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  • Venerdì 13 settembre 2024

La Cina alzerà l’età pensionabile per la prima volta dagli anni Cinquanta

Per gli uomini passerà da 60 a 63 anni, per le donne un po' meno: è un segnale del fatto che la crisi demografica cinese è sempre più grave

Alcune persone anziane mentre giocano a scacchi cinesi in un parco di Pechino (AP Photo/Andy Wong)
Alcune persone anziane mentre giocano a scacchi cinesi in un parco di Pechino (AP Photo/Andy Wong)
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La Cina alzerà l’età pensionabile per la prima volta dagli anni Cinquanta: il piano appena approvato prevede che l’età in cui i cittadini cinesi vanno in pensione venga gradualmente aumentata nei prossimi 15 anni, a partire dal 2025: per gli uomini passerà da 60 a 63 anni, mentre per le donne che svolgono lavori da operaie passerà da 50 a 55 anni, e per quelle che fanno lavori d’ufficio da 55 a 58 anni. Per accedere alle pensioni, inoltre, a partire dal 2030 sarà necessario aver accumulato almeno 20 anni di contributi, contro i 15 attuali.

La decisione è stata approvata venerdì dal Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo (il principale organo legislativo cinese, che ha comunque funzioni soprattutto formali) e benché fosse già stata annunciata da tempo (la leadership cinese aveva cominciato a parlare della possibilità di alzare l’età pensionabile nel 2020) segna comunque un momento importante per il paese. La misura è stata pensata per alleviare il peso delle pensioni sulle finanze dello stato, che sono in difficoltà davanti a una popolazione sempre più anziana e che ormai è entrata in declino demografico.

Nel 2023 la popolazione cinese con più di 60 anni era composta da 296,97 milioni di persone, il 21,1 per cento della popolazione, in notevole aumento rispetto ai 280,04 milioni del 2022. Questo, unito a un forte calo delle nascite, sta rendendo sempre più insostenibile il sistema pensionistico: secondo l’Accademia cinese per le scienze il sistema rischia di rimanere senza soldi entro il 2035, e già adesso circa un terzo delle province cinesi sono in deficit a causa di spese pensionistiche troppo elevate.

Attualmente la spesa pensionistica cinese ammonta a circa il 5 per cento del PIL, una cifra piuttosto elevata per un paese ancora in via di sviluppo e relativamente poco ricco come la Cina. In Italia, uno dei paesi più anziani al mondo, la spesa pensionistica è poco più del 15 per cento del PIL.

La situazione è poi destinata a peggiorare ulteriormente: secondo varie analisi demografiche tra il 2030 e il 2035 i cinesi con più di 60 anni saranno il 30 per cento della popolazione (cifre simili a quelle previste per l’Italia), in un paese che però è meno prospero di altri con un alto tasso di persone anziane. In Cina nel 2022 il PIL per persona era di circa 12 mila dollari, contro i 34 mila dollari dell’Italia (e i 76 mila degli Stati Uniti).

Il sistema pensionistico cinese si basa su una pensione universale gestita dallo stato, a cui i cittadini possono affiancare su base volontaria sistemi pensionistici privati. La maggior parte delle persone, però, fa affidamento esclusivamente sulla pensione statale. Le pensioni cinesi sono generose per quanto riguarda l’età a cui si può accedere, ma molto meno quando si parla dell’ammontare di denaro distribuito. Nel 2020 la pensione mensile media era di poco più di 20 euro al mese, contro gli oltre 1.400 euro dell’Italia.

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