In Nuova Zelanda l’elezione dell’uccello dell’anno è una cosa seria

Quest'anno ha vinto l'hoiho, un pinguino rumoroso ma schivo, e per una volta non ci sono stati brogli o interferenze, come successo gli anni scorsi

Due hoiho, o pinguini dagli occhi gialli, in una riserva a Dunedin, in Nuova Zelanda (Kikichugirl/Wikimedia)
Due hoiho, o pinguini dagli occhi gialli, in una riserva a Dunedin, in Nuova Zelanda (Kikichugirl/Wikimedia)

In Nuova Zelanda, un paese con pochissime specie di mammiferi nativi, il concorso per eleggere “l’uccello dell’anno” è sempre una questione piuttosto sentita, con comitati e volontari che sostengono le candidature delle varie specie. Lunedì Forest & Bird, l’associazione ambientalista che organizza la competizione, ha annunciato che l’edizione del 2024 è stata vinta dall’hoiho, o pinguino dagli occhi gialli, dopo una campagna elettorale relativamente tranquilla e senza intoppi, a differenza di quelle degli anni precedenti: quella del 2023 in particolare si era fatta notare per le interferenze di John Oliver, noto comico televisivo inglese che lavora negli Stati Uniti, che aveva organizzato una campagna molto intensa per invitare il suo pubblico a votare un uccello in particolare, il pūteketeke.

L’hoiho (Megadyptes antipodes), il cui nome significa “urlatore di rumori” in māori, la lingua polinesiana parlata dalla popolazione nativa della Nuova Zelanda, è la più grossa specie di pinguino che vive nelle isole neozelandesi principali. È anche una delle specie di pinguino più rare: secondo una stima del 2019 ci sono solo fra i 4mila e i 5mila pinguini adulti, ma il loro numero è in forte diminuzione, e se possibile evitano il contatto con gli esseri umani. Nonostante siano per questo considerati “timidi”, durante la stagione degli accoppiamenti emettono un suono molto rumoroso e acuto, da cui deriva il loro nome māori.

L’elezione dell’uccello dell’anno serve soprattutto a fare divulgazione sugli uccelli neozelandesi e a raccogliere fondi per la tutela di quelli a rischio. Gli uccelli sono una parte significativa della fauna endemica della Nuova Zelanda (cioè degli animali che non si trovano da nessuna altra parte), anche perché gli unici mammiferi nativi, cioè non importati dopo la colonizzazione umana delle isole (avvenuta circa 700 anni fa), sono pipistrelli e animali marini. I neozelandesi sono quindi abituati fin dalle scuole a conoscere e apprezzare le specie locali di uccelli, a partire dal kiwi, un piccolo uccello privo di ali che è diventato il simbolo informale del paese e dei suoi abitanti.

Un giovane hoiho (Zoharby/Wikimedia)

Anche per via della presenza radicata degli uccelli nell’immaginario dei neozelandesi, il concorso suscita frequentemente qualche polemica, quasi sempre comunque leggera e scherzosa. Dato che si può votare da tutto il mondo, l’anno scorso il comico John Oliver attraverso il suo programma sulla televisione statunitense aveva organizzato una campagna insolitamente vasta, con cartelloni pubblicitari affissi oltre che in Nuova Zelanda anche a Londra, Parigi e Mumbai. Mentre solitamente il concorso attira circa 50mila voti, l’anno scorso l’uccello sostenuto da Oliver, il pūteketeke (una sottospecie dello svasso maggiore), ne aveva ottenuti da solo 300mila.

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Ci sono stati anche brogli elettorali: sempre l’anno scorso un sostenitore del pinguino saltarocce orientale aveva espresso da solo 40mila voti, che non sono stati presi in considerazione. Qualche anno prima poi un gruppo di australiani aveva inviato centinaia di voti falsi in favore di una varietà di cormorano il cui nome inglese significa anche fare sesso. Nel 2018 invece Forest & Bird dovette chiarire che un grosso numero di voti provenienti dalla Russia era stato espresso regolarmente da sinceri amanti degli uccelli, e non era un tentativo di frode.

Ma le “interferenze straniere”, come molti neozelandesi hanno definito scherzosamente l’intervento di Oliver, non sono le uniche problematiche affrontate dagli organizzatori del concorso. L’anno prima il pappagallo kākāpō era stato bandito dalla competizione perché l’aveva vinta già due volte nelle edizioni precedenti. Nel 2021 invece a vincere era stata una specie di pipistrello: quindi non un uccello, ma un mammifero.

Quest’anno poi la competizione fra i sostenitori di due diversi uccelli fra gli studenti della Victoria University nella capitale Wellington ha prodotto qualche episodio bizzarro. Un’associazione degli studenti sosteneva la candidatura a uccello dell’anno del karure (in italiano petroica delle Chatham), un uccellino nero che vive solo nelle isole Chatham, un piccolissimo arcipelago circa 700 chilometri a est della Nuova Zelanda.

Il giornale universitario invece aveva deciso di sostenere il kororā, o pinguino minore blu, alto al massimo 15 centimetri. Gli studenti, divisi nelle due fazioni, hanno prodotto molti meme al riguardo, diversi si sono presentati sul campus travestiti da karure o kororā, e molti altri se li sono tatuati. Il pinguino aveva ottenuto il sostegno anche dello zoo cittadino e del consiglio comunale, ma alla fine il karure ha ottenuto più voti, arrivando secondo nella classifica generale.

Due hoiho adulti e un pulcino a Dunedin (Wikimedia)

Anche la candidatura dell’hoiho aveva degli sponsor di rilievo, soprattutto a Dunedin, una grande città sull’Isola del Sud (la più grossa di quelle che costituiscono il paese), vicino a cui si trova un punto in cui nidificano i pinguini. Il principale è stato il Museo Tūhura della regione di Otago, uno dei più importanti musei del paese. Anche la celebre naturalista britannica Jane Goodall si è unita alla campagna in suo sostegno, così come gli ex primi ministri neozelandesi Helen Clark e Chris Hipkins, ma anche gli Highlanders, una squadra di rugby della città. Una birreria locale ha prodotto una birra per l’occasione, chiamata Vote Hoiho, e ha definito l’uccello “il pinguino del popolo”. È la seconda volta che l’hoiho vince il concorso, dopo il 2019.

Oggi gli hoiho devono affrontare numerose difficoltà, che hanno portato la loro popolazione a ridursi di più del 75 per cento negli ultimi 15 anni. Fra esse ci sono la presenza di reti da pesca fisse, in cui i pinguini rischiano di impigliarsi e annegare, e la diffusione di malattie che colpiscono sia gli adulti che i cuccioli. I cambiamenti climatici hanno danneggiato le specie di cui si nutrono, mettendoli a rischio di morire di fame, e la presenza di umani nelle zone in cui vivono in alcuni casi gli impedisce di raggiungere i loro nidi e nutrire i pulcini. Anche i predatori introdotti dagli umani in Nuova Zelanda e nelle isole vicine sono un grosso problema per questi pinguini: sono prede di cani, gatti e furetti, e sull’isola Campbell, qualche centinaio di chilometri a sud delle isole principali, vengono mangiati anche dai maiali inselvatichiti.

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