Operai scavano nel luogo di un bombardamento israeliano a Beirut, il 23 settembre (AP Photo/Hassan Ammar)

Perché Israele ed Hezbollah non vogliono ancora chiamarla «guerra»

Finora hanno trovato diversi escamotage per definire quello che sta succedendo in Libano in altri modi: c'entrano ragioni politiche

Caricamento player

Negli ultimi giorni il livello dello scontro tra Israele e il gruppo libanese Hezbollah è aumentato come non si vedeva da anni, soprattutto per iniziativa israeliana. Dapprima, il 17 settembre, Israele aveva fatto esplodere migliaia di cercapersone e altri apparecchi di comunicazione in dotazione a membri di Hezbollah. Poi aveva iniziato a bombardare in Libano, in maniera sempre più intensa: solo negli ultimi due giorni sono state uccise più di 500 persone, ci sono migliaia di feriti e moltissimi civili sono stati costretti a lasciare le proprie case spostandosi verso nord. Hezbollah ha risposto bombardando in più di un’occasione in profondità in territorio israeliano, provocando danni assai inferiori e nessun morto.

Sotto molti punti di vista quelli che stanno avvenendo tra Israele e Hezbollah sono già atti di guerra. Come ha detto ad Associated Press Andreas Krieg, analista militare del King’s College di Londra, «se nell’estate del 2023 qualcuno avesse detto a me o ad altri analisti che Hezbollah stava colpendo basi israeliane in Israele e che Israele stava colpendo il sud del Libano e la parte meridionale di Beirut, avrei detto: ok, questa è guerra aperta». Eppure in questi giorni quasi nessuno, né i media né le parti coinvolte, parla esplicitamente di guerra, per ragioni principalmente politiche.

Mentre dopo l’attacco di Hamas contro i civili israeliani del 7 ottobre 2023 Israele aveva dichiarato formalmente guerra al gruppo palestinese, almeno per ora non sta facendo lo stesso con Hezbollah, e la sua leadership sta prestando molta attenzione all’uso della parola “guerra”, che viene quasi sempre pronunciata in maniera un po’ ambigua.

Un bombardamento nella cittadina libanese di Marjayoun, nel sud del Libano, il 23 settembre (AP Photo/Hussein Malla)

Negli scorsi giorni per esempio il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha detto che Israele è entrato in una nuova fase della guerra, ma l’ha presentata come un’estensione della guerra a Gaza e come un’operazione per mettere in sicurezza la parte settentrionale di Israele. In un discorso tenuto la scorsa settimana, anche il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha usato la parola “guerra”, ma l’ha fatto per accusare Israele di aggressione, scaricare sull’esercito israeliano la responsabilità delle violenze e denunciare gli attacchi israeliani come una «dichiarazione di guerra».

Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, parlando martedì all’Assemblea generale dell’ONU, ha detto che «una guerra aperta non è nell’interesse di nessuno», facendo capire che non considera i bombardamenti attuali come una “guerra”.

Questo avviene anzitutto perché non esiste una definizione riconosciuta e universale di cosa sia guerra: anche il diritto internazionale, che pure nasce principalmente con il compito di regolare la guerra, non ne ha una definizione univoca (sebbene ne definisca varie tipologie). Questo fa sì che molto spesso a fare la differenza sia il contesto, o le esigenze politiche: per esempio, quando la Russia ha invaso l’Ucraina ha parlato di una «operazione militare speciale» per ragioni soprattutto di propaganda.

Nel caso di Israele e Hezbollah tutte le parti evitano di ammettere di essere in guerra tra loro perché sperano di poter raggiungere i propri obiettivi senza dover ricorrere a soluzioni ancora più drastiche, e soprattutto senza essere accusati di averlo fatto. In questo momento né Israele né Hezbollah vogliono essere accusati di aver cominciato una guerra che potrebbe avere conseguenze distruttive in tutta la regione.

Operai scavano nel luogo di un bombardamento israeliano a Beirut, il 21 settembre (AP Photo/Bilal Hussein)

I media attualmente evitano di utilizzare la parola “guerra” un po’ per adeguarsi al modo in cui la situazione viene definita da tutte le parti, e un po’ perché sanno che gli scontri attuali hanno ancora possibilità di espandersi ulteriormente. Le cose cambierebbero se Israele decidesse – come alcuni temono – di invadere il Libano via terra, come fece l’ultima volta nel 2006: allora sarebbe praticamente inevitabile parlare di guerra.

– Leggi anche: Tutte le volte che Israele ha invaso il Libano

Un’eventuale guerra di terra tra Israele e Hezbollah avrebbe conseguenze enormi per il Libano, per Israele e probabilmente per tutta la regione. Questo anzitutto perché Hezbollah ha una potenza militare molto superiore a quella di Hamas. Hezbollah è tra le altre cose uno dei gruppi armati più potenti del Medio Oriente, i suoi mezzi militari sono notevolmente superiori a quelli di Hamas e i suoi legami con l’Iran – che finanzia e influenza il gruppo – ancora più solidi e duraturi. Questo significa un aumento delle possibilità di un intervento quanto meno indiretto del regime iraniano in caso di guerra aperta fra Hezbollah e Israele.

Secondo le stime più accreditate Hezbollah dispone di 150 mila tra razzi e missili in grado di raggiungere Israele, e ha un esercito di 30 mila soldati, molti dei quali veterani della guerra civile siriana. Si ritiene tuttavia che parte di questo arsenale sia stato distrutto dai recenti bombardamenti israeliani.

– Leggi anche: Una guerra tra Israele e Hezbollah sarebbe una cosa diversa

Continua sul Post