Teresa Ribera alla COP 28 di Dubai, il 13 dicembre 2023 (AP Photo/Peter Dejong)

Una commissaria europea che ne vale due

L’ex ministra spagnola Teresa Ribera ha ricevuto l’incarico più influente della nuova Commissione Europea: si occuperà di transizione ecologica e concorrenza

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Dopo la presentazione dei componenti della nuova Commissione Europea, avvenuta martedì, l’attenzione di giornalisti e di chi lavora all’interno delle istituzioni europee si è spostata sulle deleghe che i nuovi commissari hanno ricevuto dalla presidente Ursula von der Leyen. La Commissione è l’organo dell’Unione Europea che detiene il potere esecutivo: i 26 commissari insomma sono l’equivalente dei ministri di un governo nazionale.

Valutando le deleghe assegnate ai vari commissari e commissarie è apparso chiaro fin da subito chi sarà la componente della Commissione più potente, almeno sulla carta, dopo von der Leyen. È l’ex ministra spagnola Teresa Ribera, che si occuperà di Transizione giusta (la formula con cui si intende la transizione ecologica) e Concorrenza in qualità di vice presidente della Commissione.

Quello attribuito a Ribera «è forse l’incarico di maggior potere mai creato all’interno dell’organo esecutivo dell’Unione Europea», ha scritto il sito di news Politico. Ribera – che in attesa che la sua nomina venga confermata dal Parlamento Europeo rimane ministra della Transizione ecologica e vice prima ministra nel governo di sinistra di Pedro Sánchez – gestirà due deleghe molto importanti che nella scorsa Commissione erano separate, e mantenute a loro volta da commissari molto potenti.

La commissaria uscente alla Concorrenza infatti è la danese Margrethe Vestager, nota soprattutto perché ha multato più volte le grandi piattaforme tecnologiche statunitensi. Ribera inoltre erediterà le deleghe sul Green Deal e la transizione ecologica che erano state di Frans Timmermans, finché non si era dimesso per candidarsi alle elezioni dei Paesi Bassi. Nella Commissione uscente sia Vestager sia Timmermans erano anche vicepresidenti. Per via di questo nuovo mega-incarico in molti stanno recuperando le precedenti esperienze lavorative e politiche di Ribera per cercare di capire che commissaria sarà.

Ribera ha 55 anni, ha tre figli ed è sposata con Mariano Bacigalupo, un esperto di concorrenza che fa parte della Comisión Nacional del Mercado de Valores, la Consob spagnola. Parla fluentemente inglese e francese.

Ribera è ministra della Transizione ecologica dal 2018, cioè dal primo dei tre governi consecutivi guidati da Sánchez. Nel 2020 Sánchez l’ha promossa vice prima ministra e in seguito le ha affidato la gestione delle misure di rilancio dell’economia spagnola dopo la pandemia. Negli ultimi anni l’autorevolezza di Ribera all’interno del Partito Socialista (PSOE) è molto aumentata, tanto che i Socialisti l’avevano scelta come capolista alle elezioni europee di giugno: Ribera era stata eletta, ma ha poi rinunciato al seggio al Parlamento Europeo perché era già chiaro che il governo avrebbe puntato su di lei come candidata commissaria.

Nella sua vita precedente Ribera si era laureata in Diritto all’Universidad Complutense de Madrid e aveva proseguito la carriera accademica, diventando professoressa associata nel dipartimento di Diritto pubblico e Filosofia del diritto dell’Universidad Autónoma de Madrid. Dal 1995 ha lavorato come funzionaria di alto livello per l’amministrazione pubblica, con incarichi tecnici al ministero dei Trasporti e dell’Ambiente. Dal 2005 al 2008 Ribera fu direttrice dell’Oficina Española de Cambio Climático, cioè l’organo direttivo del ministero della Transizione ecologica che elabora le politiche per il clima.

Dal 2008 al 2011 Ribera fu poi sottosegretaria al Cambiamento climatico nel governo Socialista di José Luis Zapatero. Ribera ha fatto parte anche di organi consultivi di diverse organizzazioni internazionali come l’ONU e il World Economic Forum, sempre in quanto esperta di politiche per la transizione ecologica. Nel 2014 diventò direttrice dell’Institut du Développement Durable et des Relations Internationales di Parigi, un importante think tank che guidò per quasi cinque anni.

Ribera insomma ha un profilo molto solido e specifico, sia tecnico sia politico, almeno per quanto riguarda le politiche per il clima. Avendo alle spalle una lunga carriera all’interno delle istituzioni ha quindi una certa esperienza in lunghi e complicati negoziati che si chiudono con un compromesso non sempre soddisfacente.

Al riguardo il principale quotidiano spagnolo, El País, ha sottolineato che nel corso della sua carriera Ribera ha sempre abbinato l’ambientalismo a un certo pragmatismo sulle questioni economiche. È un tratto probabilmente apprezzato da von der Leyen, che a luglio ha presentato in una cornice perlopiù economica le misure del suo programma per ridurre le emissioni inquinanti. Da qualche tempo per esempio von der Leyen non parla più di Green Deal ma di Clean Industrial Deal. A giudicare dalla lettera di incarico con cui von der Leyen ha assegnato a Ribera le deleghe nella nuova Commissione, proprio il Clean Industrial Deal sarà una delle priorità del suo mandato.

Pedro Sánchez e Teresa Ribera durante un evento del PSOE a Madrid, il 7 giugno (Eduardo Parra/Contacto via ZUMA Press)

El País ha scritto anche che nei sei anni da ministra Ribera è riuscita sia a trattare con le grandi aziende spagnole sia a criticarne i dirigenti, quand’era necessario. A gennaio per esempio aveva definito «negazionista» il discorso al World Economic Forum di Davos dell’amministratore delegato della multinazionale petrolifera Repsol, che ha sede a Madrid (l’uomo aveva sostenuto ci fosse una «approssimazione ideologica» nei piani dell’Unione Europea per ridurre l’uso dei combustibili fossili). Da ministra Ribera ha dimostrato anche una certa capacità di raggiungere compromessi politici: per esempio facendo ritirare al governo regionale di destra dell’Andalusia una legge che, estendendo l’irrigazione, avrebbe danneggiato la falda acquifera del parco naturale di Doñana, l’area protetta più grande della Spagna.

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, poi, Ribera poté rivendicare che «a differenza di altri paesi, noi spagnoli non abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità da un punto di vista energetico». Mentre diversi paesi europei, su tutti la Germania, dipendevano fortemente dalle forniture di gas russo, la Spagna già allora aveva avviato una notevole diversificazione delle fonti da cui trae energia. Oggi produce da fonti rinnovabili circa il 60 per cento della sua energia elettrica (un altro 18,6 per cento viene prodotto dalle centrali nucleari del paese).

I giornali spagnoli, anche quelli di orientamento conservatore, hanno riconosciuto che sulla carta nel suo nuovo ruolo da commissaria Ribera avrà parecchio potere. El País l’ha definita «una sorta di super commissaria con un margine di influenza sulla politica industriale europea, cruciale nei prossimi anni». La sua attenzione al tema delle politiche industriali si nota anche dalla scelta di nominare come suo capo di gabinetto Miguel Gil Tertre, che ha fatto parte dello staff che ha aiutato Mario Draghi a scrivere il suo recente rapporto sul futuro dell’economia europea.

Ribera non è stata scelta soltanto per le sue competenze. Sull’assegnazione di deleghe così pesanti hanno influito vari fattori. Von der Leyen, per esempio, teneva molto alla parità di genere nella Commissione: la Spagna è stata uno dei sei paesi che hanno proposto soltanto nomi di donne, e dare a Ribera un incarico così delicato è stato anche un modo per premiare la sensibilità del governo Sánchez.

Un altro fattore importante è stato di natura politica. Le cariche più importanti nelle istituzioni europee vengono spartite tra le famiglie politiche che sostengono la maggioranza nel Parlamento Europeo, e quindi indirettamente anche la Commissione Europea (all’inizio di ogni legislatura il Parlamento deve approvare con un voto a maggioranza sia il presidente della Commissione sia gli altri 26 membri, in blocco).

I due principali partiti che fanno parte della maggioranza sono il Partito Popolare europeo, di centrodestra, e il Partito Socialista europeo. Mentre i Popolari governano nella maggioranza dei paesi europei e hanno quindi potuto esprimere parecchi commissari – ciascun commissario viene indicato dal governo del proprio paese – i Socialisti hanno potuto esprimere circa la metà dei commissari dei Popolari, perché governano in meno paesi. Facendo leva sui propri numeri al Parlamento Europeo, in cui sono il secondo partito che esprime più seggi, hanno quindi potuto insistere per ricevere ruoli più rilevanti per i loro commissari.

La Spagna, che è il quarto paese dell’Unione per popolazione, andava anche “compensata” per la mancata riconferma del commissario spagnolo della Commissione uscente, Josep Borrell, come Alto rappresentante degli affari esteri, una specie di ministro degli Esteri dell’Unione Europea, che porta con sé anche la carica di vicepresidente (al suo posto è stata scelta l’ex prima ministra estone Kaja Kallas).

Politico ha notato comunque che l’incarico di Ribera sarà in parte controbilanciato da altre nomine, con competenze sovrapponibili o subordinate alle sue, affidate a politici di centro o di centrodestra: il nederlandese Wopke Hoekstra (Clima), il francese Stéphane Séjourné (Prosperità e Industria), la svedese Jessika Roswall (Ambiente) e il lussemburghese Christophe Hansen (Agricoltura).

– Leggi anche: Mettere insieme la nuova Commissione Europea non è stato facile

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