In Emilia-Romagna sono rimaste 600 persone sfollate
Sono soprattutto abitanti di Traversara di Bagnacavallo, dove sono stati avviati lavori per sistemare gli argini del fiume Lamone e contenere l’acqua
Tra domenica e lunedì molte persone che erano state evacuate a causa degli allagamenti in Emilia-Romagna sono tornate nelle loro case, ora al riparo dall’acqua defluita dopo il miglioramento delle condizioni meteorologiche. Secondo i dati diffusi dalla Regione, sono circa 600 le persone ancora sfollate contro le circa 2.000 segnalate alla fine della settimana scorsa. La maggior parte degli sfollati sono abitanti di Traversara, la frazione di Bagnacavallo dove nella notte tra mercoledì e giovedì scorso era crollato l’argine del fiume Lamone, portando nelle strade una grande quantità d’acqua che aveva allagato il piano terra di molte case.
Molti sfollati di Traversara sono stati portati nel centro di accoglienza di Lugo, un comune a circa 6 chilometri di distanza. In due giorni l’amministrazione ha allestito tre diversi centri di accoglienza: prima al Pala Sabin, poi al Pala Lumagni e infine nella scuola media Francesco Baracca. Gli ospiti sono poi stati trasferiti in altre strutture a causa dei continui cambiamenti nelle previsioni e nello stato dei fiumi e degli argini. Molte persone hanno poi trovato altre sistemazioni oppure sono tornate nelle loro case, dopo aver ricevuto l’autorizzazione dalla Protezione civile impegnata a gestire l’emergenza.
Negli ultimi due giorni i lavori per il ripristino degli argini e delle strade danneggiate dall’acqua sono andati avanti anche di notte, grazie alle torri faro che illuminano i cantieri. A Traversara è stata realizzata una nuova protezione dell’argine, tecnicamente chiamata “coronella”, che ha interrotto l’uscita dell’acqua dal punto di rottura del fiume Lamone. In tutta la regione sono stati aperti dieci cantieri urgenti, con un investimento di 23 milioni di euro: 14,3 milioni in provincia di Ravenna, un milione nella zona di Forlì e Cesena, 8 milioni di euro in provincia di Bologna. Sono state trovate 9.000 tonnellate di massi, posizionati a protezione degli argini nei punti più a rischio.
Oltre a Bagnacavallo, una delle zone dove sono stati commissionati più interventi è l’area di Faenza, comune già colpito dalle alluvioni del maggio 2023. Tra mercoledì e giovedì le forti piogge hanno riempito il torrente Marzeno, che è traboccato oltre le sponde nel punto in cui confluisce nel Lamone. L’acqua si è riversata nelle strade, in particolare quelle del quartiere Borgo Durbecco: i piani seminterrati sono stati inondati, le porte divelte e i mobili e gli oggetti danneggiati. Molti abitanti avevano appena finito di ristrutturare case e aziende dopo le due alluvioni di un anno e mezzo fa. Gli operai sono al lavoro per ripulire gli argini dei due fiumi da tutto il materiale che si è accumulato a causa della piena.
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A Modigliana, nella zona di Forlì, è stato sistemato l’acquedotto. È finita anche la ricognizione sulle zone a rischio frane e sono stati rimossi i detriti più grossi spostati dall’acqua. A Budrio, in provincia di Bologna, ci sono ancora diverse zone allagate per cui non è stato possibile iniziare la pulizia del territorio. Quattro ditte sono state incaricate di sistemare l’argine del fiume Idice, danneggiato in modo grave in un tratto lungo 100 metri.
La Protezione civile ha emesso un’allerta gialla anche per martedì, in provincia di Bologna e nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. In questo caso l’allerta non riguarda fenomeni meteorologici intensi come quelli della scorsa settimana, ma serve come avvertimento per gli amministratori e la popolazione riguardo al livello dei fiumi e dei canali: in queste aree non è ancora defluita tutta l’acqua che si è accumulata nei giorni scorsi, e alcuni argini potrebbero essere a rischio di rottura. C’è anche il rischio di frane sulle colline e sull’Appennino a causa delle delicate condizioni idrogeologiche, dovute alla grande quantità di pioggia caduta nei giorni scorsi.
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