Il nuovo primo ministro francese sta prendendo le distanze da Macron
E in generale si sta schierando poco: ha aperto il suo governo ad «alcune persone di sinistra», ma ha anche detto di «rispettare» le idee del Rassemblement National
Nelle sue prime uscite pubbliche il nuovo primo ministro francese Michel Barnier, nominato dopo due mesi di stallo politico in seguito a elezioni legislative che hanno lasciato il parlamento diviso di fatto in tre blocchi, sta cercando di guadagnarsi una certa autonomia politica prendendo le distanze dal presidente francese Emmanuel Macron, che lo ha nominato circa una settimana fa.
Per la Francia è una situazione abbastanza inusuale. Per via del suo sistema semi-presidenziale di solito il primo ministro è un’espressione diretta del presidente, il quale viene eletto con un voto diretto e che ha vari strumenti per decidere le politiche da adottare. Anche per Macron è stato così fin dall’inizio del suo primo mandato, nel 2017: tutti i primi ministri che si sono succeduti sono stati suoi ex collaboratori o stretti alleati. Oggi però le cose sono molto cambiate: Macron non ha più una maggioranza in parlamento, neanche lontanamente, e per evitare di prolungare uno stallo che avrebbe potuto eventualmente portare alla richiesta di dimissioni ha preferito nominare un primo ministro non esattamente vicino a lui.
Barnier ha 73 anni, viene dal Partito Repubblicano – che fino a qualche anno fa era il principale partito di centrodestra del paese – ed è noto per il suo pragmatismo politico e l’autorevolezza con cui ha gestito i negoziati per Brexit per conto dell’Unione Europea, fra 2016 e 2021. In questi giorni sembra piuttosto concentrato sul mostrarsi aperto a collaborare con altri partiti al di fuori della coalizione che lo sostiene, che al momento è composta soltanto dai Repubblicani e dall’alleanza di partiti vicini a Macron, più che a sottolineare gli elementi di continuità con i governi precedenti.
Venerdì scorso, nella sua prima intervista televisiva dopo la nomina, ha detto che vorrebbe avere «alcune persone di sinistra» nel suo governo, la cui composizione ha promesso di annunciare entro la prossima settimana. Al contempo Barnier ha detto di «rispettare» le idee del Rassemblement National, il principale partito dell’estrema destra francese, pur non condividendole (l’esistenza stessa del suo governo si dovrà a una specie di sostegno esterno da parte del Rassemblement National, che per ora non lo ha criticato esplicitamente). Il governo uscente di Gabriel Attal, rimasto in carica da gennaio a settembre, era composto quasi esclusivamente da membri della coalizione centrista di Macron, esattamente come i precedenti.
Barnier ha aggiunto che «forse» manterrà alcuni ministri del governo uscente, senza però prendere un impegno preciso. Ma soprattutto ha rimarcato una certa distanza da alcune posizioni politiche di Macron e dal suo approccio al governo. Barnier per esempio ha detto di volere avviare «un dibattito aperto» sulla controversa riforma delle pensioni promossa da Macron, approvata peraltro senza un voto parlamentare, contro cui milioni di persone protestarono nel 2023. In un altro passaggio della sua prima intervista televisiva, ha anche citato la necessità di una maggiore «giustizia fiscale», criticando «i banchieri che credono di poter fare tutto quello che vogliono».
In generale Barnier ha detto di non avere «linee rosse» nel decidere le priorità del suo governo: «tutto è possibile», ha argomentato in un altro passaggio. Alcuni hanno già notato uno stile di comunicazione diverso da quello di Macron, che invece tende raramente a usare toni concilianti con l’opposizione.
Diversi parlamentari del Nuovo Fronte Popolare (NFP), la coalizione di sinistra che esprime la maggioranza relativa in parlamento, hanno comunque fatto notare che il governo Barnier dipenderà di fatto dal sostegno del Rassemblement National, o meglio dal fatto che il Rassemblement National non si unirà a mozioni di sfiducia presentate dalla sinistra, che quindi non avranno voti sufficienti per passare. Di conseguenza per forza di cose dovrà promuovere misure apprezzate se non esplicitamente promosse dal Rassemblement National. Ci si aspettano per esempio posizioni ancora più dure sull’immigrazione, su cui da tempo peraltro Macron si era già spostato verso destra.
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Parlando con Le Monde un portavoce di Macron ha detto che il ruolo del presidente oggi «è cambiato: non è più un presidente di governo ma è diventato un arbitro, un garante. Sta a Barnier definire cosa vuole fare», aggiungendo che Macron non ha imposto nessuna «linea rossa» al nuovo primo ministro.