In qualche modo la breaker australiana Raygun è al primo posto del ranking mondiale
Con le sue goffissime performance alle Olimpiadi non aveva preso neanche un punto, ma una serie di tecnicismi la posizionano in cima alla classifica
Per via delle sue bizzarre performance nel torneo di breaking, la pratica sportiva della break dance, l’australiana Rachael “Raygun” Gunn è stata una delle atlete più discusse delle Olimpiadi di Parigi. Ai Giochi è diventata istantaneamente un meme e un caso internazionale, e nonostante non abbia ottenuto neanche un punto e fosse plateale la sua inferiorità rispetto alle avversarie adesso è al primo posto del ranking mondiale della World DanceSport Federation (WDSF), l’organo di governo internazionale della danza sportiva riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO). Sembra surreale, ma dipende da una serie di decisioni, coincidenze e tecnicismi legati anche al fatto che la breaking è uno sport strutturato da pochi anni.
Gunn ha 37 anni, è di Sydney ed è una ballerina fin da quando era bambina. Lavora come ricercatrice alla Macquarie University di Sydney, dove ha ottenuto un dottorato in studi culturali con una tesi sulla break dance, e oltre a studiarla la insegna ai ragazzi e la pratica da circa dieci anni. Aveva già rappresentato l’Australia ai campionati mondiali di breaking del 2021, 2022 e 2023, e lo scorso ottobre aveva infine vinto il campionato dell’Oceania, assicurandosi così un posto per Parigi 2024.
Alle Olimpiadi però le sue performance sono risultate subito di gran lunga inferiori a quelle delle altre breaker: statiche, scoordinate e piene di passi goffi, come quello in cui imitava i saltelli di un canguro, o quello in cui sembrava riprodurre il movimento di un irrigatore da prato con la testa. Tra moltissime prese in giro sui social, critiche all’interno della comunità di break dance e polemiche rivolte alla WDSF, Gunn ha perso tutte e tre le prove disputate (in gergo battle), con un punteggio combinato di 54-0.
In queste settimane Gunn ha definito le critiche contro di lei «devastanti» e ha chiesto scusa per le conseguenze subite dalla comunità di break dance australiana, ma ha comunque difeso la sua routine, descrivendola «artistica e creativa». Martedì tuttavia la pubblicazione del ranking mondiale della WDSF, in cui al primo posto c’è proprio lei, l’ha di nuovo esposta a insulti e polemiche, tanto che l’organizzazione ha diffuso un comunicato per spiegare la sua metodologia e chiarire la situazione.
Al momento Gunn è in cima alla classifica femminile della WDSF con mille punti, seguita dalla giapponese Riko Tsuhako, che ne ha altrettanti. Nel comunicato si spiega che il ranking è stato calcolato in base ai risultati delle quattro migliori prove disputate negli eventi organizzati dalla WDSF negli ultimi 12 mesi. Per il ranking invece non si è tenuto conto né delle gare olimpiche né di quelle valide per le qualifiche dei Giochi, che si erano tenute a inizio anno a Shanghai e Budapest: l’organizzazione ha detto di aver escluso deliberatamente sia quelle sia tutte le altre gare organizzate dopo la fine del 2023 proprio per permettere alle atlete di concentrarsi solo sulle Olimpiadi.
Questo spiega come mai nel ranking non ci siano breaker più atletiche, eleganti e forti di Gunn, così come nessuna delle prime tre classificate ai Giochi di Parigi: né la giapponese Ami Yuasa, che ha vinto la medaglia d’oro, né la lituana Dominika “Nicka” Banevic, vincitrice di quella d’argento, né la cinese Liu Qingyi, nota come 671, bronzo.
Nel comunicato si spiega inoltre che nel momento in cui i Giochi Olimpici si erano conclusi molti punteggi totalizzati nelle gare dei 12 mesi precedenti erano scaduti, con il risultato che di fatto nel nuovo ranking molte atlete sono state giudicate in base a un solo evento. È anche il caso di Gunn, che in particolare aveva guadagnato questi mille punti grazie alla vittoria nel campionato di breaking dell’Oceania nell’ottobre del 2023. Tsuhako aveva ottenuto i suoi ai campionati mondiali di Hong Kong nel dicembre successivo: nel ranking però l’australiana è prima e la giapponese seconda perché il regolamento della WDSF stabilisce che gli eventi dei campionati continentali abbiano la precedenza su quelli delle World Series.
A ogni modo il comunicato chiarisce che i punti di Gunn scadranno questo ottobre e quelli di Tsuhako a dicembre, e che il prossimo evento che permetterà di guadagnarne altri comincerà il 19 ottobre: da allora dovrebbe cominciare a esserci una classifica che rispecchi in maniera un po’ più affidabile la situazione attuale.
La breaking è nata nella cultura hip hop afroamericana del Bronx degli anni Settanta e, seppur molto atletica, è sempre stata interpretata come qualcosa di più vicino a una forma di espressione artistica e culturale che a uno sport. È anche per questo che la sua inclusione alle Olimpiadi di Parigi è stata una vicenda piuttosto controversa. Tornei e competizioni internazionali di breaking esistono da decenni, tra tutti il Red Bull BC One, che è l’evento più grande e longevo e si tiene dal 2004; tuttavia la WDSF organizza i campionati mondiali di breaking solo dal 2019, cioè l’anno prima che il CIO la annunciasse come sport olimpico per i Giochi di Parigi, e sembra dover ancora definire un po’ di cose.
Una grossa questione da questo punto di vista è che molte e molti breaker non partecipano nemmeno agli eventi della WDSF, che generalmente sono considerati meno prestigiosi e interessanti rispetto a quelli più storici e radicati. Secondo Zack Slusser, il vicepresidente della divisione breaking della USA Dance (un organo che gestisce le discipline legate al ballo negli Stati Uniti), la WDSF non gode di molta autorevolezza all’interno della comunità internazionale della break dance e non sarebbe stata capace di organizzare eventi «in grado di produrre una classifica mondiale accurata».
Sempre secondo Slusser molte ballerine e ballerini di breaking hanno partecipato alle gare dell’organizzazione solo per qualificarsi alle Olimpiadi, ma adesso non hanno né alcun desiderio né l’incentivo di continuare a farlo perché non sono «eventi culturali» e nemmeno divertenti.
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