Il governo spagnolo vuole creare una comunità autonoma “virtuale”
Ossia senza territorio: sarebbe uno spazio giuridico per snellire la burocrazia e facilitare il lavoro delle aziende nel mercato interno
Il ministro dell’Economia spagnolo Carlos Cuerpo ha detto di voler creare una nuova comunità autonoma, la diciottesima, per snellire la burocrazia e facilitare il lavoro delle aziende. Non sarebbe una regione territoriale (come tutte le altre comunità, che sono enti amministrativi simili alle nostre regioni), ma uno spazio giuridico dove le aziende potrebbero registrarsi e ottenere permessi e licenze valide in tutta la Spagna, invece che doverne chiedere una diversa per ogni regione in cui operano. La proposta rientra nell’ambito di un decennale impegno dei governi centrali spagnoli per rendere più omogeneo il mercato interno del paese, anche sulla base delle ripetute richieste della Commissione Europea, che finora però ha dato pochi risultati.
La Spagna è divisa in 17 comunità autonome che operano in maniera più o meno indipendente dal governo centrale: di conseguenze esistono 17 normative diverse che regolano il mercato interno, ciascuna con permessi diversi da ottenere, regole diverse da seguire e moduli diversi da compilare per le aziende interessate a operare su scala nazionale. Questo sistema crea notevoli problemi e rallenta il lavoro delle aziende che lavorano in due o più comunità, per esempio perché producono i loro prodotti in una regione e poi li distribuiscono a livello nazionale.
Il sistema crea disagi anche agli utenti: per esempio, ci sono stati casi in cui analisi mediche fatte nell’ospedale di una comunità autonoma non sono state accettate in quello di un’altra. La frammentazione riguarda anche differenti requisiti di etichettatura di prodotti alimentari, che cambiano per ogni comunità, e impedisce ad alcune categorie di lavoratori, come gli agenti immobiliari, di svolgere la propria professione in una comunità se hanno ottenuto la licenza per farlo in un’altra.
Nel 2022 la Comunità autonoma di Madrid è stata la prima e finora l’unica ad approvare una legge che rende valide nel suo territorio le licenze e i permessi emessi dalle altre comunità, eliminando così circa 40 procedure amministrative relative ad autorizzazioni e registrazioni che non devono più essere richieste nuovamente se sono già state ottenute.
L’idea di creare una diciottesima comunità autonoma in Spagna è molto simile a una proposta presentata dall’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta in un rapporto su come migliorare il mercato unico europeo, che gli era stato commissionato dalla Commissione Europea ed è stato diffuso lo scorso aprile. Nel report Letta propone di creare un “ventottesimo regime”, ossia una specie di ventottesimo stato membro, senza territorio ma solo con valore giuridico, dove le aziende potrebbero richiedere licenze e permessi validi in tutta l’Unione.
La proposta era piaciuta alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che l’ha inserita nel suo piano quinquennale per la Commissione per il periodo 2024-2029. Molti invece l’hanno considerata impossibile da realizzare, come per altre parti del report di Letta che vanno nella direzione di un maggiore federalismo europeo, a cui al momento pochi governi sono favorevoli. È probabile che il governo spagnolo incorra nelle stesse critiche sollevate al piano di Letta.
Il ministro Cuerpo ha convocato per mercoledì 18 settembre una Conferenza settoriale, a cui parteciperanno anche i rappresentanti dei governi locali, per parlare della possibilità di creare una nuova comunità «rispettando scrupolosamente l’ambito delle competenze» di quelle già esistenti. È comunque un’idea ancora acerba: ci vorrà del tempo per concretizzare una proposta, discuterla ed eventualmente approvarla e metterla in pratica.
Il problema della frammentazione del mercato spagnolo e dei suoi effetti collaterali è noto da tempo e diversi governi hanno cercato di risolverlo. Nel 2013 il governo del primo ministro Mariano Rajoy, di centrodestra, approvò una legge che fra le altre cose creava una specie di passaporto unico per le aziende che volevano commerciare fra più comunità e istituiva un principio di mutuo riconoscimento degli standard: significava che un’azienda che rispettava i regolamenti di una comunità, in linea di principio rispettava anche quelli delle altre.
La legge era in linea con le richieste di uniformazione dei mercati degli stati membri dell’Unione Europea, ma la Corte Costituzionale spagnola giudicò incostituzionali alcune sue parti: stabilì che violava il principio di territorialità, ossia la libertà per le comunità autonome di applicare le norme del loro ordinamento giuridico dentro i loro confini senza interferenze esterne, tra cui quella del governo centrale.
Nel 2019, a cinque anni dall’emanazione della legge, la Commissione Europea disse che nonostante fosse in fase di attuazione gli effetti della legge erano ancora «limitati», a causa della mancanza di una forte cooperazione tra tutti i livelli di governo per garantire l’unità del mercato.
L’opinione della Corte Costituzionale spagnola potrebbe ancora essere messa in discussione dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il principale tribunale dell’Unione Europea che interpreta il diritto dell’Unione e vigila che sia applicato correttamente in tutti i paesi membri. Al momento però nessuna azienda o privato ha fatto ricorso e quindi la Corte europea non se ne può occupare.