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  • Sabato 14 settembre 2024

A Israele adesso mancano i soldati

La prolungata guerra a Gaza e i maggiori impegni al confine col Libano e in Cisgiordania stanno mettendo in difficoltà l'esercito, che si affida da undici mesi a oltre 360mila riservisti

Soldati israeliani nella Striscia di Gaza (AP Photo/Leo Correa)
Soldati israeliani nella Striscia di Gaza (AP Photo/Leo Correa)
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Sono passati undici mesi dall’inizio della guerra che Israele conduce nella Striscia di Gaza: è un tempo molto lungo, che in pochi prevedevano e che sta mettendo in difficoltà il sistema militare ed economico di Israele. L’esercito israeliano è attualmente impegnato su tre fronti: nella Striscia di Gaza, dove le operazioni militari contro Hamas hanno portato all’uccisione di oltre 41mila persone palestinesi; al confine con il Libano, nel conflitto contro il gruppo radicale Hezbollah; in Cisgiordania, dove l’esercito compie operazioni contro i gruppi islamisti e protegge i cosiddetti coloni, che vivono in insediamenti illegali per la comunità internazionale.

I soldati sono pochi per un impegno prolungato su tre fronti e l’impegno per mesi dei riservisti – comuni cittadini che hanno abbandonato i loro lavori per rispondere all’emergenza – sta condizionando l’economia. La riduzione della forza lavoro a disposizione di aziende, startup ed esercizi commerciali è una delle cause del calo del PIL, sceso del 4 per cento negli ultimi mesi del 2023 e ancora dell’1,1 e dell’1,4 per cento nei primi due trimestri del 2024.

Un soldato israeliano in Cisgiordania (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

L’esercito israeliano può contare su un personale attivo permanente di circa 170mila uomini e donne: per gli standard occidentali è un numero alto in rapporto alla popolazione totale, di circa 10 milioni. Ma decisamente non sufficiente per una mobilitazione intensa e prolungata come quella decisa dopo il 7 ottobre 2023 e gli attacchi di Hamas, e per questo allora furono richiamati in servizio anche quasi 360mila riservisti.

Israele prevede un servizio militare obbligatorio per tutti i propri cittadini al compimento del 18esimo anno di età: dura 2 anni e otto mesi per gli uomini e 2 anni per le donne. L’obbligo coinvolge anche i cittadini israeliani all’estero e quelli con doppio passaporto, ma non riguarda i cittadini di etnia araba e prevede esenzioni per motivi fisici, psicologici o religiosi: una delle esenzioni più contestate è quella che riguarda gli ebrei ultraortodossi. Al termine di questo periodo uomini e donne possono ottenere l’esenzione definitiva dagli obblighi militari o, più spesso, essere inseriti nelle liste dei riservisti.

Questi possono essere richiamati per addestramenti, preparazione e impieghi operativi per un massimo di 36 giorni l’anno (estendibili di una settimana in casi particolari). Oppure possono essere mobilitati in caso di emergenza, come nella situazione attuale: si rimane nelle liste dei riservisti fino a 40 anni, le donne che non fanno parte di forze di “combattimento” sono esentate dopo la nascita del primo figlio, ufficiali e medici possono essere richiamati rispettivamente fino a 45 e 49 anni di età.

La maggior parte di questi riservisti è stata mobilitata nel giro di 48 ore dopo gli attacchi del 7 ottobre. Altri avevano risposto volontariamente pur non rientrando nelle fasce di età previste. Molti sono in servizio da allora, e nonostante il sostegno alla guerra nell’opinione pubblica israeliana rimanga alto, la carenza di soldati e l’impossibilità di sostituire i riservisti sono diventati un problema di cui si discute molto, in Israele. Le numerose proteste per l’esenzione concessa con una legge del 1999 agli ebrei ultraortodossi hanno contribuito a portare il caso fino alla Corte Suprema israeliana, che ha stabilito che l’esercito dovrà cominciare ad arruolarli.

Una protesta degli ebrei ultraortodossi ad agosto (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

In Israele gli ultraortodossi, chiamati haredim in ebraico, sono più di 1,2 milioni, il 13 per cento della popolazione. Di questi circa 67mila potrebbero essere arruolati ogni anno, ma l’esercito ha detto che quelli che lo fanno volontariamente sono appena 700 all’anno, un numero tra l’altro inferiore ai dati diffusi in passato. La decisione della Corte ha causato grosse proteste nella comunità ultraortodossa e per ora non ha avuto effetti: non è ancora stato stabilito come e quando cominceranno le chiamate per il servizio militare.

Al momento le soluzioni temporanee ipotizzate per aumentare il numero di soldati a disposizione sono l’aumento di alcuni mesi della leva obbligatoria e l’aumento dei limiti di età per il richiamo dei riservisti. Nelle ultime settimane l’esercito israeliano sta inoltre diminuendo il numero di soldati impegnati nella Striscia di Gaza, spostandoli però verso il confine col Libano, in prospettiva di un conflitto più ampio con Hezbollah, che renderebbe l’attuale carenza di soldati ancora più grave per il paese.