Il primo ministro slovacco Robert Fico in visita ad Handlova, la città dove a maggio gli hanno sparato, il 6 settembre (REUTERS/Radovan Stoklasa)

Robert Fico continua a prendersela con l’opposizione

Il primo ministro slovacco la incolpa di tutto: per un periodo ha funzionato, ma ora il governo sta cominciando a pagare scelte impopolari e controproducenti

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Martedì il primo ministro slovacco Robert Fico ha fatto destituire dalla carica di vicepresidente del parlamento Michal Šimečka, che è il capo dell’opposizione ed era stato il suo rivale alle elezioni di un anno fa. È stata una mossa soprattutto simbolica, ma comunque non ha precedenti: in Slovacchia è consuetudine infatti che l’opposizione esprima uno dei vicepresidenti del parlamento, che è unicamerale, ed era stato così persino nei primi anni dopo l’indipendenza del 1993, durante i governi autoritari di Vladimír Mečiar (rimasto al potere fino al 1998).

La coalizione di Fico, che controlla 79 seggi sui 150 del parlamento e aveva quindi i numeri per rimuovere Šimečka dall’incarico, ha giustificato la decisione accusando Šimečka di presunte irregolarità, legate a fondi pubblici ricevuti dai suoi familiari che in realtà non erano stati erogati.

L’opposizione ha boicottato la seduta in segno di protesta. Šimečka ha parlato di una «vendetta personale» di Fico, e il suo partito, Slovacchia Progressista (PS), ha compilato una lista di deputati della maggioranza che avevano ricevuto sovvenzioni o appalti pubblici in passato, tra i quali parenti del primo ministro, per un totale di 49 milioni di euro. «Signor Fico, potrà rimuovermi dalla carica di vicepresidente, ma non mi può rimuovere da quella di leader dell’opposizione», ha detto Šimečka. «Questa situazione mostra chiaramente l’attacco su vasta scala che stanno subendo lo stato di diritto e la democrazia in Slovacchia, così come i media, le ong e le minoranze, soprattutto la comunità LGBTQ+», ha detto Lucia Plaváková, deputata di Slovacchia Progressista.

Šimečka ha detto anche che ora avrà più tempo per lavorare al suo obiettivo: sconfiggere Fico alle prossime elezioni, previste però non prima di tre anni. Plaváková ha spiegato che ora Šimečka girerà il paese per provare a espandere i consensi fuori dai centri urbani medio-grandi, che è dove il suo partito è più radicato. Nei sondaggi Slovacchia Progressista è molto vicina a Smer, il partito del primo ministro, e sta sottraendo voti a Hlas, il partito più moderato della coalizione guidato dal presidente della Repubblica, Peter Pellegrini.

Alle elezioni europee dell’8 giugno, Slovacchia Progressista aveva ottenuto un ottimo risultato, arrivando prima con il 27,8 per cento dei voti, davanti a Smer (24,7 per cento).

In precedenza la coalizione sovranista aveva già rimosso i presidenti di due commissioni parlamentari che appartenevano all’opposizione. La destituzione di Šimečka – assai contestata da Valérie Hayer, la presidente di Renew Europe al Parlamento Europeo (il gruppo centrista di cui fa parte PS) – non è l’unico motivo di tensione con le istituzioni europee. La Commissione sta già valutando una procedura di infrazione, che potrebbe determinare la sospensione di 15 miliardi di euro di fondi europei al paese, per via di alcuni provvedimenti del governo, che peraltro stanno risultando impopolari nel paese.

Il leader di Slovacchia Progressista, Michal Šimečka, durante una manifestazione antigovernativa a Bratislava, il 1° febbraio (EPA/MARTIN DIVISEK)

Un primo provvedimento molto contestato è stato quello che ha modificato il codice penale e che ha ridotto le pene per vari reati, tra cui corruzione e frode, e che ha determinato la scarcerazione di più di 400 persone, anche condannate per crimini violenti. Una delle persone uscite di prigione grazie alla riforma è stato l’ex procuratore Dušan Kováčik, che in precedenza aveva fatto ricorso alla Corte suprema slovacca dopo essere stato condannato a otto anni di carcere per corruzione nel 2022. Quest’estate la pena era stata sospesa dal ministro della Giustizia, Boris Susko (di Smer): la decisione, controversa, aveva portato a proteste e richieste di dimissioni di Susko, visto che oltretutto Kováčik è stato più volte ministro nei governi di Fico, di cui è considerato un fedelissimo.

La maggioranza ha poi smantellato l’agenzia nazionale anticrimine (NAKA), spezzettando le sue competenze tra tre nuove agenzie, e ha abolito l’incarico di procuratore speciale che ne coordinava le attività. Negli scorsi anni la NAKA si era occupata delle indagini per corruzione che avevano coinvolto anche esponenti del partito di Fico, nonché quelle sulle connessioni tra l’entourage del primo ministro e il crimine organizzato dopo l’omicidio del giornalista Ján Kuciak.

Il governo si è molto speso in una specie di guerra culturale per epurare i dirigenti di istituzioni pubbliche che reputava ostili. Molti elettori ed elettrici, anche del partito di Fico, hanno criticato queste misure sostenendo che le priorità dovessero essere altre. In particolare dopo l’estate è servito un aggiustamento di bilancio da 2,7 miliardi di euro per provare a sistemare i conti, e per farvi fronte il governo ha alzato l’IVA dal 20 al 23 per cento.

Oltretutto questa misura è stata una sconfitta per Fico, che in passato si era sempre opposto a proposte del genere, definendole nel 2010 «contro il popolo». Anche lo scorso aprile escludeva di farlo. Tra l’altro, l’IVA è stata aumentata anche sui libri (prima era al 10 per cento) equiparati ai prodotti di lusso dal ministro delle Finanze Ladislav Kamenický, che ha sostenuto che «li comprano principalmente i ricchi».

Una protesta antigovernativa a Bratislava, lo scorso 15 marzo (Jaroslav Novak/TASR via AP)

«Finora Fico è stato efficace nell’indirizzare il messaggio ai suoi elettori, presentandosi come una vittima e trovando sempre nuovi nemici. Per esempio, ha dato la colpa dell’innalzamento delle tasse agli esecutivi precedenti, ma lui ha governato per più di 4.700 giorni, cioè per 13 degli ultimi anni», ha ricordato Plaváková, deputata di Slovacchia Progressista. «Ha detto molto chiaramente che il suo unico obiettivo è la vendetta, non si interessa più ai problemi della gente: basta guardare alle recenti alluvioni, non si è fatto vedere».

La retorica polarizzante e arrabbiata di Fico serve anche a distrarre l’opinione pubblica dagli insuccessi del governo. «Resta uno dei politici più popolari, specialmente dopo che gli hanno sparato» a maggio, ha aggiunto Peter Dlhopolec, il direttore del quotidiano nazionale Slovak Spectator. «Molti ministri della sua coalizione citano l’attentato ogni volta che l’opposizione li critica o che c’è una manifestazione: stanno sfruttando quello che è accaduto. A giudicare da quanto spesso e con quale intensità attaccano Šimečka, molti temono che lui possa essere il prossimo». Nei suoi post Fico ha infatti scritto spesso di aver perdonato l’uomo che ha tentato di ucciderlo ma non l’opposizione, che «ha cercato di liberarsi di me».

Secondo Eva Mihočková, la direttrice del sito Foreign Policy della Slovak Foreign Policy Association e associata della piattaforma informativa Visegrad Insight, «l’opposizione slovacca se la passa abbastanza bene se comparata, per esempio, a quella ungherese. A differenza dell’Ungheria, la Slovacchia ha anche una società civile molto forte e resiliente». Le ong sono un pezzo importante di questa società, sin da quando negli anni Novanta si opposero alla repressione di Mečiar, che aveva liquidato l’opposizione come sta provando a fare il governo oggi, contribuendo alla sua caduta. A diverse di loro sono state sospese le sovvenzioni statali.

«Anche se ci sono pressioni per ridurre la libertà dei media e il governo ha preso il controllo della tv e radio pubblica, la situazione non è ancora catastrofica», ha concluso Mihočková. «In Slovacchia ci sono ancora molti media indipendenti che fanno un intenso giornalismo d’inchiesta e una copertura critica delle politiche del governo. Il principale problema [del paese] è la nomina di persone completamente incompetenti a importanti istituzioni pubbliche, che ricevono questi incarichi solo per la loro fedeltà al governo. Un’altra tendenza pericolosa è la relativizzazione di fatti e verità, che viene camuffata come uno sforzo di garantire la libertà di opinione».

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