I partiti italiani sono i più confusi d’Europa sul sostegno militare all’Ucraina
Al Parlamento Europeo hanno votato contro l'uso di armi occidentali in Russia, ma non in maniera compatta e contraddicendosi poi nel voto finale
Giovedì il Parlamento Europeo ha votato in sessione plenaria una risoluzione per rinnovare in maniera permanente il sostegno finanziario e militare all’Ucraina da parte degli Stati membri dell’Unione. È una risoluzione non vincolante, cioè un atto che esprime un indirizzo politico del Parlamento Europeo ma che non impone al Consiglio e alla Commissione di adottare necessariamente provvedimenti specifici. Ma intorno alla votazione s’è sviluppato un animato dibattito che ha coinvolto soprattutto i partiti italiani.
In particolare perché la risoluzione, che si componeva di 25 articoli diversi, conteneva un punto, il numero 8, che autorizzava l’esercito ucraino a utilizzare le armi occidentali anche in territorio russo a scopi difensivi. Su questo punto, e poi in parte sul voto finale della risoluzione, entrambe le coalizioni – di centrodestra e di centrosinistra – si sono spaccate, e quasi tutti i partiti italiani hanno votato diversamente rispetto ai loro gruppi europei di riferimento. Sono divisioni che non avranno grosse ricadute in politica interna, ma che comunque segnalano un diffuso imbarazzo tra i partiti italiani sul tema della guerra, sia tra le opposizioni sia tra gli alleati che sostengono il governo di Giorgia Meloni.
La questione dell’uso delle armi che i paesi occidentali inviano all’Ucraina è piuttosto delicata. Il presidente Volodymyr Zelensky da mesi chiede di essere autorizzato a utilizzare dei missili a lunga gittata per colpire depositi di armi, piste di decollo o altre infrastrutture nel territorio russo: armi che l’esercito russo utilizza per attaccare la popolazione ucraina. Tra i paesi occidentali ci sono divergenze: per esempio il Regno Unito è il più favorevole a concedere l’autorizzazione all’Ucraina, così come anche alcuni paesi dell’Est Europa; gli Stati Uniti sono più dubbiosi, un po’ come la Francia, mentre il governo italiano è risolutamente contrario, un po’ per convinzione tattica (si pensa cioè che non assecondare Zelensky su questo punto possa permettere di aprire canali diplomatici con Vladimir Putin), e un po’, soprattutto, per un tornaconto elettorale, dal momento che gran parte della popolazione teme un’escalation militare.
Anche per questo, da giorni i partiti italiani si interrogavano su cosa fare con la risoluzione promossa al Parlamento Europeo da Popolari, Socialisti e liberali di Renew, cioè i principali gruppi della maggioranza europeista che sostiene la Commissione di Ursula von der Leyen. Il punto 8 era quello più spinoso. Prevedeva infatti di sollecitare gli Stati membri «a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi in territorio russo che ostacolano la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa secondo il diritto pubblico internazionale e lasciano l’Ucraina esposta ad attacchi contro la sua popolazione e le sue infrastrutture».
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Nella coalizione di destra la Lega era nella posizione meno scomoda. Da tempo scettica sulla fornitura di armi all’Ucraina e sempre nettamente contraria a consentire di utilizzarle in territorio russo, il partito di Matteo Salvini ha assecondato l’orientamento del suo gruppo di riferimento, i Patrioti per l’Europa (PFE), formato perlopiù da partiti di estrema destra nazionalisti e tendenzialmente non ostili alla Russia.
Forza Italia ha invece seguito l’indirizzo del suo segretario Antonio Tajani, che è ministro degli Esteri del governo italiano: contrarietà all’uso delle armi occidentali in Russia. Ma questo orientamento, che è timidamente contestato da alcuni parlamentari di Forza Italia, ha portato il partito in netto contrasto con il suo gruppo europei dei Popolari (PPE), che ha votato in maniera quasi compatta a favore del punto 8.
Nella delegazione di Forza Italia tutto ciò ha provocato qualche imbarazzo: Massimiliano Salini e Marco Falcone hanno votato in dissenso con Forza Italia ma insieme al resto dei Popolari, e come loro anche Giusi Princi (che però ha poi fatto sapere ai colleghi di aver sbagliato a votare, chiedendo di rettificare il suo voto come contrario). Herbert Dorfmann, esponente altoatesino del Südtiroler Volkspartei eletto con Forza Italia, si è astenuto insieme ad altri 15 esponenti del PPE. Antonio Martusciello, capo della delegazione del partito, e Letizia Moratti non hanno partecipato al voto. Gli altri (Salvatore De Meo, Flavio Tosi e Caterina Chinnici) hanno votato contro, come solo altri quattro componenti del PPE.
Fratelli d’Italia, invece, ha votato compattamente contro il punto 8, insieme alle sole delegazioni francesi e romene (più altri singoli europarlamentari) tra quelle principali che compongono il gruppo dei Conservatori e riformisti (ECR), il gruppo delle destre sovraniste.
Per quanto riguarda il centrosinistra, il Partito Democratico aveva dato indicazione ai propri europarlamentari di votare contro il punto 8. La questione era stata abbastanza dibattuta nei giorni scorsi, e alcuni membri della delegazione – come Brando Benifei e Stefano Bonaccini – avevano proposto un’astensione collettiva. La segretaria Elly Schlein aveva però respinto la proposta dando un’indicazione chiara, votare contro.
Ma poi al momento del voto il gruppo si è diviso: hanno seguito l’indicazione di Schlein in 9 (Benifei, Annalisa Corrado, Antonio Decaro, Camilla Laureti, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Alessandro Zan, Cecilia Strada, Nicola Zingaretti, più Lucia Annunziata e Marco Tarquinio che non hanno votato ma sembra per un errore), mentre altri 8 invece non l’hanno fatto. In sei (Bonaccini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Irene Tinagli e Raffaele Topo) hanno tolto la propria scheda elettronica al momento del voto, non partecipando allo scrutinio, e in due (Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini) hanno votato a favore, così come avrebbe fatto anche Giorgio Gori, secondo quanto lui stesso ha comunicato ai colleghi di partito, se non fosse stato impegnato a Bergamo per una visita istituzionale di Mario Draghi.
Il gruppo si è insomma spaccato grosso modo a metà e anche per questo giovedì mattina il capogruppo Zingaretti ha annullato una riunione che era prevista per trovare un’intesa, così da evitare ulteriori litigi. Oltre ai 9 italiani, a votare contro tra gli europarlamentari socialisti sono stati soltanto tre maltesi, uno sloveno e un irlandese.
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Il Movimento 5 Stelle e gli esponenti di Sinistra Italiana hanno votato contro come la maggior parte dei loro colleghi del gruppo europeo The Left. Anche i tre europarlamentari italiani dei Verdi presenti in aula hanno votato contro, ma in questo caso contro l’orientamento prevalente della loro famiglia europea.
In ogni caso, il punto 8 alla fine è stato approvato con un’ampia maggioranza: 377 voti favorevoli, 191 contrari e 51 astenuti. Così questo passaggio, che rimuove le restrizioni sull’uso delle armi occidentali in territorio russo, è stato incluso nel testo finale della risoluzione, su cui poi il Parlamento Europeo ha espresso un voto unico definitivo. E qui sia Fratelli d’Italia, sia Forza Italia, sia il Partito Democratico (con l’eccezione di Strada e Tarquinio che si sono astenuti) hanno votato a favore della risoluzione. Quindi molti di quelli che avevano votato contro l’uso delle armi ucraine in territorio russo sul singolo punto, l’hanno poi implicitamente autorizzato votando a favore della risoluzione finale. Hanno votato invece contro la risoluzione finale il M5S, Verdi, Sinistra Italiana e la Lega.