distrutto durante l'attacco israeliano sulla città di Beirut, 24 settembre 2024 (AP Photo/Hassan Ammar)
Un edificio distrutto durante l'attacco israeliano sulla città di Beirut, 24 settembre 2024 (AP Photo/Hassan Ammar)
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Martedì pomeriggio l’esercito israeliano ha lanciato un nuovo attacco aereo contro un quartiere residenziale nel sud di Beirut, in Libano. Secondo il ministero della Salute libanese nell’attacco 6 persone sono state uccise e 15 sono state ferite. Qualche ora dopo Israele ha confermato che l’obiettivo dell’operazione era l’uccisione di Ibrahim Qubaisi, un comandante del gruppo politico e militare libanese Hezbollah, di cui era responsabile del sistema missilistico. Stando alle dichiarazioni dell’esercito Qubaisi è stato ucciso mentre si trovava in un appartamento del palazzo colpito insieme ad altri funzionari di alto rango dell’organizzazione. Venerdì scorso Israele aveva colpito un grosso edificio residenziale nella stessa zona della città, uccidendo più di 30 persone e ferendone a decine.

È il secondo giorno consecutivo di intensi bombardamenti israeliani sul sud del Libano e sulla valle della Beqaa. Negli ultimi due giorni l’esercito israeliano ha detto di avere colpito diversi depositi di armi ed edifici che Hezbollah (che è alleata dell’Iran e di Hamas) usava per lanciare razzi contro Israele. In totale, l’esercito sostiene di aver lanciato 1600 attacchi contro obiettivi militari legati a Hezbollah in Libano, e martedì sera ha detto di aver avviato un’ulteriore serie di bombardamenti. In questi due giorni di attacchi 558 persone sono state uccise, secondo il conteggio del ministero della Salute libanese, di cui almeno 50 bambini, e nelle ultime 24 ore decine di migliaia di libanesi sono stati costretti a lasciare le proprie case per cercare rifugio. È l’attacco israeliano in territorio libanese più violento dall’ultima guerra tra i due paesi, nel 2006.

Anche Hezbollah ha continuato ad attaccare Israele come aveva fatto anche ieri e, in modo meno frequente, negli ultimi mesi. L’esercito israeliano ha detto che martedì mattina il gruppo libanese ha lanciato 100 razzi verso il proprio territorio: la maggior parte è stata intercettata da Iron Dome, il sistema di difesa israeliano, ma questa mattina una scheggia ha colpito e ferito una persona della città di confine di Kiryat Shmona. Hezbollah ha detto di aver lanciato i propri attacchi contro la città israeliana di Haifa, a una trentina di chilometri dal confine, e contro una serie di obiettivi militari in Israele, compresa una fabbrica di esplosivi a poco più di 60 chilometri dal confine.

Anche oggi l’esercito israeliano ha rinnovato l’ordine di evacuazione per i cittadini libanesi. Il portavoce arabofono dell’esercito Avichay Adraee aveva scritto stamattina che gli attacchi sarebbero proseguiti e che le persone che si trovavano vicino ai luoghi in cui Hezbollah conserva le armi avrebbero dovuto «allontanarsi di almeno un chilometro o uscire dal comune». «Chiunque sia nelle vicinanze di membri di Hezbollah si sta mettendo a rischio», aveva aggiunto Adraee. Poco prima di avviare gli attacchi di lunedì, Israele aveva inviato degli avvisi simili sui telefonini di migliaia di cittadini libanesi, esortandoli ad andarsene. Il ministro dell’Informazione del Libano Ziad Makary aveva definito gli avvisi uno strumento nella «guerra psicologica» condotta da Israele.

Lo scontro tra Hezbollah e Israele è in corso dall’inizio dell’invasione israeliana nella Striscia di Gaza, cominciata dopo gli attacchi di Hamas in Israele dello scorso 7 ottobre. I bombardamenti israeliani però hanno raggiunto un nuovo livello di intensità negli ultimi giorni, dopo che Israele aveva fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie in possesso di Hezbollah, uccidendo almeno 30 persone.

Lunedì mattina Israele aveva iniziato a bombardare massicciamente diverse zone del Libano, soprattutto il sud, dicendo di voler colpire l’organizzazione libanese: negli attacchi sono state uccise quasi 500 persone in un solo giorno (il conteggio dei morti ha poi superato i 500 entro la fine della mattinata di martedì). «Sfortunatamente vediamo che la stragrande maggior parte dei caduti negli attacchi di ieri» ha detto il ministro della salute libanese Firass Abiad, riferendosi a lunedì «sono persone innocue e disarmate che stavano nelle loro case».

L’Organizzazione mondiale della sanità ha detto che lunedì 4 membri del personale sanitario sono stati uccisi in «almeno tre attacchi» sulle strutture sanitarie, già appesantite dall’arrivo dei centinaia di feriti dell’operazione con cui Israele ha fatto esplodere i dispositivi elettronici.

Già da lunedì migliaia di libanesi avevano cominciato a lasciare le proprie case nel sud per spostarsi più a nord, in cerca di posti più sicuri dove stare. Tra lunedì e martedì il traffico da Beirut in direzione Sidone, una città costiera nel Libano centrale, ha causato lunghe code. «Abbiamo visto il panico, il caos. Le persone hanno cominciato a salire su qualsiasi mezzo trovassero per uscire da Beirut», ha scritto una corrispondente in Libano di Al Jazeera Zeina Khodr. Nella capitale e in altre parti del paese le scuole sono state trasformate in rifugi per i civili sfollati.

All’aeroporto internazionale di Beirut i voli stanno subendo delle variazioni: molte compagnie hanno annunciato che sospenderanno il servizio e decine di voli in entrata e uscita sono stati cancellati.

Martedì il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha tenuto un discorso di fronte all’assemblea generale, e ha detto: «I libanesi, gli israeliani e tutti i cittadini del mondo non possono permettere che il Libano diventi una nuova Gaza». Gli Stati Uniti invece hanno detto in mattinata che avrebbero inviato propri soldati nella regione, in aggiunta ai 40mila già di stanza. All’assemblea generale dell’ONU il presidente statunitense Joe Biden ha detto che «una guerra su vasta scala non è negli interessi di nessuno» e che nonostante la recente escalation è ancora possibile trovare una soluzione diplomatica al conflitto.