• Konrad
  • Martedì 17 settembre 2024

Mettere insieme la nuova Commissione Europea non è stato facile

Si è fatto dopo settimane di polemiche, pressioni e dimissioni improvvise di influenti commissari

Thierry Breton (AP Photo/Jean-Francois Badias)
Thierry Breton (AP Photo/Jean-Francois Badias)
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Martedì Ursula von der Leyen ha annunciato la composizione della nuova Commissione Europea, l’organo che detiene il potere esecutivo all’interno dell’Unione Europea e di cui lei è stata riconfermata presidente per altri cinque anni: sarà composta da 16 uomini e 11 donne, compresa von der Leyen. Tutte le persone nominate dovranno passare per un’audizione del Parlamento Europeo, al termine delle quali la nuova Commissione verrà votata in blocco. Se tutto fila liscio l’intero processo dovrebbe concludersi a novembre, cioè a quasi sei mesi di distanza dalle elezioni europee (in cui si votava indirettamente anche per la nuova Commissione Europea).

Tempi così lunghi sono piuttosto normali per le istituzioni europee, anche se il percorso che ha portato a questa Commissione è stato effettivamente piuttosto accidentato. Non è neanche scontato che tutti i commissari presentati passeranno le audizioni del Parlamento, e questo potrebbe causare ulteriori ritardi.

La prima questione che ha creato diversi problemi è stata quella della parità di genere. In un primo momento von der Leyen aveva chiesto a tutti i governi di indicare due nomi di possibili commissari, una donna e un uomo, in modo da poter rispettare una perfetta parità di genere nelle nomine. Solo un paese, la Bulgaria, l’ha fatto. E soltanto 6 paesi hanno proposto delle commissarie donne, senza proporre il nome di un uomo: Croazia, Estonia, Finlandia, Spagna, Svezia e Portogallo.

Von der Leyen ha quindi passato le ultime settimane a fare pressioni sui governi nazionali, specialmente quelli dei paesi più piccoli, perché ritirassero il proprio candidato uomo e proponessero al suo posto una donna. In questo modo si sono aggiunte le candidate, presentate dopo la scadenza del 31 agosto, del Belgio, della Romania e della Slovenia.

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Lo stato membro che in assoluto ha creato più problemi è stata la Slovenia: fino al 6 settembre il paese aveva proposto un uomo, il giudice Tomaž Vesel, che però dieci giorni fa ha ritirato la sua candidatura citando differenze di opinione con von der Leyen su «come la Commissione Europea dovrebbe funzionare». Le sue dimissioni erano state interpretate come il risultato delle pressioni da parte di von der Leyen per indicare una commissaria e non un commissario.

Tre giorni dopo il governo ha proposto il nome di Marta Kos: la sua nomina non è ancora stata ufficialmente approvata dalla Commissione parlamentare per gli affari europei della Slovenia, da cui deve passare, perché il suo presidente Franc Breznik continua a rimandare la sessione in cui la questione deve essere discussa. Breznik ha detto di voler avere più informazioni sulle ragioni che hanno portato alle dimissioni di Vesel e che vuole prendersi tutto il margine necessario per valutare la questione, avendo tempo fino al 24 settembre. Il governo può comunque ignorare il voto della Commissione al riguardo, ma finché non si esprime in un senso o nell’altro la candidatura di Kos non è ufficiale.

Von der Leyen ha deciso comunque di presentare la nuova commissione questo martedì, con un asterisco accanto al nome di Kos che indica che la sua candidatura non è ancora definitiva.

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L’ultima questione che ha molto agitato i giorni precedenti all’annuncio ufficiale sono state le dimissioni a sorpresa del potente commissario uscente per il Mercato interno e i Servizi, Thierry Breton, che era stato nominato dalla Francia nel 2019 e riproposto anche poche settimane fa. Lunedì, un giorno prima dell’annuncio di von der Leyen, Breton si è dimesso in modo piuttosto teatrale accusando von der Leyen di aver chiesto al presidente francese Emmanuel Macron di ritirare il suo nome per «ragioni personali che non sono mai state discusse direttamente con me».

Breton era uno dei membri più influenti della Commissione uscente, ed è sempre stato piuttosto esplicito nell’esprimere i suoi dubbi e le sue critiche sulla presidente: nella lettera con cui ha annunciato le sue dimissioni ha definito quella di von der Leyen una «governance discutibile». Una sua riconferma avrebbe significato per von der Leyen legittimare una specie di oppositore interno alla Commissione.

Secondo le ricostruzioni dei giornali, Macron era poco soddisfatto dell’attuale delega di Breton e nella prossima legislatura ne avrebbe voluta una più ampia per il commissario francese, accompagnata dal titolo di vicepresidente esecutivo della Commissione. Von der Leyen e Macron si sono quindi accordati per tagliare fuori Breton e nominare un politico francese più accomodante nei confronti di von der Leyen, Stéphane Séjourné, a vicepresidente esecutivo con delega alle politiche industriali europee.

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