Inizia il processo contro Filippo Turetta
Il 22enne ha confessato il femminicidio di Giulia Cecchettin, e l'accusa contro di lui è aggravata dalla premeditazione: rischia una condanna all'ergastolo
Lunedì mattina nell’aula della Corte d’Assise di Venezia è iniziato il processo contro Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin avvenuto nel novembre del 2023, uno dei casi di cronaca più seguiti degli ultimi tempi e che aveva attirato estese attenzioni sulla violenza di genere in Italia. Turetta ha 22 anni: è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. Rischia l’ergastolo.
Cecchettin aveva 22 anni. Abitava a Vigonovo, in provincia di Venezia. Era studentessa di Ingegneria biomedica all’università di Padova, dove si sarebbe dovuta laureare lo scorso inverno. Turetta frequentava la stessa università. Era di Torreglia, in provincia di Padova. I due avevano avuto una relazione, che poi Cecchettin aveva deciso interrompere: avevano comunque continuato a frequentarsi e a studiare insieme.
La sera dell’11 novembre 2023 – era un sabato – Turetta andò a prendere Cecchettin in auto per passare qualche ora insieme. Cecchettin inviò l’ultimo messaggio alla sorella poco prima delle 23. Un testimone riferì di aver visto un uomo e una donna litigare in un parcheggio a Vigonovo, non molto distante dalla casa di Cecchettin. Erano le 23:15 dell’11 novembre. Secondo la sua testimonianza la donna chiese aiuto, ma fu poi convinta a risalire in auto. Il testimone chiamò il numero di emergenza, nel frattempo l’auto ripartì.
Le ricerche iniziarono dopo la denuncia per la scomparsa presentata dai familiari di Cecchettin. Gli investigatori ricostruirono i movimenti dell’auto di Turetta fino alla frontiera con l’Austria e poi in Germania. Inizialmente la procura di Venezia aprì un’inchiesta per scomparsa di persona, che si trasformò in un’indagine per tentato omicidio dopo l’acquisizione di un video risalente all’11 novembre in cui si vedeva Turetta aggredire, ferire e caricare forzatamente in auto Cecchettin nella zona industriale di Fossò, in provincia di Venezia.
Il corpo di Giulia Cecchettin fu trovato sabato 18 novembre: era coperto da alcuni sacchi neri, ai piedi di una scarpata della val Caltea nella zona del comune di Barcis, in Friuli. Il giorno successivo, domenica 19 novembre, Turetta fu arrestato a pochi chilometri dalla cittadina di Bad Dürrenberg, vicino a Lipsia, nella Germania orientale. Era fermo a lato dell’autostrada, l’auto era senza benzina. Confessò subito di aver ucciso Cecchettin.
Da allora Turetta si trova nel carcere di Montorio a Verona. Durante il primo interrogatorio, l’1 dicembre dello scorso anno, spiegò nei dettagli come aveva ucciso Cecchettin. Disse tra le altre cose di aver tentato di suicidarsi e di aver poi rinunciato.
Dopo la confessione, gli avvocati di Turetta decisero di chiedere il giudizio immediato, un procedimento speciale che permette di passare dalle indagini preliminari direttamente alla fase del dibattimento, cioè a quello che comunemente viene chiamato “processo”. A differenza di altri procedimenti speciali, come il patteggiamento, il giudizio immediato non prevede vantaggi per l’imputato come uno sconto di pena.
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Turetta non era presente in aula. Il suo avvocato, Giovanni Caruso, ha già detto che non chiederà la perizia psichiatrica: significa che non verrà messa in dubbio la salute mentale del 22enne e che quindi potrà essere processato, tuttavia la perizia psichiatrica potrebbe anche essere chiesta dal giudice Stefano Manduzio.
Lunedì diversi familiari di Cecchettin, fra cui il padre, la sorella e il fratello, oltre a diverse associazioni contro la violenza sulle donne e ai comuni di Fossò, dove è avvenuto il femminicidio, e di Vigonovo, dove vive la famiglia Cecchettin, hanno chiesto di costituirsi parti civili. Significa che si sentono danneggiati dal reato, e in caso di condanna definitiva potranno chiedere un risarcimento. Il padre ha chiesto oltre un milione di euro di risarcimento. L’avvocato che difende Turetta si è opposto alla richiesta di costituirsi parte civile delle associazioni e dei comuni, ma non dei familiari. Le richieste dovranno essere accettate dal giudice.
Il pubblico ministero Andrea Petroni chiamerà a testimoniare una trentina di persone, di cui la metà carabinieri che hanno partecipato alle indagini. Nella lista ci sono anche il padre di Giulia Cecchettin, Gino, la sorella Elena e alcune amiche chiamate a raccontare l’ossessione di Turetta nei confronti della 22enne. Testimonierà anche l’uomo che chiamò il 112 dopo aver sentito Turetta e Cecchettin litigare nel parcheggio, oltre ai medici legali che hanno esaminato le ferite sul corpo della 22enne. La medica legale Monica Cucci, di Milano, è l’unica persona chiamata dalla difesa a testimoniare.