I soccorritori tra le macerie dell'edificio colpito a Beirut (AP Photo/Bilal Hussein)

Non è ancora chiaro che conseguenze avrà il bombardamento di Israele a Beirut

Hezbollah ha confermato che tra le decine di persone uccise c'erano due suoi leader militari, e intanto sono ripresi gli attacchi reciproci al confine

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Un giorno dopo il bombardamento compiuto venerdì pomeriggio da Israele a Beirut, la capitale del Libano, ci sono ancora diverse cose da chiarire: per ora si sa che le persone uccise sono almeno 37 e che tre di queste, secondo i dati forniti dal ministero della Salute libanese, erano bambini. Il numero dei morti però con ogni probabilità non è definitivo: per tutta la giornata di sabato è stato aggiornato più volte dalle autorità libanesi e sotto alle macerie ci sono ancora persone. Ci sono anche decine di feriti, diversi dei quali in gravi condizioni.

L’attacco ha colpito un grosso edificio a Dahieh, un quartiere residenziale di Beirut con una forte presenza di Hezbollah, il potente gruppo paramilitare e partito politico libanese che sostiene Hamas nella guerra contro Israele nella Striscia di Gaza. Da mesi l’esercito israeliano e Hezbollah si scambiano reciproci attacchi al confine tra Israele e Libano, ma negli ultimi giorni le tensioni sono molto aumentate: quello a Dahieh è stato l’attacco più grosso di questi mesi ed è stato fatto poco dopo che Hezbollah aveva lanciato circa 150 razzi nel nord di Israele.

Al momento è difficile prevedere le conseguenze di questo intensificarsi di attacchi: sabato sono ripresi i bombardamenti, ma per ora senza grosse conseguenze.

L’esercito israeliano ha descritto il bombardamento a Beirut come «mirato» e ha detto che aveva come obiettivo alcuni leader militari di Hezbollah: secondo un portavoce dell’esercito israeliano sarebbero stati uccisi 16 membri di Hezbollah, 12 dei quali erano comandanti militari. La concentrazione di comandanti uccisi sarebbe dovuta al fatto che stavano partecipando a una riunione nell’edificio colpito. Hezbollah per ora ha confermato solo l’uccisione di due importanti leader militari: Ibrahim Aqil e Ahmed Mahmoud Wahbi.

(AP Photo/Hassan Ammar)

Dalle foto circolate sulle agenzie e dalle testimonianze dei giornalisti sul posto però è evidente che il bombardamento è avvenuto in una zona che era piena di civili, e tra le persone uccise è già accertato che ci siano anche bambini. Attacchi del genere di Israele su aree densamente abitate in Libano sono piuttosto rari, ma negli ultimi tempi sono diventati più frequenti: a fine luglio Israele aveva bombardato un edificio nella periferia della città nell’ambito di un’operazione in cui venne ucciso Fuad Shukr, altro importante leader di Hezbollah.

Sabato nel frattempo Israele e Hezbollah hanno ricominciato ad attaccarsi, anche se nessuno dei bombardamenti compiuti finora è stato paragonabile a quello di venerdì. Sono stati attacchi più simili a quelli visti negli ultimi mesi: Israele ha detto di aver attaccato postazioni militari nel sud del Libano, quindi vicino al confine, mentre Hezbollah a sua volta ha detto di aver lanciato missili contro postazioni militari nel nord di Israele. L’esercito israeliano ha anche detto di aver individuato circa 90 missili provenienti dal Libano nel suo territorio.

Il lancio dei razzi di Hezbollah di venerdì era stato compiuto in più momenti a partire dalle 14 locali, le 13 italiane. Gran parte dei razzi era stata intercettata da Israele, e altri erano caduti in zone disabitate. L’attacco di Hezbollah era a sua volta una risposta al grosso bombardamento israeliano di giovedì sera nel sud del Libano, quando i caccia israeliani avevano colpito 52 obiettivi e distrutto un centinaio di postazioni di lancio di Hezbollah.

A sua volta, il bombardamento israeliano era stato compiuto a poche ore dal discorso in cui il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva definito una «dichiarazione di guerra» gli attacchi esplosivi non convenzionali compiuti da Israele nel paese nei giorni precedenti. Negli attacchi erano state uccise 37 persone e ne erano state ferite migliaia, e Nasrallah aveva promesso una «ritorsione», però senza specificarne le modalità.

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