(Amazon/MGM Studios / Courtesy Everett Collection)

The Rings of Power non ha ancora trovato un suo pubblico

Dopo le critiche alla prima stagione Amazon sta aggiustando un po' il tiro con la seconda: la cosa difficile resta convincere i fan più accaniti di J.R.R. Tolkien

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Quella che si è formata nel corso dei decenni attorno alle opere di J.R.R. Tolkien, e in particolare al suo Signore degli Anelli, è una comunità gigantesca e molto affezionata alle sue storie. Anche per questo, quando Amazon annunciò che avrebbe investito un quantitativo di soldi senza precedenti – più di un miliardo di euro – per la produzione di The Rings of Power, una serie ambientata in quell’universo, la notizia attirò moltissima attenzione.

Secondo i dati condivisi dalla piattaforma, quando uscì la prima stagione nel 2022 più di 25 milioni di persone guardarono la prima puntata solo nel primo giorno. Soltanto un terzo circa degli spettatori, però, finì per guardare la prima stagione nella sua interezza, e secondo alcune analisi indipendenti molti non hanno più cominciato la seconda, che è uscita a fine agosto e terminerà il 3 ottobre. Molti altri, poi, guardano The Rings of Power soltanto per fare “hate-watching”, ovvero per criticare le tante decisioni prese dagli sceneggiatori nell’adattare dei testi che milioni di fan conoscono approfonditamente, e di cui sono piuttosto gelosi. «La serie, per quanto pubblicizzata, non è diventata un fenomeno culturale nel modo in cui lo diventò Game of Thrones, che era pur basata su una serie di libri fantasy molto meno conosciuta», ha commentato Eric Berger sul Guardian.

Come è successo negli ultimi anni con serie e film ambientati in altri universi molto amati, come quello di Star Wars, una parte di queste critiche si è basata, e si basa anche in questo caso, su alcune scelte di casting. Molti degli attori di The Rings of Power non sono bianchi, ci sono donne grasse in posizione di potere e in generale i personaggi femminili sono spesso molto determinati e indipendenti. Sono elementi che molti fan trovano coinvolgenti, dopo decenni di personaggi molto più stereotipati, ma che altri criticano in quanto troppo “politicamente corretti”. Ancora prima che uscisse, centinaia di persone si coordinarono per lasciare recensioni negative alla serie su piattaforme dedicate, come Rotten Tomatoes. Tuttora online esiste una nicchia rumorosa di fan di Tolkien che critica The Rings of Power per queste scelte.

«Mi piace credere che si tratti di una piccola quantità di persone, e che una mossa del genere non basti a cambiare del tutto il destino di una serie tv», ha detto al Guardian il professor Robert Thompson, direttore del dipartimento di Televisione e Cultura pop della Syracuse University. «Ma [le recensioni negative coordinate] hanno sicuramente contribuito a creare una discussione negativa attorno a The Rings of Power, e per il genere di persona che ha tantissime altre serie da guardare in lista, qualsiasi discussione negativa contribuisce alla decisione di posticiparne la visione».

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Al di là di questa minoranza di detrattori, però, nel suo insieme The Rings of Power ancora non convince tantissime persone che, almeno in teoria, avrebbero potuto amarla. È il caso di tantissimi fan di Tolkien che sono sempre contenti di riguardare i film di Peter Jackson nonostante durino in totale più di 9 ore nella loro versione estesa, o anche semplicemente i milioni di persone che hanno scoperto di amare le serie tv fantasy guardando Game of Thrones e da allora cercano contenuti simili.

Nel caso dei fan di Tolkien, una grossa parte della titubanza nei confronti della serie di Amazon si basa sul fatto che, finora, gli sceneggiatori hanno mostrato di essersi presi moltissima libertà nel raccontare la storia. Mentre era in vita, J.R.R. Tolkien scrisse soltanto quattro romanzi ambientati su Arda, il mondo fantastico che contiene la Terra di Mezzo: Lo Hobbit e i tre libri che compongono la trilogia del Signore degli Anelli, da cui sono state tratte le due serie di film di Peter Jackson. Esistono poi ben 35 pubblicazioni postume che sono state curate dal figlio di Tolkien, Christopher, dopo la sua morte.

Nel 2017 Amazon Prime aveva firmato un accordo molto complesso per produrre The Rings of Power, ottenendo i diritti del Signore degli Anelli e dello Hobbit, condivisi dagli eredi di Tolkien, la casa editrice HarperCollins e da New Line Cinema. L’intenzione era quella di raccontare la Seconda Era della Terra di Mezzo, un periodo di 3441 anni durante il quale succedono moltissime cose: la nascita e la caduta dell’isola di Númenor, l’ascesa di Sauron (il principale antagonista della storia), la creazione degli Anelli del Potere e le successive guerre, che terminano con un’ultima alleanza tra uomini ed elfi e la sconfitta di Sauron per mano di Isildur, figlio di Elendil.

Se la maggior parte degli eventi della Seconda Era è raccontata nelle lunghe appendici al Signore degli Anelli, e può quindi essere usata facilmente nella sceneggiatura di The Rings of Power, molti dettagli sono presenti però soltanto nel Silmarillion o nei Racconti incompiuti, di cui Christopher Tolkien si è sempre rifiutato, mentre era in vita, di vendere i diritti. Di conseguenza, gli autori di The Rings of Power si sono trovati a dover riempire grossi buchi di trama con la propria immaginazione: i tanti cambiamenti rispetto alle opere originali, però, hanno confuso e infastidito molto i fan che avevano già letto i testi di Tolkien. «Spesso nascono conflitti dal fatto che le persone ci tengono talmente tanto a questi universi da non considerarli soltanto storie, ma documenti storici sacri», ha riassunto James Hibberd sull’Hollywood Reporter.

Dal punto di vista della trama, molti hanno riconosciuto che la seconda stagione introduce vari notevoli miglioramenti. «La prima stagione chiedeva agli spettatori moltissima pazienza, chiedeva loro di investire nella storia prima ancora di agganciarne l’attenzione, e chiaramente molte persone non ne hanno avuto voglia», ha spiegato Corey Olsen, medievalista e autore del blog “The Tolkien Professor”. Nella seconda stagione, però, «non si è più alla fase della costruzione di trame e personaggi. Ci si muove verso alcuni grandi eventi, ed è davvero bello da vedere».

Il critico di NPR Glen Weldon, che ha già visto l’intera stagione, dice che «è più spettacolare: ci sono più battaglie, magia, scene d’azione» rispetto alla prima stagione. A suo parere, però, rimane un problema comune a molte altre serie, fantasy e non, degli ultimi anni: gli sceneggiatori introducono «una serie di ostacoli artificiali che non servono tanto a caratterizzare i personaggi quanto a rispondere alla necessità logistica di riempire otto ore di televisione. E quindi spuntano piccole divergenze, le informazioni non vengono condivise quando dovrebbero, i personaggi continuano a fare scelte senza senso». Per i tanti fan che conoscono la storia raccontata da Tolkien, e che sanno quindi dove andrà a parare anche la trama della serie alla fine, questo può essere molto frustrante.

Marina Pierri, esperta di serie tv, aggiunge che The Rings of Power ha poi un problema che l’altra serie tv ad alto budget uscita in questi mesi – House of the Dragon, prequel di Game of Thrones – non ha. «House of the Dragon è una serie difficile, spesso senza senso, che trova delle soluzioni di trama talvolta assolutamente ridicole. Ma d’altra parte ha tre protagonisti pazzeschi: Matt Smith, Olivia Cooke e naturalmente Emma D’Arcy, che da persona non-binary si è ritagliata un fandom particolarmente accanito, oltre ad avere un carisma gigantesco», spiega. «In The Rings of Power non c’è nessuno del genere. Se mi proponi un prodotto così complesso in termini di attenzione richiesta al pubblico, con tanti nomi, trame e sottotrame diverse, situazioni varie che si intrecciano, allora devi quantomeno darmi attori e attrici con cui io possa creare un legame emotivo, e idealmente seguire fuori dagli schermi. Dei volti carismatici. Altrimenti non ce la fai».

Nonostante i vari limiti e difetti della serie, comunque, di recente varie fonti interne ad Amazon hanno confermato all’Hollywood Reporter che l’intenzione è quella di completare le cinque stagioni che si era prefissata, e che la produzione della terza stagione è ancora in corso. «La posizione di Amazon al momento è questa: certo che gli ascolti della seconda stagione sono in calo, quelli della prima stagione erano assurdamente alti», riassume Hibberd, dell’Hollywood Reporter. «E hanno un certo grado di ragione: persino successi di Prime Video come Fallout e The Boys non raggiungono i numeri della prima stagione di The Rings of Power a livello mondiale». La speranza, intanto, è che man mano che escono le stagioni la storia cominci ad appassionare un numero crescente di persone, convincendo quelle che ancora non hanno cominciato la serie, o che l’hanno lasciata a metà, a riprenderla.

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