Le banche russe che hanno aperto nuove filiali in Ucraina orientale
Su spinta del regime di Vladimir Putin, che vuole “russificare” sempre di più i territori occupati
Negli ultimi mesi due delle principali banche di stato russe, Sberbank e VTB, hanno cominciato ad aprire filiali nelle regioni dell’oriente ucraino occupate e annesse illegalmente dalla Russia. Come ha raccontato il Financial Times, è un segnale del fatto che il regime del presidente Vladimir Putin sta cercando di stabilizzare il proprio controllo su quei territori, spingendo le aziende di stato e le imprese private a operare nonostante il rischio di sanzioni e di altre ritorsioni economiche da parte dell’Occidente.
Nel 2022 la Russia annesse con un referendum illegale quattro regioni ucraine: Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Queste regioni si aggiunsero alla penisola di Crimea, occupata e annessa nel 2014. Da allora, il regime di Vladimir Putin ha fatto notevoli sforzi per cercare di “russificarle” e annetterle anche dal punto di vista culturale e sociale: ha modificato i libri di scuola, trasmesso i media russi, rimosso i monumenti ucraini e represso con violenze e torture chi si opponeva all’occupazione. Portare le aziende russe nei territori occupati fa parte di questo progetto.
Grosse banche come Sberbank e VTB, anche per la loro proprietà statale, sono state tra le prime a impegnarsi. Le banche russe operavano in Ucraina prima della guerra, ma avevano chiuso le loro attività con l’inizio degli scontri armati e l’arrivo delle sanzioni occidentali. Ora però stanno ritornando.
Sberbank ha detto al Financial Times di avere aperto 130 sportelli per ritirare il denaro in 48 località diverse dell’Ucraina orientale, mentre VTB ha annunciato a giugno che aprirà filiali in varie città occupate tra cui Mariupol, che nel 2022 fu il luogo di una tenace resistenza ucraina e che l’esercito russo bombardò fino quasi a raderla al suolo.
Al contrario delle banche statali, tuttavia, le aziende private russe sono molto più restie a operare nei territori ucraini occupati, principalmente per due ragioni: anzitutto temono sanzioni mirate (è vero che l’economia russa nel suo complesso è fortemente sanzionata, ma non tutte le aziende lo sono), e in secondo luogo non vedono molte opportunità di crescita. Le regioni dell’est dell’Ucraina occupate dalla Russia, oltre a essere aree parzialmente in guerra, sono anche economicamente molto depresse: sono state da tempo svuotate della loro popolazione, tra chi è scappato in Ucraina e chi in Russia, e sono assai impoverite.
Questo ha fatto sì che questi territori si trovino in una situazione paradossale: le aziende ucraine che c’erano prima dell’occupazione sono state chiuse o espropriate, mentre quelle russe non vogliono starci. I siti di shopping online russi, per esempio, non funzionano nell’est dell’Ucraina (così come non funzionano quelli ucraini). Per comprare cose online, le persone che vivono nelle regioni occupate finora hanno dovuto far spedire i propri acquisti a indirizzi nel sud della Russia, e poi affidarsi a imprenditori locali che si occupavano del trasporto fino alle loro case, facendo aumentare di molto il prezzo finale.
Man mano che l’occupazione si rafforza, però, le cose stanno lentamente cambiando. Alcune aziende russe che vogliono dimostrare la propria fedeltà al regime di Putin hanno cominciato a operare nell’oriente ucraino, e per esempio negli ultimi mesi ha aperto un servizio di shopping online che funziona anche nelle regioni occupate, benché continui a essere più costoso.
Inoltre le autorità di occupazione si sono impadronite delle aziende ucraine espropriate. Un buon esempio è quello della principale catena di supermercati della zona, “Primi supermercati della Repubblica”. Apparteneva al gruppo ucraino ATB-Market, ma dopo l’occupazione è stata requisita e dal 2023 è gestita da Natalia Zakharchenko, la vedova del presidente filorusso della repubblica autoproclamata di Donetsk. Ha più di 70 negozi nella regione di Donetsk.