Il sistema sanitario inglese è messo peggio del previsto
Lo dice un rapporto commissionato dal governo di Keir Starmer, che ha promesso un piano decennale per riformare la sanità senza prevedere nuovi fondi
Giovedì nel Regno Unito è stata presentata la relazione sul Servizio sanitario nazionale (NHS) commissionata dal governo dei Laburisti subito dopo essersi insediato a inizio luglio. L’NHS è in declino da anni, ma il rapporto ha concluso che la crisi è più grave di quanto si pensasse: la sanità pubblica è messa peggio di quella di paesi paragonabili per economia e popolazione, tra liste d’attesa lunghissime e investimenti inadeguati. Il primo ministro Keir Starmer ha promesso che la prossima primavera presenterà un piano decennale per riorganizzare e rimettere in piedi l’NHS senza aumentare i fondi già assegnati.
«Anche se ho lavorato nell’NHS per più di trent’anni, sono rimasto scioccato da ciò che ho scoperto durante questa indagine: non solo sul servizio sanitario, ma anche sullo stato di salute della nazione», ha detto Ara Darzi, membro della Camera dei Lord, autore della relazione e sottosegretario alla Sanità tra il 2007 e il 2009 nel governo Laburista di Gordon Brown. La crisi era precedente alla pandemia, ma negli anni del Covid-19 si è aggravata perché visite ed esami sono stati rinviati o cancellati, in proporzione di più che negli altri paesi europei.
Il rapporto ha stimato che questi ritardi abbiano contribuito a causare, ogni anno, la morte di 14mila persone che aspettavano una terapia, o l’hanno potuta cominciare troppo tardi. «Nella maggior parte dei casi, quando le persone accedono al sistema, ricevono cure di alto livello», ha scritto Darzi: il punto è proprio quanto ci vuole perché i pazienti siano presi in carico, in un contesto in cui «le lunghe attese sono state normalizzate». A luglio (ultimo mese di cui ci sono i dati) le liste d’attesa di Inghilterra e Galles includevano 7,6 milioni di casi, con metà dei pazienti in attesa da più di quattro mesi.
A giugno il tempo di reazione medio di un’ambulanza (cioè il tempo trascorso tra quando un operatore risponde alla telefonata e l’arrivo del mezzo) in caso di un’emergenza è stato di 8 minuti e 21 secondi, al di sopra del tempo fissato nel 2017 di 7 minuti. Tra le altre cose segnalate dalla relazione: anche per via delle liste d’attesa, sono aumentate le persone che soffrono di malattie croniche e tra il 2013 e il 2021 non ci sono stati miglioramenti nelle diagnosi precoci dei tumori. C’è poi una carenza di medici di base: l’Inghilterra ne ha il 16 per cento in meno rispetto ad altri paesi simili.
In generale, la sanità si è indebolita a livello territoriale: tra il 2009 e il 2023 è diminuito del 20 per cento il numero di assistenti sanitari e del 5 per cento quello degli infermieri. Questo spiega un apparente paradosso, e cioè che gli ospedali sono ingolfati nonostante sia aumentato sia il loro staff (del 17 per cento tra il 2019 e il 2023) sia la percentuale del bilancio dell’NHS che ricevono (salita dal 47 al 58 per cento tra il 2006 e il 2022). Molti pazienti finiscono per rivolgersi direttamente a un ospedale perché non sono riusciti a vedere il loro medico di base.
Nelle 163 pagine dell’analisi di Darzi non c’è la parola “Conservatori”, cioè il partito che ha governato il Regno Unito dal 2010 fino allo scorso luglio; ma ne ricorre un’altra, “austerità”. È chiaro, insomma, che Darzi individua le principali cause della crisi nei severi tagli alla spesa pubblica dei governi di David Cameron (2010-2016) e nella riforma dell’NHS del 2012, definita «un disastro senza precedenti internazionali».
Secondo la relazione, non si può capire la crisi dell’NHS senza considerare la combinazione dell’austerità con quella che viene chiamata una «carestia di capitali».
Dal 2010 in poi l’Inghilterra ha investito nella sanità 37 miliardi di sterline (quasi 44 miliardi di euro) in meno rispetto a quanto avrebbe fatto se avesse mantenuto i livelli di spesa degli altri paesi ricchi. Con questa cifra il governo avrebbe potuto costruire i 40 nuovi ospedali promessi da quello precedente. Peraltro la nuova ministra delle Finanze, la Laburista Rachel Reeves, ha dovuto sospendere parzialmente il piano da 20 miliardi di sterline che era stato presentato dai Conservatori con l’obiettivo di espandere gli ospedali esistenti e costruirne di nuovi: non c’erano infatti abbastanza fondi stanziati nel breve termine, oltre il fatto che i Conservatori hanno lasciato ai Laburisti un buco di bilancio da 26 miliardi di euro.
I media britannici hanno commentato i risultati del rapporto scrivendo che sono, tutto sommato, poco sorprendenti per chiunque sia entrato recentemente in un pronto soccorso e per 1,4 milioni di persone che lavorano nella sanità pubblica. «Avete tutti i diritti per essere arrabbiati delle condizioni del nostro NHS», ha detto Starmer, che ha promesso «la più grande riorganizzazione dell’NHS dalla sua nascita». Il primo ministro ha detto di volerlo fare senza alzare le tasse.
Il piano dei Laburisti verrà presentato in primavera. Ci sta lavorando il ministro della Salute, Wes Streeting, insieme ad alcuni consulenti come Alan Milburn e Paul Corrigan che contribuirono a risanare l’NHS durante i governi di Tony Blair e Gordon Brown. Starmer comunque ha già stabilito tre priorità: digitalizzare il servizio sanitario, potenziare la sanità territoriale e investire nella prevenzione.
Il governo ha comunque già fatto alcune cose. A fine luglio ha per esempio alzato del 5,5 per cento lo stipendio dei dipendenti dell’NHS. Per superare i grandi scioperi degli specializzandi, ha offerto un aumento del 22 per cento ai medici in formazione, che hanno tempo fino a domenica per esprimersi in una consultazione online. Sulla riforma della sanità Starmer potrà probabilmente contare sul sostegno dei Liberaldemocratici di Ed Davey, che ha chiesto al governo di farne «la sua priorità numero uno» dopo aver puntato molto sui temi sociali in campagna elettorale. I Laburisti comunque non avranno bisogno dei 72 voti dei Libdem in parlamento: hanno una netta maggioranza di 167 voti alla Camera dei Comuni, la camera bassa britannica.
Anche su questa iniziativa il primo ministro sta tenendo un approccio molto tecnico e razionale, d’altronde lo slogan scritto sul podio dei suoi comizi è fixing the foundations, cioè “ripariamo le fondamenta”. Secondo i sondaggi questa retorica delle decisioni difficili non sta funzionando molto in termini di consenso: il tasso di approvazione di Starmer è sceso dal 41 per cento dei primi giorni di mandato al 35 di fine agosto. Non ha aiutato la decisione di togliere a quasi 10 milioni di pensionati i Winter Fuel Payments, un sussidio tra le 200 e le 300 sterline (tra 240 e 360 euro circa) annuali che serve ad aiutarli a pagare le bollette nei mesi invernali.
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