Di sitcom come Friends non ce ne sono più
Ma nemmeno come Seinfeld, o The Office, o How I Met Your Mother: è la tv che è cambiata
Il 22 settembre di trent’anni fa, un giovedì, milioni di persone si sintonizzarono sul canale statunitense NBC per vedere la prima puntata di Friends‚ destinata a diventare una delle sitcom più famose e amate di sempre. In Italia andò in onda tre anni dopo e ci mise un po’ a carburare, mentre negli Stati Uniti bastò una stagione: dalla seconda in poi fu costantemente una delle serie più viste, citate e apprezzate di sempre, con una media di 25 milioni di spettatori a puntata.
Tra le battute spiritose di Chandler, le stranezze di Phoebe e i tira e molla tra Ross e Rachel, Friends è stata una serie di culto, ed è ancora più notevole che continui a essere popolarissima a distanza di trent’anni. Ma è anche vero che la concorrenza è solo quella del passato: nel presente e nel futuro infatti di sitcom così non ce ne sono e non ce ne saranno più. Dipende da diversi fattori, che hanno a che fare con il modo in cui si sono evolute la televisione, l’offerta culturale e anche le abitudini del pubblico.
Friends fu ideata da Marta Kauffman e David Crane, che all’inizio avevano idee un po’ diverse. Non aveva niente di rivoluzionario ma funzionò grazie a storie ben scritte, interpretate da attrici e attori che le rendevano credibili. Racconta le vicende quotidiane di sei amici tra i venti e i trent’anni che vivono a New York e si ritrovano a casa oppure in una caffetteria (il famoso Central Perk) per parlare di lavoro e ambizioni, sesso e amore. Nonostante qualche intoppo nessuno di loro ha grandi problemi: sono belli ma alla mano, buoni ma non fessi e goffi, e simpatici ma senza risultare ridicoli.
La serie che rese famosi Matthew Perry, Jennifer Aniston e soci andava in onda il giovedì sera, in una fascia oraria che comprendeva anche Seinfeld, cioè la sitcom che prendeva il nome dal comico Jerry Seinfeld, ed era promossa da NBC come “must-see TV”, cioè la tv da non perdere. Come hanno spiegato Martie Cook e Manuel Basanese, professoressa e ricercatore di Cinema e Televisione all’Emerson College di Boston, saltare una puntata di queste serie voleva dire non poter seguire quello di cui tutti avrebbero parlato il giorno dopo.
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Al tempo infatti c’erano pochi canali televisivi e quindi anche molti meno programmi rispetto a oggi; in più le puntate venivano trasmesse una volta alla settimana, con il risultato che per il pubblico affezionato sintonizzarsi su un certo canale in un certo giorno a una certa ora diventava una specie di rito, negli Stati Uniti ma in misura minore anche in altri paesi. Era insomma più probabile che una serie riuscisse a incuriosire un pubblico molto ampio ed eterogeneo, soprattutto se aveva trame leggere e interessanti, personaggi in cui ci si poteva in un modo o nell’altro identificare e magari anche qualche tormentone.
Friends fu l’esempio perfetto di tutti questi meccanismi. Riuscì a differenziarsi e ad appassionare il pubblico perché faceva ridere ed era ottimista, intratteneva e svuotava la testa. Andò in onda dal 1994 al 2004 per un totale di 236 puntate, influenzando la televisione, la cultura e la moda statunitensi, fino poi a entrare nell’immaginario collettivo di mezzo mondo.
Nella definizione del Cambridge Dictionary, una sitcom (“situational comedy”) è «una serie televisiva in cui gli stessi personaggi sono coinvolti in situazioni divertenti in ciascuna puntata». Per la maggior parte del tempo l’ambientazione è uno spazio definito, i suoi protagonisti sono strambi o comunque spassosi e c’è una trama principale che si risolve nel giro di una singola puntata, eventualmente accompagnata da un’altra che si sviluppa nell’arco di una stagione. In generale poi ha puntate di circa 20 minuti, che con le interruzioni pubblicitarie arrivano a una durata totale di mezz’ora.
Sono tutte caratteristiche che Friends aveva in comune con alcuni suoi notevoli precedenti, tra cui Cheers (in italiano Cin cin, 1980) e appunto Seinfeld (1989), tra le prime a mettere al centro di vicende improbabili un gruppo di amici. Qualcuno credeva che le sitcom fossero morte già all’inizio degli anni Ottanta, ma l’enorme successo della serie di Kauffman e Crane contribuì alla produzione di molte altre serie che imitavano le sue dinamiche, oppure le ibridavano con altri generi.
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Tra gli esempi più noti e apprezzati anche in Italia ci sono How I Met Your Mother (2005), The Big Bang Theory (2007) e Modern Family (2009), oppure ancora Arrested Development (2003) e The Office (2005), che raccontava le giornate di un gruppo di impiegati strampalati come se fosse un finto documentario (mockumentary), in uno stile ripreso tra gli altri da Parks and Recreation e Abbott Elementary, cominciati rispettivamente nel 2009 e nel 2021.
Ad anni di distanza dalla prima puntata di Friends hanno continuato a uscire sitcom bene accolte dalla critica e con un pubblico fedele, per citarne solo alcune 30 Rock, It’s Always Sunny in Philadelphia, Community, Superstore o Schitt’s Creek: seguono tuttavia logiche diverse e non hanno nessuna possibilità di riscuotere un successo paragonabile a quello delle serie a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila. I motivi li hanno riassunti proprio Cook e Basanese nell’articolo su The Conversation.
Fino a qualche decennio fa le reti televisive avevano bisogno di riempire il loro palinsesto perché la stagione andava da settembre a maggio, perciò sia sitcom come Scrubs (2001) sia serie drammatiche come X Files (1993) erano pensate per avere il maggior numero possibile di puntate, di solito tra le 22 e le 25. Adesso però moltissime serie vengono prodotte o distribuite su piattaforme come Netflix, Amazon Prime o Disney+, e quasi sempre sono disponibili tutte in una volta.
Negli anni il numero delle serie tv è aumentato moltissimo, tanto che ogni anno ne escono diverse centinaia; al contempo il fatto che si possano guardare quando si vuole ha frammentato notevolmente il pubblico, che ora segue contemporaneamente molte più serie rispetto a dieci o vent’anni fa, e sempre più spesso non in tv. E le guarda con ritmi molto diversi, in pochi giorni o distribuite nel corso di mesi, e anche a distanza di anni rispetto alla pubblicazione originale.
È una tendenza che si nota per esempio nei finali di alcune sitcom popolarissime: la puntata conclusiva di Friends, andata in onda nel 2004, fu vista da oltre 52 milioni di persone, quella di The Big Bang Theory, nel 2019, da 18 milioni e quella di Modern Family, nell’aprile del 2020, da meno di 7,5.
A differenza delle reti televisive, le piattaforme di streaming inoltre non devono preoccuparsi di riempire i buchi in una stagione televisiva e nemmeno di assicurarsi i ricavi pubblicitari, e una delle conseguenze più evidenti è che il numero di puntate si è praticamente dimezzato.
Per una società di produzione fare serie di dieci o dodici episodi significa avere tempo e risorse per farne anche altre, e magari accontentare un pubblico con gusti diversi, mantenendo così gli abbonamenti, o ottenendone di nuovi. È il motivo per cui oggi è molto raro vedere sitcom che hanno così tante puntate e che al contempo vanno avanti per dieci o dodici stagioni, come appunto nel caso di Friends. Per fare qualche esempio, le prime sei stagioni di Brooklyn Nine-Nine (2013) avevano tutte più o meno venti episodi, ma la settima ne aveva tredici e l’ultima solo dieci; Schitt’s Creek, che ha vinto nove Emmy ed è andata in onda dal 2015 al 2020, non ne ha mai avuti più di 14.
Stagioni più corte tra le altre cose permettono a reti e piattaforme di attirare attrici e attori già affermati, che non si impegnerebbero per periodi di tempo molto lunghi (è un fenomeno che si nota particolarmente nelle serie drammatiche, ma che per esempio ha portato Meryl Streep a recitare nella serie comica Only Murders in the Building, assieme a Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez).
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Di norma poi sitcom come Seinfeld o Friends venivano girate in uno studio televisivo, con la presenza di un pubblico, con il risultato che il prodotto finale poteva ricordare un’opera teatrale filmata. Sitcom più recenti come Brooklyn Nine-Nine invece hanno produzioni più simili a film, che incorporano molte più ambientazioni, permettendo così una narrazione più flessibile e con trame più complesse. Di fatto di serie di grande successo girate solo nel primo modo non ce ne sono quasi più.
Assieme allo stile si è evoluto anche il genere narrativo, tanto che oggi non si parla quasi più di sole sitcom, ma di sitcom mockumentary (Abbott Elementary) o più ampiamente di serie comedy o a metà tra drammi e commedie (The Good Place). Insomma adesso anche le commedie hanno per protagonisti personaggi pieni di difetti e che non sempre piacciono al pubblico, o delle specie di antieroi: uno dei primi fu quello interpretato da Larry David in Curb Your Enthusiasm, uno dei più recenti quello di Jeremy Allen White in The Bear.
Per tornare a Friends, negli anni è stata criticata tra le altre cose per battute e stereotipi che oggi sarebbero etichettati come sessisti, razzisti o transfobici, ma anche perché è davvero poco plausibile che i protagonisti potessero permettersi i grandi appartamenti a Manhattan in cui vivevano. Friends sembrava poi svolgersi per lo più fuori dal tempo, con riferimenti solo indiretti agli eventi storici o alla cultura dell’epoca: tuttavia moltissime persone continuano a guardarla perché, come succede spesso con le vecchie serie, viene vista come rassicurante e soddisfa quel senso di nostalgia del passato che spesso si lega alle esperienze dei tempi vissuti oppure evoca la possibilità di uno migliore.
Non è insomma detto che le sitcom di una volta non piacciano più, anzi, in tempi recenti le piattaforme hanno speso un sacco di soldi per averle. Nel 2021 Netflix ha acquistato i diritti di Seinfeld per una cifra che si aggirava sui 500 milioni di dollari, mentre l’anno precedente HBO Max aveva annunciato la riunione del cast di Friends per una puntata speciale poi trasmessa sul suo nuovo servizio di streaming Max. Pochi mesi dopo il Wall Street Journal scrisse che HBO avrebbe pagato circa 425 milioni di dollari per portare la serie sulla piattaforma per cinque anni: nel 2015 Netflix ne aveva spesi 100 per tutte le stagioni di Friends, che nel 2018 e nel 2019 secondo un rapporto dell’autorità di regolamentazione dei media britannici (Ofcom) era stata la serie più guardata in streaming nel paese.
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