«Sono uno stupratore, come gli altri in quest’aula»
Lo ha detto Dominique Pelicot, il 71enne accusato di aver sedato e fatto violentare sua moglie da decine di uomini per anni, in uno dei processi più seguiti in Francia
Martedì Dominique Pelicot, l’uomo di 71 anni accusato di aver sedato e fatto violentare sua moglie Gisèle Pelicot da decine di uomini per anni, ha testimoniato al tribunale di Avignone in uno dei processi più seguiti degli ultimi anni in Francia. «Sono uno stupratore, come gli altri in quest’aula», ha detto Pelicot riferendosi agli altri 50 uomini imputati nel processo.
Le sue parole erano molto attese: pur avendo ammesso la sua colpevolezza, dallo scorso 2 settembre, quando era iniziato il processo, Dominique Pelicot non aveva ancora testimoniato. Avrebbe dovuto farlo la scorsa settimana, ma poi la sua udienza era stata rimandata per via di alcuni problemi di salute.
«Pervertiti non si nasce, ma lo si diventa», ha sostenuto Pelicot nel corso della testimonianza, rivelando anche alcuni dettagli della sua infanzia. Per esempio, ha raccontato di essere cresciuto con un padre violento nei confronti suoi e di sua madre, e di essere stato stuprato da un infermiere quando aveva 9 anni. Ha anche detto che 6 anni dopo, mentre lavorava in un cantiere, fu «costretto» ad assistere allo stupro di gruppo di una donna.
Dominique Pelicot è accusato di aver reso incosciente sua moglie numerose volte dandole di nascosto dei farmaci, e di avere consentito a decine di uomini contattati su internet di entrare in casa e di abusare di lei. Le violenze sono continuate per dieci anni.
Durante lo scorso fine settimana, in diverse città francesi, si erano svolte manifestazioni femministe in solidarietà a Gisèle Pelicot, che in questi giorni è diventata un’ispirazione per via della lucidità e della determinazione con cui ha testimoniato in aula e per essersi opposta a un processo a porte chiuse, cioè chiuso al pubblico, permettendo in questo modo che la storia venisse seguita e dibattuta dai giornali di tutto il mondo (per lo stesso motivo ha detto di voler continuare a essere chiamata col cognome dell’ex marito fino alla fine del processo, quando riprenderà il proprio).
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